Hc lugano

La prima decisione: addio a Ireland

Due giorni dopo l’eliminazione dai playoff il club bianconero si è separato dal tecnico e da Jussi SilanderIn attesa del nome del nuovo coach le analisi della stagione proseguono: si attendono altri segnali forti
Greg Ireland non è più l’allenatore del Lugano (Foto Zocchetti).
Flavio Viglezio
20.03.2019 06:00

«Adesso è prematuro parlare dell’allenatore e del direttore sportivo. Ci siederemo attorno a un tavolo, faremo le nostre analisi e in seguito comunicheremo ciò che avremo deciso». Parole e musica di Vicky Mantegazza pronunciate nella notte tra sabato e domenica, pochi minuti dopo la fine della stagione bianconera. Sono bastati due giorni per la prima sentenza: Greg Ireland non è più l’allenatore del Lugano. Se ne va anche il suo assitente, Jussi Silander. Se il club fosse stato così rapido e reattivo durante il campionato, magari Chiesa e compagni sarebbero ancora in gioco nei playoff. La verità – battutacce a parte – è che il destino del coach canadese era già segnato da un pezzo. Ma la Cornèr Arena è il luogo in cui un tecnico viene confermato fino al termine di un più che deludente campionato «per dare un segnale forte e per invertire la tendenza del passato». Le esigenze del presente passano insomma in secondo piano. Che poi Ireland fosse arrivato al capolinea è un’evidenza: nemmeno lui, con ogni probabilità, sperava più di ottenere una nuova opportunità. «L’HCL desidera ringraziare in questa sede Greg Ireland e Jussi Silander per la serietà, la professionalità, la lealtà e l’identificazione con i valori e la politica sportiva del Lugano che entrambi hanno dimostrato nell’ambito del loro lavoro quotidiano nonché per i risultati sportivi raggiunti nelle precedenti due stagioni, coincise con la conquista di una semifinale e una finale dei playoff. La pagina scritta la scorsa primavera con l’incredibile cavalcata fino a gara-7 di finale contro gli ZSC Lions entra di diritto nella storia del club. L’intera famiglia bianconera augura a Greg e Jussi le migliori soddisfazioni per il futuro in ambito professionale e personale».

Il solito comunicato, freddo ed elegante al tempo stesso come sempre accade in questi casi. «La posizione del secondo assistente Chris De Piero – colui che doveva dirigere gli Elite e che si è ritrovato catapultato in prima squadra per una questione di permessi di lavoro... – sarà definita nelle prossime settimane». A spiegare le ragioni della separazione ci ha pensato Roland Habisreutinger: «È stata una stagione troppo deludente a livello di risultati per andare avanti insieme», ha affermato il direttore sportivo. Che ben si è guardato – ma non è una novità – di assumersi per una volta urbi et orbi qualche responsabilità a livello individuale. Non sia mai. Anzi, sul portale TIO si è affrettato a precisare che «il nome di Ireland l’avevo sì propostoi io, ma le decisioni vengono prese tutti insieme».

Ed allora «bye bye» Greg. Scocciato già nello scorso mese di agosto per un mancato prolungamento del suo contratto nonostante si fosse da poco laureato vicecampione svizzero, il gentiluomo di Orangeville si è innervosito sempre di più e, capita l’antifona, ha progressivamente rinnegato ciò che gli aveva permesso di avere successo negli anni precedenti. Ha cominciato a forzare oltre misura quelli che ha sempre considerato i «suoi» uomini senza che il Lugano abbia mai dato l’impressione di poter davvero dare una svolta alla sua stagione. E che importa se Fazzini abbia dovuto trascorrere gran parte della stagione in una linea difensiva, se Lajunen e Lapierre abbiano avuto sempre e comunque il posto assicurato e abbiano già prolungato il loro contratto, se Linus Klasen è a lungo stato messo da parte o se power e box-play siano stati semplicemente inguardabili. E questi sono solo alcuni esempi. Ireland si è vieppiù perso in alibi e scuse a volte surreali: sabato sera ha addirittura tirato in ballo l’incidente – per fortuna senza conseguenze – in cui era incappato il bus della squadra tornando da una trasferta da Davos.

