Matteo Nodari: «Mi piace questo campionato, ci sono sempre molte sorprese»

Da giocatore a attento osservatore, il passo è breve. Da attento osservatore a commentatore tecnico, per rimanere nel giro, lo è altrettanto. Due stagioni fa Matteo Nodari – dopo più di 800 partite in Lega Nazionale – annunciava il suo ritiro. Forse con un pizzico di nostalgia, ma senza traumi. È cambiata, la vita dell’ex difensore di Lugano, Losanna, Rapperswil e Kloten. L’hockey è diventato un passatempo, da analizzare e commentare – a volte, come detto – in televisione. «Ormai – spiega Nodari – sono concentrato soprattutto sul mio lavoro nel settore bancario. Lavoro come consulente alla clientela presso la Raiffeisen di Savosa».

Nuovi stimoli
Ha preso una decisione ponderata, Nodari. Una decisione che non lascia spazio ai rimpianti. Anzi. «A dire il vero io stesso desideravo allontanarmi un po’ dal mondo dell’hockey dopo la mia ultima espertienza a Kloten. Mi sono guardato attorno e – anche grazie al fatto di aver conseguito una maturità commerciale – ho avuto appunto l’opportunità di entrare nel settore bancario. Grazie a Jonathan Sala – responsabile del centro servizio clienti della Svizzera italianadi Raiffeisen e da sempre grande amante dell’hockey – mi sono tuffato in questa nuova avventura. Dapprima sono stato impiegato nella consulenza telefonica, mentre da due settimane sono diventato a tutti gli effetti consulente alla clientela privata. È un’attività che mi piace, a stretto contatto con la gente».No, non manca l’hockey giocato, a Matteo Nodari: «Già nel corso della mia ultima stagione a Kloten, ho iniziato ad avvertire il bisogno di guardarmi attorno. Quando gli aviatori mi hanno comunicato che non mi avrebbero prolungato il contratto, ho risposto che anche da parte mia c’era il desiderio di fare qualcosa d’altro. Forse non avevo più voglia di fare quella vita, bellissima da un lato, ma dall’altro anche stressante, soprattutto quando si ha una famiglia numerosa e si arriva ai 37 anni».A dire il vero, un piede nell’hockey Nodari l’ha tenuto: «Sì, sono spesso alla Cornèr Arena per guardare uno dei miei quattro figli, che gioca con la Under 12 del club bianconero (sorride, NdR). A parte ciò, ho portato a termine un CAS (certificato di studi avanzati) in sport management presso l’Univeristà di San Gallo. L’ho fatto perché l’hockey rimane la mia passione, ma non ho l’intenzione di diventare un direttore sportivo, un allenatore o un agente di giocatori. Quello che svolgo adesso mi soddisfa e poi ci sono gli impegni familiari. Mia moglie – che lavora nel settore del fitness – è pure molto impegnata e allora ci aiutiamo a vicenda con i nostri figli. Diciamo che è un diploma che tengo nel cassetto: come ho detto, sono contento di averlo ottenuto».
Ruolino impressionante
«L’hockey è la mia passione», dice Nodari. L’ex terzino segue allora con interesse le vicende del campionato. Tra gli aspetti che lo hanno fin qui maggiormente colpito, c’è l’impressionante marcia del Davos: «Mi piace questo campionato e, come spesso accade, c’è una squadra che riesce a sorprendere in positivo. Quest’anno questo ruolo è per ora toccato ai grigionesi, che stanno mantenendo un ruolino impressionante. Posso dire che ai miei occhi il Davos è una sorpresa... a metà. Josh Holden è infatti un ottimo allenatore, oltretutto molto carismatico. La sfida che attende adesso i grigionesi è legata alla stabilità e alla continuità: stanno costruendo qualcosa di importante, sarà interessante osservare se questa crescita si confermerà in questa ma anche nelle prossime stagioni».
La calma di Mitell
Ha girato la Svizzera, Matteo Nodari. Il Lugano rimane il club del suo cuore, quello che l’ha formato e lanciato. Tra le parti non tutto è sempre filato liscio: nulla di grave, sono cose che fanno parte del business dell’hockey e che hanno appunto portato Nodari a maturare esperienze importanti anche lontano dal Ticino. Guarda insomma con attenzione il cammino della formazione bianconera: «Ad essere sincero, sono rimasto un po’ sorpreso dal salto di qualità effettuato dal Lugano. Significa che lo staff tecnico sta svolgendo un ottimo lavoro. Ritengo che a fare la differenza sia stata ed è la calma di Tomas Mitell. Non si è lasciato prendere dal panico ed ora c’è un clima di grande fiducia nel gruppo e in tutto l’ambiente bianconero. Grazie a Mitell, diversi elementi che lo scorso anno non avevano reso sono entrati in una nuova dimensione: penso per esempio a Dahlström o a Aebischer. Il miglior allenatore è quello che sa relazionarsi nel modo giusto con ogni giocatore: alcuni hanno bisogno del bastone, altri della carota».Il modo di porsi di un coach è dunque di fondamentale importanza. «Assolutamente sì. Anche a Losanna la situazione è migliorata di molto da quando in panchina c’è Geoff Ward. Personalmente ho vissuto una situazione analoga a Kloten, con Jeff Tomlinson. Un coach deve fungere anche da psicologo: se ci riesce nel modo giusto, un giocatore sarà sempre dalla sua parte».
Altalena biancoblù
Guarda con interesse anche alle vicende biancoblù, Nodari. Come tutti – o quasi tutti – è colpito dalla difficoltà nel trovare una vera e propria continuità. Di prestazioni e di risultati. «Sì, ad oggi ho visto un Ambrì dal rendimento piuttosto altalenante. Ritengo che, più che altro, ci siano da correggere soprattutto gli errori individuali che spesso i leventinesi pagano a caro prezzo. Penso anche alla fase offensiva, dove in alcune circostanze manca un po’ di cinismo. Forse Formenton – che ora ha firmato fino al termine della stagione – riuscirà a trasformare maggiormente in rete le tante occasioni che si procura. La pressione della classifica? Beh, tutti i giocatori la guardano, anche se spesso affermano il contrario. Ed è chiaro che, quando devi vincere ad ogni costo, il nervosismo aumenta».
Un ruolo divertente
Non è raro, di questi tempi, ammirare Nodari nelle vesti di consulente tecnico in televisione. Un ruolo che diverte l’ex difensore. «Sì, mi piace farlo, perché dopo tanti anni in pista credo di sapere cose succede in pista, dall’altra parte dello schermo. Non amo criticare o giudicare gratuitamente, anche se quando c’è un errore è giusto farlo notare. Ma mi piace lo sport e trovo bello – in un certo senso – mettere la mia esperienza a disposizione di chi guarda l’hockey in televisione. Mettendo a volte in evidenza quei piccoli dettagli non facili da rilevare in una disciplina così veloce».
