Il caso

Quando il coach fatica 
a stare al passo con i tempi

In NHL l’ormai ex allenatore dei Columbus Blue Jackets, Mike Babcock, è stato costretto
a dare le dimissioni per aver chiesto al capitano della squadra di mostrargli le foto sul cellulare
– Sulle panchine svizzere è in atto un cambio generazionale, forse non solo per questioni sportive
Il 60.enne tecnico Mike Babcock è finito nell’occhio del ciclone in NHL. Reuters/Kyle Robertson
Flavio Viglezio
21.09.2023 06:00

C’erano una volta gli allenatori di calcio – chissà se qualcuno lo fa ancora… - che la sera chiamavano i loro giocatori per assicurarsi che fossero a casa e non in giro a fare festa. Raccontava il compianto Sinisa Mihajlovic che ai tempi della Roma il vecchio esergente di ferro Vujadin Boskov faceva spesso i complimenti all’argentino Claudio Caniggia, sempre reperibile e dotato quindi di un grande senso della responsabilità, al contrario di molti suoi compagni. Quel che Boskov non sapeva, era che Caniggia – tra i primi a possederlo – aveva dato al tecnico il numero del suo telefono cellulare e non quello di casa…

Sì, i tempi sono decisamente cambiati. Anche se gli allenatori vulcanici e a volte sopra le righe – anche in maniera divertente e simpatica – ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Come dimenticare quando Arno del Curto – alla Cornèr Arena, davanti alle telecamere di Teleticino – obbligò di fatto l’imbarazzatissimo Gregory Hofmann a confessare il suo imminente passaggio dal Davos al Lugano?

Nel dorato mondo della NHL negli scorsi giorni è scoppiato un caso proprio all’inizio dei campi di allenamento in vista del prossimo campionato. E di mezzo c’è ancora un cellulare. Il 60.enne coach dei Columbus Blue Jackets Mike Babcock – la franchigia in qui milita Elvis Merzlikins – vincitore della Coppa Stanley nel 2008 con i Detroit Red Wings, è stato di fatto costretto a dare le dimissioni dopo che si è saputo (dai media, altro cambiamento epocale rispetto al passato) della sua richiesta al capitano Boone Jenner e ad alcuni suoi compagni di mostrargli le foto del cellulare, «per vedere che tipo di persona sei».

In Nordamerica non si scherza con le questioni legate alla privacy ed allora è scoppiato un vero e proprio polverone. Tanto che, appunto, Babcock è stato costretto a gettare la spugna. «Dopo un’attenta riflessione – ha fatto sapere l’esperto coach – è stato chiaro che continuare sarebbe stato troppo complicato. Sono deluso di non poter portare avanti il lavoro iniziato, ma so che è nell’interesse dell’organizzazione che io mi faccia da parte».

E pure il general manager dei Blue Jackets, il finlandese Jarmo Kekalainen, non ha di certo pianto per la decisione presa dal suo ormai ex tecnico: «È stata una decisione difficile ma necessaria per la concentrazione dei giocatori in vista della stagione».

Non sono poi servite a molto le dichiarazioni dello stesso Jenner, che ha parzialmente preso le difese di Babcock: «Durante un meeting il coach mi ha chiesto della mia famiglia, del mio prossimo matrimonio e delle mie origini. In seguito mi ha domandato se avessi qualche fotografia della mia famiglia e gliene ho mostrata qualcuna con piacere. E il coach mi ha fatto vedere qualche foto della sua famiglia. Quel che successo in seguito ha preso delle proporzioni esagerate». Dichiarazioni che non hanno placato l’ira della NHLPA. «I nostri giocatori – ha tuonato Marty Walsh, direttore esecutivo dell’associazione dei giocatori della NHL – meritano di essere trattati con rispetto. E questo non è stato il caso a Columbus. La decisione di proseguire con un nuovo allenatore è stata la migliore che i Blue Jackets potessero prendere».

A dire il vero non è la prima volta che Babcock finisce nell’occhio del ciclone a livello di relazioni personali con i suoi giocatori. Indipendentemente da ciò che è realmente accaduto, il caso evidenzia quanto possa essere difficile – per gli allenatori di una certa generazione- adeguarsi ai tempi che corrono per quel che concerne il rapporto con i propri giocatori. E non è probabilmente un caso che anche nel nostro campionato si sia assistito – negli ultimi anni – ad un chiaro cambio generazionale in panchina. Per gli allenatori più esperti – chiamiamoli così – c’è sempre meno spazio. Forse non solo, allora, per le idee prettamente hockeistiche. L’età media dei coach attivi nella NL svizzera è di 48 anni. Il più giovane – e di gran lunga – è il bianconero Luca Gianinazzi (30), seguito dal biancoblù Luca Cereda (42). Sono solo 2 gli allenatori che hanno superato i 60 anni: Marc Crawford degli ZSC Lions (62) e Geoff Ward del Losanna (61). Due nordamericani con un passato nella NHL, proprio come Mike Babcock. Nel nostro campionato “mostri sacri” come Arno Del Curto (67 anni), Larry Huras (68) o ancora Chris McSorley (61) si sono ritirati dalla scena o sono fisiologicamente usciti dal giro. Sì, i tempi sono cambiati.

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