Ora il popolo bianconero si aspetta altri segnali forti da parte del club. L’abbiamo già scritto e lo ribadiamo: questa volta non basterà dare il benservito all’allenatore per ripartire su nuove basi. E questo indipendentemente da chi sarà il suo successore. Ireland ha commesso degli errori evidenti, ma a fatti – oltre al contratto – non ha ricevuto il sostegno che si attendeva. In ottobre, per sostituire l’infortunato Klasen, si è ritrovato nello spogliatoio un Henrik Haapala reduce da un’operazione all’anca e totalmente privo di condizione fisica. E quando in Svizzera arrivavano uno dopo l’altro i vari Boychuk, Everberg, Flynn, Clark, Kristo, Kärki e via dicendo, il Lugano non ha mosso un dito. Salvo sostenere più tradi – molto più tardi – che il mercato non offriva più nulla di interessante. Certo, per andare a scovare un altro Emerson Etem o un Tommy Paakkolanvaara meglio non fare nulla... Peccando di superbia – nel segno di tanto prima o poi le cose si aggiusteranno da sole – il supporto si è limitato a frasi del tipo «In questa situazione ci siamo cacciati tutti insieme e tutti insieme ne usciremo». Senza dimenticare – in piena crisi di risultati e classifica – i consigli del vicepresidente nonché membro della commissione tecnica Andy Näser, che si limitava ad asserire come tutte le squadre attraversavano alti e bassi e che era fondamentale mantenere la fiducia. E si potrebbe andare avanti, ma è meglio fermarsi qui.

Ora si vedrà se la profonda analisi del club avrà partorito solo ed esclusivamente la decisione di separarsi da Ireland o se finalmente la società bianconera capirà una volta per tutte la necessità di ripartire su nuove fondamenta a tutti i livelli. A meno che non ci sia una chiara volontà di ridurre ulteriormente il budget a disposizione della prima squadra: se così fosse, lo si dica chiaramente senza più illudere tifosi e sponsor. No, caro HC Lugano: cambiare solo ed esclusivamente il volto di chi siede in panchina non sarà sufficiente.

Intanto a pochi giorni dal termine di una stagione da dimenticare al più presto dopo aver tratto i dovuti insegnamenti, il Lugano si ritrova con un’altra gatta da pelare: quella che riguarda gli stranieri. Linus Klasen ha ancora un anno di contratto, mentre Maxim Lapierre e Jani Lajunen hanno rinnovato il loro accordo per due ulteriori anni già a dicembre. Una pura follia, anche se i due – come sostiene Habisreutinger – avessero avuto sul tavolo altre offerte. Il mercato degli stranieri è notoriamente molto meno complicato di quello dei giocatori svizzeri: a patto ovviamente di sapere scovare quelli giusti. E non è tutto: il Lugano ha fatto valere l’opzione a suo favore inserita nel contratto di Taylor Chorney, il difensore americano che dopo una regular season tutto sommato discreta ha evidenziato limiti davvero imbarazzanti nei playoff.

Ed allora Vicky Mantegazza e il CdA bianconero si rendano conto che ci vuole poco a tornare nel limbo della mediocrità dal quale il Lugano sembrava uscito. Per compiere scelte forti ci vuole invece coraggio: a pagare il prezzo delle delusioni non può e non deve essere sempre e solo l’allenatore. O no?

LE PAGELLE

Elvis Merzlikins 4.5 (92.07% di tiri parati in RS; 87.23% nei playoff). Non è l’Elvis delle passate stagioni, soprattutto nei giochi per il titolo. Ma senza di lui il Lugano sarebbe sprofondato ancora più in basso.

Stefan Müller 3.5 (86.85% di tiri parati in RS). Scende in pista solo in nove occasioni e dimostra purtroppo di non essere ancora pronto per la NL. Il club non lo sapeva?

Alessandro Chiesa 5 (50 partite, 8 gol, 10 assist, +27). Dopo la partenza di Furrer diventa il leader della difesa bianconera. Sempre generosissimo, il capitano si fa valere anche in fase offensiva. Il +27 premia il suo costante impegno.

Romain Loeffel 4.5 (52p, 12 g, 23 a, + 13). Conferma di essere un difensore di prima scelta in fase offensiva e, allo stesso tempo, di avere importanti limiti difensivi. Cresce dopo un inizio complicato.

Taylor Chorney 3+ (52 p 5 g, 20 a, +9). Inizia in sordina, poi si riprende offrendo anche buone prestazioni. Disastroso nei playoff: non un solo punto,un -4 di bilancio individuale e tantissime indecisioni.

Julien Vauclair 4 (47 p, 4 g, 6 a, + 14). Passano gli anni, ma lui non molla. Sempre un esempio per tutti a livello di impegno, dedizione e attaccamento alla maglia.

