Hockey su ghiaccio

Quel fenomeno russo che esaltò la Valascia

Chiacchierata con Valeri Kamensky, indimenticato idolo biancoblù, oggi dirigente in KHL
Filippo Lombardi, presidente dell’Ambrì Piotta, con Valeri Kamensky. (Foto Archivio CdT)
Romano Pezzani
16.03.2019 06:00

LUGANO - Nel 2014 non aveva voluto mancare ai festeggiamenti di Svizzera e Russia per i 200 anni di relazioni diplomatiche. Valeri Kamensky scese sul ghiaccio di Bellinzona unitamente ad altre leggende sovietiche come Bure, Fetisov, Kasatonov e Bykov per affrontare i veterani dell’Ambrì Piotta in una sfida dagli alti contenuti emotivi. A qualche anno di distanza, lo abbiamo raggiunto per una chiacchierata. «Sono amico di Filippo Lombardi, che tanto si prodiga per i rapporti con il nostro Paese, e in quell’occasione accettai con grande piacere il suo invito. Il Ticino mi manca», confessa l’idolo, ancora oggi, dei tifosi biancoblù.

Passione e competenza rossoblù

Kamensky, uomo che ha conquistato la National Hockey League per la sua intelligenza e il suo «savoir faire», oltre che per le sue indiscusse doti tecniche, ha vissuto serenamente l’esperienza ticinese del «lockout». «La vostra gente – sottolinea l’ex numero 13 – apprezza l’hockey e lo vive a 360 gradi grazie alla rivalità Ambrì-Lugano, ma sa cogliere il messaggio più importante che è quello della passione e della competenza che fa crescere il gioco a livello generale. La Svizzera ha progredito con l’aiuto del Ticino. E il vostro hockey è cresciuto a dismisura fino a raggiungere un livello internazionale mai visto. Il segreto è la preparazione già a partire dai settori giovanili, che è ottima».

Il figlio di Kamensky (oggi trentenne) aveva scelto proprio il Ticino per la sua formazione. «Victor – precisa orgoglioso – ha studiato a Lugano ed ha giocato per divertimento nei GDT Bellinzona. È stata un’esperienza sicuramente positiva che lo ha fatto maturare per affrontare nuove sfide professionali all’estero. Desidero ringraziare Sergio Gobbi e la sua famiglia che sono stati un punto di riferimento importante per me e mia moglie, oltre che dei veri amici».

Un campione in carriera

La nuova attività di papà Valeri ha segnato la svolta nel 2014, quando è entrato a far parte del Consiglio di amministrazione della Kontinental Hockey League. «Mi appassiona questa mia funzione – dice un fiero Kamensky – perché ho sempre aspirato a proseguire la mia carriera con un ruolo dirigenziale. Sono qui a Mosca da cinque anni e sono presidente del comitato per lo sviluppo e della commissione disciplinare della KHL».

Il suo pattinaggio è stato giudicato fra i migliori al mondo e ancora oggi la NHL si ricorda delle sue prodezze. «Fa piacere che il mio stile di gioco e le mie vittorie abbiano segnato un’epoca, perché ti rendi conto di aver dato qualcosa di importante ai tifosi e soprattutto ai giovani. Confesso che sovente mi siedo sul divano a riguardare le mie reti perché mi trasmettono sempre belle emozioni».

Un gol storico da copertina

Un suo gol, che va rivisto su youtube, è addirittura diventato nel 1998 la «cover» di un videogioco. «Da molti viene considerato prestigioso come la prodezza di Diego Armando Maradona ai Mondiali di calcio del Messico nel 1986 ed io ne sono chiaramente onorato. Un attaccante non deve comunque fare distinzioni, deve sempre mettere il disco in fondo alla gabbia, con o senza stile, non importa». Ma qual è la squadra che pratica attualmente il miglior gioco? «Sono rimasto un offensivista e credo che i grandi tornei come le Olimpiadi o i Mondiali presentino sempre delle nazionali che prediligono questi schemi. Russia e Canada sono un palmo su tutte, anche perché hanno due giocatori straordinari come Ovechkin e Crosby».

Anche Valeri Kamensky era decisivo e i suoi successi sono indelebili. «L’oro olimpico di Calgary del 1988 fu qualcosa di speciale perché era il coronamento della forza del CSKA di Mosca, dove avevo giocato fino al 1991. Tre titoli mondiali con l’Unione Sovietica sono stati un grande traguardo, ma l’apoteosi è giunta con la Stanley Cup del 1996 con Colorado. Inoltre, far parte del Triple Gold Club (che include i vincitori di Olimpiadi, Mondiali e Stanley) è un grande onore».

«Ad Ambrì era un periodo fantastico»

Valeri Kamensky alla Valascia. Sogno. No, realtà. Era l’autunno del 1994 e l’attaccante degli allora Nordiques di Québec rivela oggi: «Sono venuto ad Ambrì per la forte presenza di giocatori russi, oltre naturalmente al coach Jakushev, ma il progetto che mi aveva convinto è stato quello di Sergio Gobbi, un ottimo agente di hockey».

