HC Lugano

Janick Steinmann: «Se penso a Zach Sanford, penso alla sua versatilità»

Il direttore sportivo bianconero ci parla del nuovo attaccante statunitense e delle riflessioni che hanno portato al suo ingaggio: «I numerosi infortuni di queste prime settimane ci hanno spinto a muoverci adesso per un settimo straniero, senza aspettare settembre o ottobre»
© AP/Jeff Roberson
Fernando Lavezzo
25.08.2025 16:05

Zach Sanford è nato a Salem, Massachusetts, città tristemente nota per la caccia alle streghe di fine Seicento. Il Lugano non gli chiede incantesimi o pozioni, ma quantità e qualità. Grande (193 cm), grosso (94 kg) e versatile, il 30.enne statunitense è il settimo straniero dei bianconeri. Con lui, l’attacco appare subito più completo. Era il pezzo mancante? «Difficile dirlo, ma di sicuro abbiamo ingaggiato un buon giocatore», afferma Janick Steinmann, direttore sportivo dell’HCL. «Se penso a Sanford, la prima cosa che mi viene in mente è la versatilità. Non ha mai giocato in Europa e dovrà adattarsi, ma è un elemento esperto, un vero attaccante two-ways, capace di giocare sia ala, sia centro; sia in power-play, sia nel penalty killing. Ha personalità e porta stabilità. È abbastanza raro trovare tutte queste caratteristiche in un unico giocatore».

Prima che sia tardi

Sanford è il quinto straniero ingaggiato da Steinmann dopo Carrick, Sgarbossa, Kupari e Perlini. A loro si aggiungono Dahlström e Sekac, ereditati dalla gestione precedente. «L’intenzione è sempre stata quella di iniziare la preparazione con sei stranieri e poi monitorare costantemente la situazione. I numerosi infortuni di queste prime settimane ci hanno spinto a muoverci adesso, senza aspettare settembre o ottobre, quando sarebbe stato più difficile trovare il profilo giusto. Sanford offre tante opzioni allo staff tecnico e garantisce profondità in più ruoli. La media di infortunati è compresa tra i 2 e i 4 giocatori a partita. Ora abbiamo davvero la sensazione di essere coperti e di avere sufficiente qualità in ogni settore: portieri, difensori, attaccanti».

Non resta che scoprire come tutto ciò si svilupperà in termini di squadra: «È difficile giudicare le nostre prime amichevoli, anche pensando ai molti infortuni», osserva il ds. «La cosa che più mi rende felice è vedere la connessione che si sta creando tra i ragazzi e tra la squadra e lo staff. È un aspetto su cui abbiamo investito parecchio».

La Stanley e le bagarre

Zach Sanford è stato draftato al secondo turno dai Washington Capitals nel 2013, ma per due anni ha preferito la carriera a livello universitario con i colori dei Boston College in NCAA. Il suo percorso si è successivamente sviluppato tra NHL (359 partite, 112 punti) con Washington, St. Louis, Ottawa, Winnipeg, Nashville, Arizona e Chicago e AHL (225 partite, 129 punti). Nella scorsa stagione ha disputato 77 partite con i Rockford IceHogs (AHL), firmando 22 gol e 29 assist. Il clou della sua carriera è stata la vittoria della Stanley Cup con i St. Louis Blues nel 2019.

In rete è facile imbattersi in filmati di Sanford impegnato in una bagarre. «Non cercavo un pugile, vi assicuro che è più bravo come giocatore di hockey», osserva Steinmann. «Chi arriva dal Nordamerica porta con sé quell’attitudine, ma da noi non si possono gettare i guanti. Fortunatamente, le qualità di Zach sono ben altre».

Il passaporto non conta

Janick Steinmann sembrava un ds innamorato della Svezia. E la sue prime scelte – l’allenatore Mitell e il suo «associate» Hedlund – andavano proprio in quella direzione. In squadra, però, sono arrivati due nuovi canadesi e due nuovi statunitensi. «Quando ero il ds del Rapperswil, mi veniva chiesto come mai ingaggiassi così tanti svedesi (ride, ndr.). Ogni volta, rispondevo che per me non è mai una questione di passaporto. Non mi importa da dove vengono i giocatori, mi interessa che siano bravi e che corrispondano a ciò che stiamo cercando. Mi piace avere un bel mix, tant’è che a Lugano abbiamo anche un ceco, uno svedese e un finlandese. Quando sono arrivato qui, lo scorso marzo, il mercato degli stranieri attivi in Europa era praticamente chiuso. I più bravi avevano già firmato altrove o volevano la NHL. Non è quindi un caso se ho ingaggiato quattro giocatori in arrivo dal Nordamerica, Kupari compreso».

Il percorso di Zach Sanford ricorda quelli di Sgarbossa e Carrick, anche loro alla prima esperienza europea: «Il mercato nordamericano è fatto così», spiega Steinmann. «Generalmente, i giocatori cercano di stabilizzarsi in NHL fino ai 30 anni. Ci provano, ci riprovano, ma arrivati a un certo punto, iniziano a pensare che un trasferimento oltre oceano possa essere un'opzione interessante».

Il dossier portieri

Negli scorsi giorni, molti club di National League hanno risolto la questione «portieri» per il 2026-27 e oltre. Con Niklas Schlegel in scadenza, il tema riguarda anche il Lugano: «Sto lavorando su ogni posizione, non solo sui portieri», afferma il ds bianconero. «Schlegel sta facendo un buon lavoro e lo stesso vale per van Pottelberghe, che è sotto contratto fino al 2027 e che sta ritrovando buone sensazioni dopo gli infortuni delle scorse stagioni. Prima di prendere decisioni, sarà importante vederli all’opera insieme».

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