Genoni: «Ogni tiro è un nuovo inizio»

Eroe della finale playoff vinta in rimonta con lo Zugo, Leonardo Genoni ha iniziato il Mondiale a modo suo, con uno «shutout». «Quella di domenica contro la Danimarca è stata una buona partita sotto ogni punto di vista», racconta il portiere di origini bleniesi. «Abbiamo eseguito al meglio i nostri piani, giocando bene per 60 minuti a livello offensivo e difensivo. Il 6-0 dice tutto».
Stasera contro il Kazakistan (ore 19.20) potrebbe toccare di nuovo a Reto Berra. O forse al debuttante Sandro Aeschlimann. Di certo sarà difficile rinunciare a un Genoni così nelle sfide a eliminazione diretta.
Sette volte campione svizzero con Davos, Berna e Zugo, Genoni non ha avuto problemi di adattamento sulla pista di Helsinki, più stretta rispetto a quelle di National League. «Quasi non ci si accorge della differenza. Alle Olimpiadi di Pechino, del resto, la superficie era ancora più piccola. Non ero spaventato allora e non lo sono adesso, anche se ho molto rispetto per questo fattore. I punti di riferimento sono importanti per un portiere. Ma in fin dei conti il lavoro è sempre lo stesso. Fermare i dischi».
Sulla scia della finale
L’impressione è che Leo abbia iniziato il torneo sulla
scia dei suoi eccezionali playoff. «Sì e no», dice lui. «Per come è andata la
partita, si può dire di sì. Allo stesso tempo, però, si tratta di una
situazione completamente diversa. La Svizzera non è lo Zugo, il Mondiale non è
il campionato e la fase a gironi non è una finale. Detto questo, era importante
partire bene. Per me e per tutta la squadra. Ora abbiamo il morale alto».
Quello che più impressiona di Genoni è la capacità di alzare il livello nei momenti importanti. Lo Zurigo ne sa qualcosa. «Io vorrei giocare alla perfezione ogni partita, ma a volte sono le piccole cose a fare la differenza tra uno shutout e una sconfitta. Se ripenso alla finale contro i Lions, non credo che le prime tre partite, tutte perse, siano andate male. Né per me, né per lo Zugo. Complessivamente, ci eravamo difesi bene. Certe reti subite nei finali di gara ci sono però costate care. La nostra forza è stata quella di non arrenderci. E così il momentum è cambiato. Personalmente, credo che gara-6 mi rimarrà in testa per molto tempo». Una gara che Leonardo ha vinto da solo.
Vivere il presente
Il secondo titolo consecutivo conquistato con i Tori
appartiene alla storia. E Genoni non è un tipo che si perde nel passato. «Noi
portieri, del resto, viviamo sempre nel presente, pensando al prossimo disco. È
l’unica cosa da fare, anche quando si subisce un gol. Certe sere ci si può
sentire imbattibili, ma ogni tiro è un nuovo inizio, una nuova sfida. E non
puoi pensare che sarà facile. A volte la fortuna ti assiste, sì, ma non è
impensabile fare affidamento su questo. Insomma, farsi cullare dal sentimento
di imbattibilità è rischioso. Bisogna sempre essere pronti. Non puoi
semplicemente ripensare alle parate precedenti e credere che non subirai reti».
Una settimana per staccare
Quella tra Zugo e Zurigo è stata una finale
bellissima, ma anche estenuante. Alcuni protagonisti, per un motivo o per
l’altro, hanno infatti dovuto rinunciare ai Mondiali. Genoni, però, è subito
riuscito a rifocalizzarsi: «È una sfida, non ci piove. Ci sono stati anni in
cui ho fatto più fatica. Quando raggiungi la Nazionale nell’ultima fase della
sua preparazione, devi essere al top fisicamente e mentalmente. Si sa. O si
impara. Se sono qui è perché mi sentivo pronto. Non ho subito pressioni. Dopo
aver vinto il titolo ho potuto staccare un po’, ho avuto una settimana per
ricaricare le batterie».
A differenza di un giocatore di movimento, che entra ed esce di continuo, un portiere deve restare concentrato per tutti i sessanta minuti: «Non c’è una ricetta infallibile per essere pronti ad ogni attacco avversario», spiega il 34.enne. «Ci sono dei trucchetti. Io, rispetto ad altri portieri, cerco di stare un po’ più eretto quando il disco è dall’altra parte».
La carta non conta
Sulla carta è la Svizzera più forte di sempre. «Ma la
carta non ha molta importanza», conclude Genoni. «Siamo una squadra completa.
Ma oggi sfidiamo il Kazakistan e quanto fatto nel weekend non conta più».