Ambrì Piotta

Lukas, il ragazzo dei gol decisivi che pattinava sul canale ghiacciato

Il più giovane dei Landry biancoblù si racconta, tra reti importanti, ricordi d'infanzia e storie di famiglia: «A casa si parla di hockey solo quando io e Manix giochiamo a NHL sulla PlayStation. E vinco sempre io»
© CdT/Gabriele Putzu
Fernando Lavezzo
20.11.2025 06:00

Sul ghiaccio della Gottardo Arena, 15 minuti dopo l’allenamento, rimangono solo loro due: Manix e Lukas. I due fratelli del Québec si scambiano il disco, segnando nella porta vuota. Proprio come facevano da bambini, a Gatineau, immaginando una telecronaca in sottofondo: «Landry passa a Landry, tiro, gol!».

Al posto giusto

Lukas, 20 anni, sta crescendo in fretta. Ingaggiato a fine estate, si è subito ritagliato un posto in squadra. A volte tredicesimo attaccante, a volte più in su. Quasi mai in tribuna. In 23 partite ha segnato 3 reti. Tutte decisive. Da quando papà Eric ha preso il posto di Luca Cereda, Lukas gli ha regalato 9 punti a suon di game winning goal: a Zurigo, a Kloten e infine sabato contro il Friburgo. «Ma io non mi sento mica così decisivo», ci dice il numero 37. «Quelle tre vittorie le ha ottenute la squadra con un grande sforzo collettivo, io ero soltanto al posto giusto, nel momento giusto». Al posto giusto, sì. Contro gli ZSC Lions, Lukas era sulla traiettoria di un tiro di Heim: deviazione casuale e imparabile. Contro gli aviatori, invece, ha sfruttato un lancio di Diego Kostner per colpire in «shorthand». Contro il Gottéron, infine, ha segnato... di testa, con il disco in versione «pallina rimbalzina». «I compagni mi hanno preso in giro, dicendomi di darmi al calcio», racconta Lukas divertito. «Ovviamente ho avuto fortuna, sono andato nello slot per creare trambusto dopo il palo colpito da De Luca e non mi sono accorto di dove fosse finito il disco. Vedendo Kostner esultare, ho pensato che il gol fosse suo. E invece era mio».

Impatto positivo

Lukas ha una bella parlantina, ma anche tanta modestia: «Siamo quasi a metà della mia prima stagione tra i professionisti e il mio bilancio personale è tutto sommato positivo. Ci sono stati degli alti e bassi e so di dover continuare a lavorare sodo per potermi stabilizzare in questa lega. Rispetto a metà settembre, mi sento più a mio agio. Qui si gioca un hockey velocissimo e per chi, come me, è abituato alle piste piccole, va messo in conto un periodo di adattamento». Con un fratello in pista e un genitore in panchina, adattarsi è stato un po’ più facile: «Non avevo mai avuto mio papà come allenatore e devo dire che stiamo riuscendo a mettere in pratica quanto ci eravamo detti a inizio stagione: a casa siamo padre e figlio, in pista siamo coach e giocatore. Vederlo all’opera come capo insieme a René Matte, dopo la partenza di Cereda, non ha cambiato la percezione che avevo di lui. È sempre lo stesso di prima».

Lontani, ma uniti

Lukas abita a Giubiasco insieme a papà Eric e a Manix: «Non è scontato, per un giovane giocatore professionista, poter vivere con la propria famiglia. Io lo considero un privilegio, insieme ci divertiamo molto. A casa, l’unico momento in cui si parla di hockey è quando io e mio fratello ci sfidiamo alla PlayStation con il gioco della NHL. Per non litigare, scegliamo le squadre casualmente. E alla fine vinco sempre io». Il resto della famiglia Landry è rimasto in Canada: «A Gatineau vivono mia mamma e mia sorella gemella Fée Ann», spiega Lukas. «Dopo due anni trascorsi a Drummondville, a nord-est di Montréal, la scorsa stagione ho giocato con i Gatineau Olympiques, la locale squadra di QMJHL, ed è stato bello poter tornare ad abitare ancora una volta con loro due e con mio nonno prima di trasferirmi in Svizzera. Mi mancano molto. E mi manca andare nella vicina Ottawa a bere una cioccolata calda pattinando sul Canal Rideau, che nei rigidi inverni canadesi si ghiaccia, diventando una via di transito da percorrere sulle lame». La migliore sulle lame, in famiglia, è Fée Ann, grande speranza del pattinaggio artistico canadese: «Io, Manix e papà seguiamo le sue gare a distanza e restiamo i suoi più grandi tifosi. Sta ottenendo ottimi risultati e spero che continui così. La ammiro molto, non è facile praticare uno sport individuale ad alti livelli, in cui si è spesso soli con sé stessi e in cui tutto si gioca in pochi minuti. Anch’io da piccolo ho iniziato a pattinare con le lame da artistico, ma preferisco non cimentarmi in salti e piroette». Papà allenatore, fratello attaccante, sorella pattinatrice. La mamma di Lukas, invece, è ai piani alti della polizia di Gatineau: «Con lei, da piccoli, bisognava rigare dritto per forza, ma è stato meglio così. Conoscevamo i limiti e li rispettavamo. Di zone grigie, in casa, non ce ne sono mai state», racconta il 20.enne biancoblù. «Visti gli impegni professionali, mamma non può seguire tutti gli allenamenti di mia sorella, ma non si perde mai una sua gara. E poi si mette davanti allo schermo a guardare le partite dell’Ambrì Piotta».

Ricordi grigionesi

Tra i luoghi preferiti dei Landry c’è Davos. Nella località grigionese, la famiglia québécoise è stata quattro volte per la Spengler giocata da papà Eric (nel 2003 con i padroni di casa, nel 2004 e nel 2010 con il Team Canada, nel 2008 con la Dynamo Mosca) e per quelle più recenti vissute dall’Ambrì. Stasera, i leventinesi saranno di scena proprio a Davos: «C’è una foto del 2008 che mi ritrae con papà, con Manix e con il trofeo, tutti con la maglia della Dynamo. Avevo solo tre anni, i miei ricordi non sono nitidi, ma rammento di aver sollevato la coppa. Torno volentieri nei Grigioni, trascorrere il Natale lì era una sorta di tradizione. Sarà molto speciale giocare in quella pista con la maglia dell’HCAP, al fianco di Manix e con papà in panchina». Per rendere tutto più magico, è stata annunciata la neve. Per conquistare la vittoria in casa della capolista, invece, potrebbe servire una rete di Lukas Landry, il ragazzo dei game winning goal.

Eric Landry con i figli Lukas e Manix dopo la vittoria della Coppa Spengler 2018. © Keystone/Salvatore Di Nolfi
Eric Landry con i figli Lukas e Manix dopo la vittoria della Coppa Spengler 2018. © Keystone/Salvatore Di Nolfi