Il personaggio

Brendan Perlini: «Sì, ho chiamato io Janick Steinmann»

A colloquio con il nuovo attaccante anglo-canadese dell'HC Lugano
Brendan Perlini, attaccante del Lugano. ©CdT/Gabriele Putzu
Flavio Viglezio
21.08.2025 06:00

È stato l’ultimo straniero ad essere annunciato dal Lugano in ordine di tempo, Brendan Perlini. Non vuole però essere l’ultimo in ordine di importanza, l’anglo-canadese. In forma e motivato, vuole recitare un ruolo importante nella stagione ormai alle porte. Le prime sensazioni sono positive e se il buongiorno si vede dal mattino…: «Mi sento piuttosto bene – spiega –. Sono arrivato a fine luglio e questa per me è una novità. In Nordamerica i campi di allenamento iniziano molto più tardi, mentre qui è ancora estate. È una sensazione particolare: inoltre la mia fidanzata non mi ha ancora raggiunto e non è evidente. D’altra parte conosco già questa parte della Svizzera, vivevo a Lugano quando giocavo ad Ambrì. Non ero mai tornato qui e mi diverto a riscoprire posti che avevo visto magari di sfuggita nel 2021. È bello che ci sia questa familiarità. Inoltre – anche se io non lo parlo – i miei nonni parlavano l’italiano ed è bello per me vivere in un contesto come questo». Conoscere il campionato svizzero aiuterà senza dubbio Perlini ad integrarsi nel gruppo bianconero: «So cosa mi aspetta, sul ghiaccio e fuori. Conosco i metodi di allenamento, i viaggi e tutto ciò che ruota attorno alla professione. Sì, aver già fatto parte di due squadre elvetiche mi sarà di sicuro d’aiuto. Ho pure già vissuto la rivalità tra il Lugano e l’Ambrì Piotta e disputare i derby per me non costituirà più una sorpresa».
Conosce bene la Svizzera, Perlini. Non ha dimenticato il suo passaggio in Leventina e lo scorso anno ha dato una mano al Losanna, capace di qualificarsi per il secondo anno di fila alla finale dei playoff: «Ho iniziato la passata stagione in Russia, ma non era ciò che cercavo. Losanna è stata un’ottima opportunità, ero felice di poter tornare in Svizzera, oltretutto in una squadra di alta classifica. Non ho disputato molte partite, ma credo di aver fornito un buon contributo. Mi è mancato soprattutto il gol, ma è stata un’esperienza molto positiva».

Janick e Tomas, vecchi amici

È felice di avere l’opportunità di continuare a giocare nel nostro campionato, l’attaccante: «Al termine dello scorso campionato mi sono ovviamente guardato in giro. Ci sono state alcune discussioni con un paio di club svizzeri, ma ho pensato anche di tornare in Nordamerica. Ero insomma aperto a tutto, ma l’idea di trasferirmi a Lugano, in una città che già conoscevo, mi stuzzicava. Sono convinto di aver fatto la scelta giusta. Non ci sono tanti posti così belli, al mondo, per giocare a hockey nelle migliori condizioni possibili».  Un’opportunità che il Lugano gli ha concesso definendolo un giocatore con doti da playmaker e da scorer: «Faccio un passo indietro. Le due o tre squadre con le quali ho avuto qualche contatto non mi hanno mai offerto qualcosa di concreto. Non c’era insomma alcuna certezza. A dire il vero, mi sono fatto avanti io con il Lugano: conoscevo già Janick Steinmann, c’erano stati dei contatti nel 2023 quando lui era a Rapperswil. Tra di noi la corrente era passata subito e sapevo che apprezzava il mio stile di gioco. Gli ho chiesto se potevo interessare al Lugano e dopo un po’ di tempo mi ha richiamato ed è iniziata la trattativa che mi ha portato qui. L’iniziativa l’ho presa io e mi sono fatto avanti personalmente, senza appoggiarmi su un agente. Penso che Janick, questo, lo abbia apprezzato».Brendan Perlini conosceva già anche coach Tomas Mitell: «Sì, prima di firmare ho discusso anche con il nostro allenatore, che già conoscevo dai tempi di Chicago dove lavorava in qualità di assistente». Non si carica di troppa pressione sulle spalle, Perlini: «Aver giocato in NHL, con giocatori incredibili come per esempio Patrick Kane, mi ha insegnato a non mettere mai l’asticella delle ambizioni personali troppo in alto. Non avrebbe senso arrivare qui e affermare: quest’anno voglio segnare 50 gol e vinceremo il campionato! Per un club come il Lugano, reduce da un’annata complicata, è più saggio costruire il suo futuro giorno dopo giorno, mattone su mattone. Per quel che mi riguarda, voglio approfittare di ogni momento che trascorrerò qui».

Terra di riscatto

Il Ticino potrebbe anche rivelarsi una sorta di terra di riscatto per un elemento che negli ultimi anni non ha giocato molte partite: «Non ho subito particolari infortuni. Il fatto che lo scorso anno io abbia giocato poco è una situazione figlia del caso e di alcune mie scelte. Non volevo trasferirmi in Russia per otto o nove mesi e allo stesso tempo avevo bisogno di ritrovarmi un po’. Per questo ho trascorso i mesi di settembre, ottobre e novembre in Nordamerica, ad allenarmi con un gruppo di professionisti senza squadra. Avvertivo la necessità di una piccola pausa. In seguito, in dicembre, ho firmato per lo Spartak di Mosca. Finita la stagione, anche per ragioni burocratiche ci ho messo un po’ di tempo a trovare l’opzione Losanna, dove sono arrivato per rendermi utile in una squadra che aveva già una sua precisa identità. Non ho insomma giocato tanto, ma d’altro canto posso dire di essere fresco come una rosa, sono in piena salute e pronto a dare il massimo per la mia nuova squadra. Inoltre ho comunque disputato la finale dei playoff e in questo senso sento di avere ancora tanta fame».

Ai piedi della montagna

Un riscatto che va cercando anche il Lugano, dopo una stagione da dimenticare: «È arrivato un nuovo coach, ci sono nuovi stranieri e altri giocatori svizzeri hanno integrato questo gruppo. Con Steinmann il Lugano sta cercando di portare avanti una nuova cultura. Non bisogna dimenticare da dove si arriva, le difficoltà incontrate, ma al tempo stesso è importante guardare al futuro con rinnovato entusiasmo. Quando si è ai piedi di una montagna, bisogna iniziare a scalarla convinti di poter arrivare in vetta. Questo deve essere il nostro spirito».

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