Elia Riva 4.5 (44 p, 3 g, 4 a, + 10). Una delle poche note positive di questa stagione. In costante crescita, e non ha ancora espresso tutto il suo potenziale.

Stefan Ulmer 3 (48 p, 3 g, 3 a, -4). Giocatore involuto, non incide nella regulr season e disputa dei playoff orribili. Cambiare aria gli farà probabillmente bene.

Thomas Wellinger 4.5 (39 p, 0 g, 9 a, + 10). Terzino non spettacolare, ma affidabile e concreto. Quando non c’è la sua mancanza si fa sentire parecchio.

Benoit Jecker 3 (34 p, 0 g, 5 a, -2). Una delusione su tutta la linea. Poca personalità, ma non viene aiutato da Ireland.

Massimo Ronchetti 3 (32 p, 0 g, 0 a, 10). Niente da dire sull’impegno, ma i suoi limiti sono sotto gli occhi di tutti.

Gregory Hofmann 5.5 (54 p, 32 g, 23 a, + 15). Un’incontenibile macchina da gol e professionista esemplare. Mancherà tantissimo: buona fortuna a Zugo.

Raffaele Sannitz 5+ (52 p, 12 g, 31 a, + 12). Oltre al solito lavoro a tutta pista, si scopre attaccante capace di totalizzare ben 43 punti. Stagione oltre le aspettative.

Maxim Lapierre 3 (49 p, 10 g, 21 a, +1). Una delusione: disputa una stagione senza acuti, vivacchiando nell’anonimato anche nei playoff. E ha firmato per altri due anni.

Linus Klasen 4+ (32 p, 6 g, 21 a, + 16). Bloccato dagli infortuni e dalla testardaggine di Ireland, quando riprende fiducia torna a dimostrare le sue indubbie qualità.

Luca Fazzini 4 (54 p, 12 g, 16 a, -6). Relegato in una linea difensiva, gli si chiede di fare la differenza «a freddo» in power-play giocando pochi minuti a partita. Impossibile.

Dario Bürgler 4.5 (54 p, 13 g, 14 a, + 15). Fatica ad entrare in forma, poi si conferma elemento affidabilissimo, anche se la sua produzione offensiva non è quella dei giorni migliori.

Jani Lajunen 3.5 (45 p, 8 g, 16 a, -3). Lontano anni luce dal trascinatore della stagione precedente. Chiude con una statistica individuale negativa: non è un buon segno per un centro straniero difensivo.

Giovanni Morini 5 (52 p, 16 g, 5 a, + 17). Compie un ulteriore passo avanti nonostante i problemi della squadra. Lottatore con il vizietto del gol. Imprescindibile.

Alessio Bertaggia 4 (45 p, 7 g, 11 a, +1). Alterna serate di grazia ad altre più fumose. Le sue caratteristiche andranno sfruttate meglio dal prossimo allenatore.

Julian Walker 4 (45 p, 9 g, 6 a, -1). Il suo lavoro rimane preziosissimo nella regular season. Si spegne però nei playoff (0 punti e -4 di bilancio personale).

Mauro Jörg 3+ (54 p, 5 g, 10 a, -3). Da buon soldatino obbedisce senza fiatare. Nulla di più.

Henrik Haapala 3+ (24 p, 4 g, 16 a, +18). Arriva rotto e fuori condizione. Il più delle volte anonimo, approfitta di Hofmann per firmare qualche punto in più nei playoff.

Matteo Romanenghi 3.5 (50 p, 0 g, 5 a, -4). Soffre le difficoltà della squadra: non si può pretendere che sia lui a fare la differenza, ma non segna davvero mai.

Sébastien Reuille 4 (40 p, 0 g, 4 a, -1). Il vecchio leone gioca col contagocce, ma in box-play riesce ancora a fornire il suo contributo. Non meritava un’uscita di scena così triste.

Luca Cunti 2.5 (11 p, 1 g, 3 a, +2). Sfortunato, ma lui sa perché merita un voto così basso. E lo sa anche il club. A Bienne stiano tranquilli: sta benissimo fisicamente.

Matewa, Vedova, Haussener s.v. Completamente dimenticati da Ireland. Ma non si doveva valorizzare i giovani?

Greg Ireland 3 Nervoso fin da agosto, non riesce a dare una svolta al campionato del Lugano e va vieppiù nel pallone con scelte dettate prevalentemente dall’orgoglio personale che da vere necessità tattiche.

Roland Habisreutinger 2 Dieci anni: zero successi, una marea di acquisti sbagliati, un immobilismo incomprensibile e nessuna autocritica.