Hockey su ghiaccio

Lugano: chi si accontenta gode, ma non guarda in faccia la realtà

A Daniel Carr non basta la reazione: «Siamo davanti a una scelta, tocca a noi decidere cosa fare» - Il canadese sprona i giovani: «Devono saper approfittare dell'opportunità che hanno»
Al Lugano non sono bastate le reti di Michael Joly e Daniel Carr per battere il Losanna. ©Keystone/Samuel Golay
Flavio Viglezio
27.10.2024 12:00

Ci risiamo. Non passa anno, a Lugano, senza una crisi che apra dubbi e quesiti sulle reali possibilità di crescita – all’insegna della continuità – della squadra bianconera. Arriveranno di sicuro tempi migliori, ma intanto i numeri di questo grigio autunno sono impietosi: dopo la disfatta di Davos, con il Losanna è arrivata la quarta sconfitta di fila (con un bilancio di quattro reti segnate e addirittura 20 subite...), la settima nelle ultime nove uscite.

Una strana atmosfera

Nella pancia della Cornèr Arena aleggiava una strana atmosfera, al termine della sfida con i vodesi. Nessuno, ovviamente, esultava per il risultato. Ma la soddisfazione per la reazione evidenziata all’indomani della disfatta grigionese è sembrata per certi versi esagerata. Finanche surreale, considerando la situazione in cui è andato a cacciarsi il Lugano. Un po’ come quando, nelle scorse settimana, si giustificavano le prime sconfitte con la convinzione di aver giocato meglio degli avversari e dell’ «abbiamo tirato di più». Daniel Carr invece non ci sta. Sembra avere un diavolo per capello, il canadese: «Meglio di Davos? Sì, ma questo non vuol dire nulla. La verità è che stiamo attraversando un momento davvero duro. Dobbiamo lavorare di più e meglio, soprattutto in un periodo in cui ci mancano diversi elementi importanti. È una questione di dettagli e faccio un esempio. Se vuoi segnare una rete, il passaggio deve essere più preciso, sulla paletta del bastone. Di questi tempi c’è troppa approssimazione». Già, ci mancava solo un’altra prestazione come quella di Davos: sarebbe stato imperdonabile. L’impegno – e ci mancherebbe altro – c’è stato, ma non è bastato per tornare a sorridere. Di questi tempi il Lugano evidenzia fragilità un po’ a tutti i livelli. Lacune che le tante assenze – contro il Losanna si sono infortunati anche Alatalo e Canonica – giustificano solo in parte. A livello di copertura difensiva e di cattiveria agonistica offensiva si può e si deve comunque pretendere di più. «Sì – prosegue Carr – lo sforzo collettivo c’è stato ma non basta. Siamo davanti a una scelta: o ci lasciamo andare o continuiamo a spingere sapendo che prima o poi ogni tempesta finisce».

La sfortuna sottovalutata

La sfortuna – ovvero gli infortuni – è il fattore scatenante del delicatissimo momento bianconero. La malasorte va però anticipata e combattuta, nel limite del possibile. È inconcepibile, per esempio, che una squadra che punta ad una qualificazione diretta ai playoff inizi il campionato con soli sei stranieri e che sia così stata costretta – viste le defezioni di Dahlström e di Zohorna – ad affrontare i vodesi con soli quattro import di movimento. Come è spesso accaduto nel recente passato – la scorsa stagione avrebbe dovuto insegnare qualcosa... – invece di agire il club bianconero reagisce cercando di mettere qua e là qualche toppa per chiudere le falle. È facile affermarlo adesso, ma l’infortunio a Thürkauf – anche e soprattutto per l’importanza del ruolo di primo centro – imponeva l’ingaggio di un sostituto straniero. Anche a costo di sacrificare per qualche settimana un fumoso Jiri Sekac, per esempio. Le possibili ripercussioni figlie dell’assenza del capitano sono invece state sottovalutate. E oggi alla Cornèr Arena – si attende l’arrivo in Ticino di Justin Schultz, come se il difensore canadese potesse indossare i panni del salvatore della patria.

Una frecciatina ai giovani

La sfortuna porta altresì alla luce i limiti di un roster quantitativamente e qualitativamente troppo corto. In difesa i bianconeri sono costretti ad affidarsi a due ragazzini come Leandro Hausheer e Nick Meile, quest’ultimo di sicuro promettente ma ancora troppo acerbo per questi livelli. Davanti invece giovani come Cormier, Zanetti, Patry, Aleksi Peltonen e Reichle marciano sul posto. O, peggio ancora, appaiono involuti rispetto alla scorsa stagione. È dunque impossibile pretendere che a fare la differenza siano sempre i soliti noti: Mirco Müller dietro, Joly, Carr, Arcobello e Fazzini davanti. «Questa – chiosa Carr – è un’occasione per i giovani, che devono però saper approfittare della situazione. Prendiamo l’esempio di Mark Arcobello: ha avuto la possibilità di giocare tante partite in NHL perché ha colto la sua occasione in AHL. Il successo non piove dal cielo, bisogna meritarselo». Amen.

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