Gobbi, che dal 1990 al 1996 aveva ricoperto la carica di commissario tecnico dell’Ambrì, è un estimatore dei fuoriclasse sovietici, in particolare di Valeri Kamensky. «Era un miraggio. Lo avevo conosciuto ai Mondiali del 1990 di Berna, ma i tempi non erano maturi. È rimasto a lungo sul nostro taccuino, anche lui aveva il desiderio di venire in Leventina. Poi si infortunò Kvartalnov e tornammo alla carica proprio durante il lockout della NHL. Trovammo un accordo con un compenso a partita grazie alla sua disponibilità e alla sua fiducia. Prese il primo aereo e ci raggiunse».

Fu amore a prima vista, tanto che Kamensky si adattò subito alla nuova realtà, inanellando una lunga serie di vittorie. «Fu un periodo fantastico – dice il leggendario numero 13 – che ricordo ancora oggi con emozione. L’allenatore Jakuschev e i compagni russi Kvartalnov e Fedulov avevano facilitato il mio inserimento, ma tutto l’ambiente era splendido. Peter Jaks, Keith Fair, Brenno e Nicola Celio, Luca Viganò, Rick Tschumi, Tiziano Gianini, erano giocatori di grande personalità».

Sergio Gobbi aveva tentato il colpaccio preparando una bozza di accordo per la stagione successiva, ma i Colorado Avalanche prelevarono dai Nordiques di Québec il fuoriclasse russo, che qualche tempo dopo, nel 1996, andò a vincere la Stanley Cup. «In questo genere di trattative – conclude Gobbi – contano anche gli intermediari, come quando riuscimmo a portare l’icona Vladislav Tretjak alla Valascia per un campo d’allenamento per i nostri portieri. La scelta di Valeri fu logica e sono contento che abbia vinto la Stanley». Kamensky è sempre rimasto vicino all’Ambrì Piotta grazie anche al rapporto di amicizia che lo lega dal 1994 all’ex commissario tecnico biancoblù.

Triple Gold Club per 28 eletti

Più di 15.000 giocatori hanno tentato di vincere il titolo mondiale dal 1930. Più di 9.000 hanno sognato di alzare la Stanley Cup dal 1893. Più di 4.000 hanno inseguito la medaglia d’oro alle Olimpiadi dal 1928. Solo 28 campioni sono riusciti a fare la tripletta, entrando nel prestigiosissimo «Triple Gold Club» riconosciuto a livello planetario. E fra questi c’è Valeri Kamensky, uno dei sette russi sulla lista insieme a Igor Larionov, Vyacheslav Fetisov, Alexander Mogilny, Alexei Gusarov, Vladimir Malakhov e Pavel Datsyuk.

Completano l’elenco dorato dieci canadesi (Rob Blake, Joe Sakic, Brendan Shanahan, Scott Niedermayer, Chris Pronger, Jonathan Toews, Patrice Bergeron, Sidney Crosby, Corey Perry e il coach Mike Babcock), nove svedesi (Tomas Jonsson, Mats Näslund, Hakan Loob, Peter Forsberg, Nicklas Lidstrom, Fredrik Modin, Niklas Kronwall, Henrik Zetterberg e Mikael Samuelsson) e due della Repubblica Ceca (Jaromir Jagr e Jiri Slegr).

Un trascinatore

Valeri Viktorovich Kamensky, nato il 18 aprile 1966 a Voskresensk, nella vecchia Unione Sovietica, è considerato un mito dell’hockey, tanto che il suo nome figura nel «Triple Gold Club» tra coloro che hanno vinto Olimpiadi, Mondiali e Stanley Cup. In carriera ha giocato 703 partite di NHL (225 reti e 336 assist) con Québec, Colorado, New York Rangers, Dallas e New Jersey. Di ruolo ala sinistra, Kamensky è stato un trascinatore anche della sua nazionale.

Un mito in valle

Durante il primo storico lockout della NHL, nel 1994, è arrivato ad Ambrì, dove ha disputato 12 incontri (13 gol, 6 assist) per la delizia del pubblico di fede biancoblù e di tutti gli appassionati di hockey.

In carriera, il russo ha vinto un’Olimpiade (Calgary 1988), tre Campionati del mondo (1986, 1989 e 1990 con l’URSS) e una Stanley Cup nel 1996 con i Colorado Avalanche. Valeri Kamensky ha vestito anche la maglia di Chimik Voskresensk e CSKA Mosca.

Dietro la scrivania

Oggi è un massimo dirigente della KHL, la Kontinental Hockey League composta da 27 squadre provenienti da Russia, Bielorussia, Cina, Finlandia, Kazakistan, Lettonia e Slovacchia per quello che per importanza e prestigio è considerato il secondo campionato al mondo dopo la NHL.