Hockey e politica

Dopo il Canada la Danimarca: ancora fischi per l'inno americano?

La squadra di casa debutta al Mondiale affrontando gli USA, mentre proseguono le tensioni tra il governo di Copenaghen e Trump sul futuro della Groenlandia - Il pubblico di Herning contesterà come quello di Montréal?
© AP/Wilfredo Lee
Fernando Lavezzo
09.05.2025 06:00

Certo, a livello simbolico non vale una finale olimpica tra Stati Uniti e Unione Sovietica giocata all’alba degli anni Ottanta. All’improvviso, però, hockey e politica sono tornate a fondersi ai Mondiali di Herning. Il calendario, beffardamente, ha messo subito contro i padroni di casa e gli USA. Sullo sfondo della partita, in programma stasera, ci sono le tensioni tra Donald Trump e il governo danese per il controllo della Groenlandia.

Un disperato bisogno

Donald Trump non molla la presa. «La Groenlandia deve diventare parte degli Stati Uniti, ne abbiamo un disperato bisogno per la sicurezza internazionale», ha ribadito il presidente americano quattro giorni fa, in una lunga intervista rilasciata al programma Meet The Press della NBC. «Non escludo l’uso della forza», ha aggiunto minacciosamente. «La Groenlandia ha una popolazione molto piccola, di cui ci prenderemo cura e a cui vorremo bene». Mercoledì, ad irritare ulteriormente Copenaghen, ci ha poi pensato l’indiscrezione pubblicata dal Wall Street Journal, secondo cui i servizi segreti americani avrebbero ricevuto istruzione di acquisire informazioni sul panorama socio-politico dell’isola artica. Il ministro degli Esteri danese, Lars Løkke Rasmussen, ha dichiarato che convocherà l’ambasciatore statunitense.

Il precedente canadese

Tornando all’hockey, vien da chiedersi come verrà accolta la selezione a stelle e strisce dal pubblico di casa. Il tifo dei Mondiali è tradizionalmente festaiolo e amichevole. La birra scorre a fiumi, ma sulle tribune si mischiano pacificamente e allegramente maglie di tutti i colori. Quanto successo in febbraio a Montréal, durante il 4 Nations Face-Off (torneo internazionale con giocatori di NHL), potrebbe però aver creato un precedente. In quell’occasione, il pubblico di casa fischiò sonoramente l’inno americano, eseguito prima della partita tra Canada e Stati Uniti. Era già successo due giorni prima, quando gli USA affrontarono la Finlandia nella stessa pista, il Bell Centre. Ed era già capitato durante alcune partite di NHL e di NBA giocate da squadre statunitensi in territorio canadese. Il motivo? Sempre lui, il presidente Donald Trump, con le sue politiche sui dazi e con le sue dichiarazioni sul desiderio di annettere il Canada come 51. Stato americano.

«Non fa piacere»

I fischi fecero ovviamente male ai giocatori americani. «Sapevamo che sarebbe successo, del resto era già capitato», disse amareggiato il difensore Zach Werenski, presente anche ai Mondiali di Herning. «Ovviamente non è stato piacevole, ma abbiamo usato questa ostilità come benzina per dare il meglio sul ghiaccio». A Montréal, infatti, gli USA sconfissero il Canada 3-1, salvo poi perdere la finale contro lo stesso avversario. Senza fischi, stavolta, visto che l’ultimo atto si giocò a Boston.

A dirla tutta, non è neanche scontato che stasera alla Jyske Bank Boxen di Herning risuonino le note dell’inno americano. Ai Mondiali, infatti, viene eseguito soltanto quello della squadra vincitrice, a partita conclusa.

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