Conz, il grande ex: «Oggi sarà strano guardare la panchina e non vedere Cereda»

Per parlare dell’Ambrì Piotta, bisogna bussare alla porta dell’Ajoie, avversario di questa sera alla Gottardo Arena. Dopo la burrascosa separazione da Duca e Cereda e la surreale conferenza stampa di mercoledì, sul club leventinese è infatti calato il silenzio stampa. Di quanto successo, ma anche della sfida odierna, abbiamo discusso con Benjamin Conz, portiere dei giurassiani, per sette anni (dal 2017 al 2024) in forza all’HCAP di «Duke & Luke».
Benji, nel 2017 sei stato uno dei primi giocatori ingaggiati da Paolo Duca. E per sette anni sei stato allenato da Cereda. Che effetto ti ha fatto il loro addio?
«Per me è strano immaginare un Ambrì senza loro due. Così come sarà strano, stasera, guardare la panchina leventinese e non vedere Luca. Lui e Paolo sono rimasti in carica per più di otto anni, per il club il cambiamento è enorme. Ma il mondo dell’hockey è così: le cose possono mutare in fretta. Duke e Cere possano essere fieri di quanto hanno fatto. Hanno dato tanto all’Ambrì, per il quale sono stati onnipresenti. Ora saranno amareggiati, ma devono pensare alla fortuna che hanno avuto, perché allenare o dirigere una squadra di hockey per così tanto tempo non è affatto scontato».
Nei tuoi anni leventinesi, hai mai avuto l’impressione che i due fossero una cosa sola?
«Sì, certo. Hanno sempre lavorato mano nella mano. Le decisioni importanti le prendevano insieme, consultandosi con il resto dello staff. Questo, per molti anni, è stato il loro punto di forza. Sapevano di poter contare l’uno sull’altro, anche nei momenti difficili. Discutendo tra loro, sono spesso arrivati a trovare delle buone soluzioni. Allo stesso tempo, però, credo che il fatto di essere così legati possa aver inciso in queste ultime settimane, costando il posto ad entrambi. Immagino che in cuor loro abbiano sempre desiderato di partire insieme. Ma non avrebbero mai voluto che finisse in questo modo».
A Porrentruy avete parlato di quanto successo in Leventina?
«Certo, lo hanno fatto tutti, in ogni spogliatoio della Svizzera. Io ne ho discusso soprattutto con Damiano Ciaccio e Jannik Fischer, con i quali ho trascorso diverse stagioni in Leventina. Personalmente, sono andato a rivedermi la conferenza stampa appena ho potuto. Ripeto, è stato molto strano assistere a tutto ciò».
Come detto, nel giugno del 2017 sei stato uno dei primi giocatori ingaggiati da Duca. Che ricordi hai della trattativa?
«Ricordo un giovane direttore sportivo alle prime armi, ma già molto determinato. Duke sapeva esattamente quello che voleva e non cercava mai di intortarti con giri di parole. Andava dritto al punto. Quella trattativa, poi, fu particolarmente complicata, perché io ero ancora sotto contratto con il Friburgo e dovevo negoziare la mia uscita. In tutto questo, Paolo si mosse in un modo che definirei aggressivo, ma corretto. Questa caratteristica è sempre stata un suo punto di forza. Dal 2017 a oggi, ha portato ad Ambrì tanti giocatori di qualità, che in valle non si vedevano da tanto tempo».
E dell’allenatore Luca Cereda, invece, che ricordi conservi?
«Il Cere ha sempre saputo motivare la squadra e l’ambiente, anche nei momenti più complicati. È sempre stato coerente con la sua linea di condotta e in passato ha sempre saputo invertire le tendenze negative. Anche ai miei tempi ci sono stati dei passaggi a vuoto, delle lunghe serie di sconfitte, e si è arrivati vicini al punto di rottura, ma Luca è sempre stato bravo a raggruppare tutti e a controllare la situazione. La cosa che più mi ha impressionato, nei nostri sette anni insieme, sono state le prime stagioni, quando non disponevamo di molto talento, ma davamo del filo da torcere a qualsiasi avversario, ottenendo risultati molto buoni. Considerando il materiale umano a disposizione, la differenza la fece soprattutto il lavoro di Luca Cereda e del suo staff».


Nell’analizzare la scorsa stagione, Duca e Cereda avevano ammesso di aver sottovalutato la partenza tua, di Kneubuehler e di Fohrler, definiti tre pilastri dello spogliatoio biancoblù.
«Mi aveva fatto molto piacere sentire quelle parole. È bello sapere di essere stati utili alla causa e di aver lasciato qualcosa di buono. In effetti, io, Johnny, Tobi e prima ancora anche Jannik Fischer, siamo stati in Leventina per tanti anni, tutti insieme, contribuendo alla crescita del progetto targato Duca-Cereda. Lo abbiamo fatto grazie alla fiducia reciproca tra noi e lo staff. Ci conoscevamo alla perfezione: il coach sapeva quello che avremmo potuto dare e noi sapevamo cosa il Cere si aspettava da noi».
Che Ambrì Piotta ti aspetti di trovare questa sera, in uno scontro diretto di bassa classifica?
«Il più delle volte, quando avviene un cambiamento in panchina, la squadra reagisce, portando in pista tanta energia sin dal primo minuto. Ci prepariamo per una gara intensa, con tante emozioni sul ghiaccio e sugli spalti. Non possiamo sapere se Matte e Landry apporteranno delle modifiche a livello tattico, ma di certo sarà una battaglia. Anche noi abbiamo bisogno di punti, vincendo potremmo superare i biancoblù, lasciare l’ultimo posto e prendere fiducia. Dopo un inizio difficile, non vogliamo perdere ulteriore terreno da chi ci sta davanti».
Dopo 9 mesi, dovreste recuperare Turkulainen. Gli infortuni degli stranieri non vi hanno aiutato e infatti i problemi dell’Ajoie, oggi, sono soprattutto in attacco.
«È vero, siamo riusciti a stabilizzare il nostro gioco difensivo, nelle ultime partite siamo stati solidi, ma quello del gol è un limite che ci accompagna da inizio stagione. Basta poco per cambiare l’inerzia: dobbiamo essere più duri e determinati nello slot avversario, come già facciamo nel nostro».
Greg Ireland sta ruotando ben tre portieri: tu hai giocato 4 partite, Ciaccio 5, Patenaude 3. Qual è il piano dell’ex coach bianconero?
«Non c’è un piano definito. Il coach dispone di tre portieri in grado di giocare. Due più esperti, come me e Damiano, e uno giovane come Noah, che sta facendo bene e merita le sue occasioni per crescere e imparare. Credo che andremo avanti così, alternandoci. Ci saranno alcune partite più adatte all’uno, altre più adatte a un altro. Mi piacerebbe giocare alla Gottardo Arena. Vedremo».