Luca Cereda, l’infermeria e la lunga attesa

Qualcuno avvisi l’architetto Mario Botta. Andando avanti di questo passo, nella nuova Valascia servirà un’infermeria più grande. Sul fronte infortuni, per l’Ambrì Piotta è proprio una stagione maledetta. L’ultimo della lunga lista è Scottie Upshall, costretto a fermarsi 3 o 4 settimane per un problema al ginocchio sinistro.
Luca Cereda è ovviamente dispiaciuto per il canadese, rimessosi in gioco in Ticino dopo un anno e mezzo di stop: «A Langnau ho visto il contrasto dal vivo», racconta il tecnico biancoblù. «In un primo momento mi è passata per la testa l’ipotesi di un infortunio. Poi, vedendo Scottie stringere i denti e finire la partita, ho pensato che non fosse grave. Purtroppo gli esami hanno indicato il contrario. Mi dispiace per lui, costretto a fermarsi in un buon periodo. E mi dispiace per la squadra: avremo una carta in meno da giocare, ma non c’è tempo per piangersi addosso. Dovremo stringerci ancora di più, farci forza e andare avanti».
Istinto e razionalità
In questi casi gli allenatori devono agire così: restare positivi, lavorare con gli uomini a disposizione e responsabilizzare i subentranti. Ma istintivamente, come reagisce Cereda quando legge l’ennesimo bollettino medico sfavorevole? «Come dicevo, la prima reazione è un grande dispiacere per il ragazzo di turno. Sono stato giocatore e so che un infortunio è la cosa più frustrante». Dopo il dispiacere, però, scatta un altro meccanismo: «Il mio cervello si mette subito in moto per cercare una soluzione», spiega il tecnico. «Il pensiero razionale prende il sopravvento e valuto le opzioni: come assemblare le linee, chi schierare in power-play, chi in inferiorità numerica...».

La preparazione fisica non c’entra
Tantissimi infortuni, si diceva. Cereda e il suo staff hanno mai pensato di aver sbagliato qualcosa in fase di preparazione fisica? «Assolutamente no», risponde l’allenatore. «Abbiamo svolto la stessa preparazione estiva dello scorso anno. Gran parte dei nostri infortuni, poi, sono dovuti a contrasti e incidenti di gioco. Se non sbaglio, abbiamo avuto solo due problemi muscolari: quello di Kostner, fuori dalla prima giornata, e quello di Fora, che ha saltato alcune gare per una contrattura. A bocce ferme analizzeremo anche questi aspetti, cercando di trarre degli insegnamenti, ma la preparazione e il lavoro fisico, oggi come oggi, sono le ultime cose da mettere in discussione».
Adesso tocca a Robert Sabolic
Con Novotny e Upshall ai box, Luca Cereda ha gli stranieri contati. Robert Sabolic, a sua volta tornato da un infortunio, è chiamato a un chiaro salto di qualità. «Per lui è una grande chance», conferma il coach. «Prima di farsi male, lo sloveno non stava andando malissimo. Sembrava che stesse carburando, anche a livello realizzativo. È rimasto fuori più di un mese, è tornato in pista a Davos, poi il weekend scorso non ha giocato. Ora scenderà certamente sul ghiaccio e starà a lui sfruttare l’opportunità. So che da Sabolic ci si aspettano gol e assist, anche noi ce li auguriamo, ma soprattutto vogliamo vedere che Robert si metta a disposizione del gruppo con il lavoro a tutta pista. Questo è il vero passo avanti che lui può e deve fare. I punti saranno una conseguenza di questa attitudine».

Presente e futuro
Da qui a fine dicembre l’Ambrì Piotta dovrà prendere delle decisioni importanti sugli eventuali rinnovi di Flynn e Upshall, ma anche sui possibili rinforzi per la Spengler Cup. Quanto è coinvolto Luca Cereda in queste riflessioni? «La gran parte del lavoro – spiega – la fa Paolo Duca. Ovviamente ci confrontiamo, mi chiede opinioni, correzioni, critiche, conferme. Io però fatico a guardare troppo in avanti, soprattutto nei momenti in cui bisogna pensare tanto a trovare delle soluzioni immediate. In questo momento, a livello di roster, non abbiamo molta stabilità e io sono parecchio concentrato sul presente, sulla prossima partita o sul prossimo allenamento».
Da un estremo all’altro
Infortuni e risultati non sono gli unici temi caldi in Leventina. Anche il calendario fa discutere. Sceso in pista sabato a Langnau, l’Ambrì tornerà a giocare solo domenica, ospitando lo Zugo. Poi lo farà di nuovo martedì a Davos, quando in teoria il campionato sarebbe in pausa per la Nazionale. «È tutto un po’ strano», ammette Cereda. «La regular season va da metà settembre a fine febbraio e dura circa 5 mesi e mezzo. Ecco: senza contare Champions e Coppa, tra il 13 settembre e il 2 novembre abbiamo disputato 19 partite di campionato su 50. Davvero tante. Tra il 3 novembre e domenica prossima, siamo invece a quota 6. Davvero poche. Però la situazione è questa e reclamare non cambierebbe nulla. Sta a noi di trovare le soluzioni. Prima il problema era giocare tanto e recuperare bene, adesso è l’opposto. Dobbiamo trovare delle soluzioni per non perdere troppo il ritmo tra un weekend e l’altro. Cerchiamo sempre di fare il meglio, ma a volte ci dobbiamo accontentare del meno peggio».
Nell’hockey non esiste la tradizione delle amichevoli infrasettimanali. Ci si potrebbe pensare? Sentite Luca Cereda: «Quando allenavo gli juniores ne avevo proposte due o tre, prendendo spunto dal calcio. Nel nostro sport, però, non vengono prese nella giusta maniera. Portano più aspetti negativi che positivi. Ora, nei periodi meno densi di impegni, giochiamo delle partitelle al nostro interno. Funzionano meglio». Sperando che non si faccia più male nessuno.