Il personaggio

René Fasel, Putin e la guerra: «È un amico, ma non voglio essere etichettato»

Lo svizzero, ex presidente della Federazione internazionale di hockey, ha rotto il silenzio dopo tanto, tantissimo tempo: «Investire nello sport non significa sostenere qualcuno o qualcosa, sono contro tutti i conflitti»
Red. Online
09.05.2025 21:30

Dopo un lungo, lunghissimo silenzio, René Fasel è tornato a parlare. Lo ha fatto accordando un'intervista al quotidiano friburghese La Liberté. Lo svizzero, ex presidente della Federazione internazionale di hockey (IIHF), ritiene di aver pagato in maniera eccessiva per i suoi rapporti con la Russia. Fasel, ricordiamo, aveva lasciato il suo incarico in seno alla IIHF nel 2021, dopo 27 anni di presidenza, accettando poco dopo l'offerta della ricca KHL russa: la presidenza di un gruppo di esperti sull'arbitraggio. Nel marzo del 2022, in seguito all'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca, lo stesso Fasel aveva dichiarato a Keystone-ATS, mentendo, di non aver accettato alcun incarico in Russia.

«I miei amici russi avevano bisogno di aiuto e da tempo era previsto che mi impegnassi con loro» ha spiegato ora Fasel. «In uno spirito di lealtà, non potevo certo deluderli». Nel 2021, le azioni del presidente bielorusso Alexander Lukashenko portarono alla cancellazione di una parte dei Mondiali, quella prevista a Minsk, spostando l'intera competizione a Riga, in Lettonia. Una settimana prima della decisione della IIHF, Fasel era stato immortalato in un abbraccio con Lukashenko. Un danno d'immagine enorme, per lui, e di riflesso per la Federazione che, tuttavia, rimase ferma nel togliere a Minsk la sua parte di torneo. 

Fasel, in possesso della cittadinanza russa, ha ammesso di non aver mai pensato, in seguito alla guerra, di rinunciare al passaporto della Federazione Russa: «Alcuni buoni amici mi hanno consigliato di rinunciare al mio passaporto russo. Non avrei mai potuto farlo». Non dopo averlo chiesto e ottenuto. Fasel, friburghese, ha spiegato che il passaporto gli facilita e non poco le cose in Russia. In ogni caso, l'ex dirigente ha ribadito di essere un uomo di pace. Per dire: ha rivendicato il fatto di aver unito le giocatrici di hockey delle due Coree sotto la stessa bandiera a Pyeongchang, nel 2018. «Lo sport serve a unire le persone, non a separarle. Mi piace fare da tramite fra due parti opposte. Ne ho fatto il mio cavallo di battaglia nei miei 27 anni alla IIHF». 

A pesare, però, è soprattutto il suo rapporto personale con Putin: Fasel, in questo senso, ha detto che l'origine della sua amicizia con il presidente russo risale al 1999. «Le nostre discussioni vertevano tutte sull'hockey e sul suo sviluppo. Abbiamo giocato a hockey insieme e ci siamo fatti molte risate. Il rapporto esiste e non cambio idea al riguardo». Un amico resta un amico, anche se è un dittatore e ha invaso un Paese sovrano. Molti, non a caso, si sono espressi contro Fasel quando la Russia ha attaccato l'Ucraina, sostenendo che i suoi legami con la KHL significavano indirettamente che stava sostenendo la guerra. «Investire nello sport non significa sostenere qualcuno o qualcosa. Non nego che la politica sportiva esista. Ma non accetto di essere etichettato solo perché lavoro nella KHL. Sono contro tutte le guerre e a favore della pace. Quello che sta accadendo in Palestina, in Ucraina e in altre parti del mondo è orribile».