Hockey

Lugano verso la maturità, Ambrì Piotta in cerca di identità

Analizziamo la partita e il momento di Ambrì Piotta e Lugano partendo dalle parole pronunciate dai tecnici Eric Landry e Tomas Mitell
Un contrasto tra in bianconero Sekac e il biancoblù Heed. ©Keystone/Andrea Branca
Flavio Viglezio
29.10.2025 22:30

«Ha da passa’ a nuttata», si dice a Napoli. Anche un derby è più facile da analizzare, a mente fredda, dopo qualche ora dalle forti emozioni del momento. Sì, deve passare la notte. La sostanza però non cambia: il Lugano ha ampiamente meritato il suo successo, soprattutto per come ha saputo gestire il secondo e il terzo tempo della sfida. Ciò che gli ha consentito di conquistare addirittura il suo quinto successo consecutivo. Dal canto suo l’Ambrì Piotta non ha sfigurato, ma si trova in mezzo al guado tra la precedente gestione di Luca Cereda e quella targata Eric Landry/Matte. Perché se è vero che i biancoblù hanno vinto quattro delle ultime sette partite, hanno perso tre degli ultimi quattro incontri disputati. Ed allora, proprio partendo da alcune dichiarazioni dei tecnici di Ambrì Piotta e Lugano, andiamo ad analizzare il secondo derby stagionale in un contesto più generale, che possa dare qualche indicazione sul prosieguo della stagione.

TOMAS MITELL

«Non ero molto soddisfatto dopo il primo tempo: eravamo lenti nelle battaglie e lenti in fase di recupero del puck. Dobbiamo però fare i complimenti all’Ambrì Piotta, che ha iniziato il derby spingendo molto…»
Questo è un Lugano nuovo, che sa resistere ai momenti di difficoltà. L’Ambrì è partito meglio, ma i bianconeri non si sono mai lasciati prendere dal panico e anche nel primo periodo anno avuto le loro occasioni per pareggiare. Lascia ben sperare la gestione delle varie situazioni, anche e soprattutto quando il “momentum” ce l’ha la squadra avversaria. Nonostante abbia trovato ora il modo per andare in gol con regolarità, la base del gioco bianconero rimane la solidità difensiva. Nelle ultime cinque uscite il Lugano ha concesso solo cinque gol, dandosi così sempre la possibilità di uscire dal ghiaccio con i tre punti. Ed ora ha la seconda miglior difesa del campionato, dietro al solo Davos e a parimerito con gli ZSC Lions.

«Nel secondo e nel terzo tempo abbiamo controllato meglio la partita e abbiamo meritato di vincere. Vogliamo crescere ogni giorno di più. Avevamo lavorare bene anche in agosto e in settembre: adesso abbiamo raggiunto un buon livello, ma c’è margine per migliorare».
n queste ultime cinque uscite – e ci mettiamo anche quella persa con il Davos – il Lugano ha impressionato per la capacità di cambiare ritmo nei momenti topici della partita. Significativo l’uno-due piazzato alla Gottardo Arena nelle prime fasi del periodo centrale, ancora di più il deciso cambio di ritmo che ha messo in chiara difficoltà l’Ambrì Piotta nel terzo tempo. Vero, la differenza il Lugano l’ha fatta negli ultimi sette-otto minuti, ma il gol del vantaggio era nell’aria già da un po’.

«Siamo in fase di ricostruzione. Se ne perdi due o tre di fila ti ritrovi ai piedi della scala».
Tomas Mitell ora è costretto a fare il pompiere – oltre che l’allenatore – per frenare l’entusiasmo che sta avvolgendo tutto l’ambiente bianconero. Vero, il sesto posto è ormai vicinissimo, ma il lavoro da compiere è ancora lungo per pretendere di issarsi tra le migliori del campionato. In particolare il Lugano deve insistere su un power-play altamente deficitario. Anche in Leventina, in superiorità numerica, i bianconeri non hanno cavato un ragno dal buco e rimangono ultimi nella speciale classifica con una percentuale - bassissima – del 12,24%. È impossibile pensare di scalare ulteriormente la classifica con un power-play che non funziona affatto.

