«Io e Isacco sul ghiaccio della Valascia, un sogno iniziato da bambini»

Ha dovuto attendere fino alla soglia dei 26 anni – li compirà sabato 17 ottobre – ma ce l’ha fatta. Zaccheo Dotti, cresciuto nel settore giovanile biancoblù, ha finalmente debuttato in prima squadra e in National League. La sua, come quella del fratello maggiore Isacco, è una bella storia di perseveranza. Ce la siamo fatta raccontare.
Giovedì l’esordio a Berna, venerdì il primo derby alla Valascia. Ventiquattro ore che Zaccheo Dotti non dimenticherà mai, nonostante le sconfitte: «Ho vissuto emozioni forti», racconta il difensore leventinese. «Credo di averle gestite bene, senza mettermi troppa pressione e assaporando ogni istante. Abbiamo perso senza segnare neanche un gol, è vero, ma sono abbastanza soddisfatto di come sono andate le cose, sia per me, sia per la prestazione della squadra».
La sfida di Berna ha regalato un momento particolarmente bello al ragazzone di Mairengo: «Ad un certo punto io e mio fratello Isacco ci siamo trovati in pista nello stesso cambio. Quando ho sentito dalla panchina che saremmo entrati sul ghiaccio insieme, ho avvertito un brividino. Ho avuto il tempo di realizzare e gustare quanto stava accadendo, percependo la sua presenza al mio fianco. Poi, però, ci siamo concentrati sul gioco».
Nella stessa partita, purtroppo, Isacco si è fatto male, colpito duramente da Vincent Praplan. Zaccheo non l’ha presa bene: «Come si è visto in televisione, ho urlato qualche parolaccia al bernese mentre rientrava negli spogliatoi dopo essere stato espulso. È stata una reazione istintiva, emotiva. Inizialmente mi sono anche spaventato, come tutta la nostra panchina. Non è mai bello vedere un compagno – in questo caso un fratello – lasciare il ghiaccio intontito e sorretto da altri. Poi, per fortuna, ho capito che la situazione non era grave e mi sono tranquillizzato. Isacco sta meglio, spero che possa tornare presto a darci man forte».


Un sogno mai sopito
Si diceva della perseveranza di Zaccheo. «Non è sempre stato facile inseguire il sogno di giocare in National League», racconta il numero 27. «C’è stato un periodo, quando ho dovuto ripartire dalla Prima Lega dopo aver concluso la trafila nelle giovanili dell’Ambrì, in cui ho iniziato a pensare meno ad un possibile futuro nella massima serie. Ritrovando la Swiss League, prima con i Ticino Rockets e poi con due belle stagioni all’Ajoie, coronate dalla vittoria dell’ultima Coppa Svizzera, ho riallacciato il filo del discorso. Con l’Ambrì, del resto, sono sempre rimasto in contatto attraverso le licenze B. Per debuttare con questa maglia ho dovuto pazientare, ma ci ho sempre sperato. E anche creduto. L’opportunità è arrivata e ora voglio tenermela stretta, giocando al meglio le mie carte».
Il percorso di Zaccheo non è molto diverso da quello di Isacco, che un posto stabile nell’Ambrì Piotta lo ha trovato solo due anni fa: «Da bambini io e mio fratello abbiamo iniziato a giocare a hockey lo stesso giorno. Quindi, avendo un anno in meno di lui, sono stato più precoce (ride, ndr.). Eravamo all’inizio delle scuole elementari e Isacco chiese ai nostri genitori di portarlo alla pista. Io, ovviamente, feci i capricci per poter andare insieme a lui. Abbiamo cominciato proprio alla Valascia. E adesso ci ritroviamo qui, ancora insieme, dopo quasi vent’anni».

Lezioni boliviane
Già compagni nei Ticino Rockets in Swiss League, Zaccheo e Isacco hanno aggiunto una nuova splendida pagina all’album della famiglia Dotti: «I nostri genitori sono contenti, ma ci hanno insegnato a stare con i piedi per terra e a non montarci la testa. A casa si vive questa situazione con tranquillità, senza esagerazioni. Mamma e papà sono soddisfatti di vederci felici e di sapere che siamo riusciti a coronare i nostri sogni. Ma rimaniamo umili come prima».
Valori fondamentali che si rispecchiano in quel progetto di aiuto allo sviluppo che i genitori di Zaccheo avviarono negli anni Novanta in Bolivia: «Quella è stata una grande scuola di vita. Da piccolini io e Isacco abbiamo trascorso diversi periodi nel Paese sudamericano, dove abbiamo anche frequentato sei mesi di asilo. Quando siamo tornati in Ticino, tra di noi comunicavamo in spagnolo. Aver vissuto questa esperienza sin da giovanissimi ci ha subito aperto gli occhi sul mondo. Abbiamo imparato molto presto che niente è gratuito, nulla è scontato. Un insegnamento che cerchiamo di mettere in pratica tutti i giorni».


Formazione continua
Non si vive di solo sport, dunque, nella famiglia Dotti. Anzi. «La cosa che più accomuna me e Isacco, al di là della grande passione per l’hockey, è il desiderio, direi quasi l’esigenza, di fare anche altro nella vita. Lo sport d’élite ti lascia abbastanza tempo libero e a noi non piace stare con le mani in mano. Per questo abbiamo sempre dato molta importanza alla nostra formazione. Lui ha studiato alla SUPSI per diventare ingegnere civile, io come ingegnere meccanico. Ho appena iniziato il Master a Manno. Il bachelor l’avevo concluso prima di trasferirmi all’Ajoie. Mi ero promesso che, qualora fossi tornato in Ticino, avrei ripreso gli studi. Sono stato di parola. Questa soluzione a metà tempo mi piace e riesco a gestirla bene».

I ragazzi del «Cere»
Stasera l’Ambrì Piotta torna in pista ospitando il Rapperswil. I biancoblù andranno a caccia dei primi punti (e dei primi gol) in campionato dopo il 5-2 in Coppa contro i GCK Lions: «Tornare al successo è stato bello, poco importa se lo abbiamo fatto contro un avversario di categoria inferiore», racconta Zaccheo Dotti. «Ci dà energia. Da qui vogliamo costruire, a partire dalla sfida contro il Rapperswil».
Nei Lakers ci sarà anche Lukas Lhotak, compagno dei fratelli Dotti negli juniores leventinesi: «Ricordo quando dalla Repubblica Ceca arrivò questo ragazzo biondo, innamorato dell’hockey e con tanti sogni nel cassetto. Lavorava sodo, in allenamento non mollava mai. Ci siamo rivisti ad inizio settembre, in occasione di una gara amichevole, e abbiamo chiacchierato un po’. È un ragazzo solare, sempre sorridente». Di quella «cucciolata biancoblù» di ragazzi nati tra il 1993 e il 1997 facevano parte anche i vari Fora, Grassi, Pinana, Incir, Trisconi, Sartori: «Ai tempi non avrei mai scommesso che quasi metà squadra sarebbe arrivata a giocare in National League», confessa Zaccheo. «Forse la scuola che abbiamo avuto sin da giovanissimi, ovvero quella di Luca Cereda (che all’epoca allenava gli élite dell’HCAP, ndr.), ci ha inculcato questa identità, questa voglia di andare oltre i propri limiti, di non mollare, di rialzarsi dopo ogni caduta. Valori su cui tanti di noi sono riusciti a costruire una carriera. Senza perseverare non si va da nessuna parte».