«Tutti hanno lavorato l’uno per l’altro. È il gruppo che fa la differenza».
Sì, è il collettivo che sta esaltando le individualità. Basti pensare alla crescita di difensori come Aebischer e/o Dahlström e i portieri – preoccupazione estiva di molti – stanno rispondendo presente. Schlegel ha una percentuale di parate del 92,4%, van Pottelberghe del 90,91%. Il Lugano ha trovato un suo equilibrio anche a livello di terzetti offensivi – si è svegliato dal torpore anche Brendan Perlini - ma ora sta per arrivare l’incognita Linus Omark. Se lo svedese deciderà di rimanere a Lugano, Mitell potrà lavorare sulla continuità, fermo restando che dovrà trovare la giusta collocazione a Mike Sgarbossa. Se invece Omark deciderà di tornare in patria, ecco che il tecnico svedese si vedrà costretto a costruire nuove dinamiche tra i terzetti. Anche e soprattutto perché Omark è un’ala, mentre Sgarbossa è un centro.

ERIC LANDRY

«Abbiamo tenuto bene il ghiaccio per 50’, dove ci sono state occasioni da entrambe le parti. Non mi sono piaciuti gli ultimi dieci minuti,ma fino al 50’ non c’era questa grande differenza, dopo due tempi la situazione era di perfetta parità».
Ha ragione, il coach biancoblù, ma solo in parte. In effetti l’Ambrì Piotta è rimasto in partita fino a pochi minuti dalla terza sirena, ma già a partire dal secondo periodo il Lugano aveva preso in mano la partita. E tutto il terzo tempo è stato un dominio bianconero. In altre parole, i leventinesi non sono in crisi, ci mettono impegno e abnegazione, ma non hanno ancora trovato una propria identità dopo il passaggio dalla gestione Cereda a quella di Landry e Matte.

«Non è il momento per cambiare tutto, dobbiamo fare punti contro chiunque sia possibile. Sono contento delle situazioni speciali, dobbiamo lavorare soprattutto sul cinque contro cinque».
In effetti sarebbe controproducente cercare in questo momento di stravolgere il sistema di gioco dell’Ambrì Piotta. È giusto puntare sulla continuità, con l’aggiunta o la modifica di alcune situazioni tattiche secondo il credo hockeistico del nuovo duo di allenatori. È innegabile che l’assenza di Formenton – arriverà a breve un sostituto di Nic Petan? – abbia influito sul potenziale offensivo leventinese nel derby, ma una formazione come quella biancoblù ha assolutamente bisogno di più leader offensivi. Chris DiDomenico ha disputato un derby anonimo ed è ancora a secco di reti in campionato, Tierney ha fornito impulsi positivi, ma non è uno scorer. Se si blocca anche Michael Joly – per nulla in evidenza con il Lugano – sono insomma guai. Anche perché i biancoblù non hanno punte di diamante con il passaporto rossocrociato, in grado di risolvere le partite. Certo, Zwerger è già a quota otto reti, ma non si può pretendere che sia sempre l’austriaco a togliere le castagne dal fuoco. L’Ambrì Piotta deve lavorare sul rendimento dei singoli di maggior spessore – lo ribadiamo, DiDomenico in primis – chiamati a prendere per mano la squadra nei momenti di difficoltà.

«A volte siamo contenti di certe giocate. In questa occasione ha preso (Tim Heed, ndr.) la decisione sbagliata al momento sbagliato».
In effetti l’errore del terzino svedese – che ha di fatto deciso il derby – è piuttosto clamoroso. Ma non più di quel tanto, a guardare bene. Il problema è noto, ma il Leventina si fa finta di niente. Heed (24’12’’ a partita) e Virtanen (24’24’’) sono i due giocatori più utilizzati di tutto il campionato. È quasi scontato che possano peccare di lucidità nelle fasi calde delle partite. Come è appunto accaduto a Heed nell’ultimo periodo del derby. L’errore fotografa bene la situazione. Nella statistica individuale dei + e -, dei 374 giocatori scesi in pista quest’anno in NL Heed è penultimo con un agghiacciante -16. Virtanen è 371. con un -13. L’ultimo della classifica? Chris DiDomenico (-17). C’è di che riflettere, pensando anche al poco tempo di ghiaccio ricevuto per esempio da un Simone Terraneo o al fatto che – nonostante l’infortunio di Jesse Zgraggen – Rocco Pezzullo non sia stato richiamato dal Visp. Il buon Rocco è davvero più debole degli altri difensori rossocrociati dell’Ambrì?

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