Se agli sci preferisci i pattini: «Una scelta mai rimpianta»

C’è chi sogna di diventare un giocatore di hockey sin da piccolo. C’è chi entra in contatto con questo sport per caso, e se ne innamora. E poi c’è chi invece respira questa disciplina tra le mura di casa da sempre, ma ci mette del tempo per realizzare che è anche la sua passione. Gilles Senn fa parte di quest’ultima categoria. Nonostante vivesse sotto lo stesso tetto di un fratello maggiore già lanciato verso il professionismo, per diversi anni il portiere dell’Ambrì Piotta non ha mai considerato di scendere sul ghiaccio a sua volta. «A me piaceva lo sci», racconta il 28.enne. «D’altronde sono cresciuto a Saas-Grund, nella località vallesana nota per i suoi bellissimi comprensori sciistici. Poi, di punto in bianco, è scoccata la scintilla. Avevo circa otto anni. Ricordo che dissi a mio padre di voler anche io diventare un giocatore di hockey. E da quel giorno non ho più guardato indietro. Avevo trovato la mia strada. Tutto, chiaramente, è partito grazie a mio fratello Mario. È lui che mi ha trasmesso questa passione. Abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, nonostante un’infanzia particolare. Lui ha infatti sei anni più di me, e presto ha lasciato casa per inseguire il suo sogno spostandosi a Zurigo. Ma questo non ha incrinato il nostro legame. Spesso io e mio padre andavamo a trovarlo e quando io mi trasferii a Davos lui si fece carico di farmi da chauffeur».
Sognando Sulander
Ed è proprio vestendo i panni del tifoso numero uno del fratello che Gilles inizia ad innamorarsi sempre di più dell’hockey. Un amore rafforzato dalle prodezze dell’allora portiere della prima squadra dei Lions, Ari Sulander. «Il finlandese è presto diventato il mio idolo. Stravedevo per il suo equipaggiamento personalizzato. Questa è stata una delle ragioni che mi hanno spinto a scegliere di giocare in questo ruolo. Mi elettrizzava molto l’idea di poter personalizzare la mia attrezzatura. Un’altra figura di riferimento per me è poi stata Leonardo Genoni. Grazie a lui e ai suoi consigli fuori e dentro il ghiaccio sono maturato tanto. Oggi invece potrei definirmi un fan di Andrej Vasilevskij, il portiere dei Tampa Bay. Di lui mi piace soprattutto il modo con cui lavoro su sé stesso».
America dolceamara
Nonostante l’avvicinamento piuttosto tardivo al mondo dell’hockey, nel curriculum vitae di Gilles Senn non mancano le esperienze di tutto rispetto. Quella di maggior risalto, va da sé, fa rima con NHL. Un sogno coronato. Un obiettivo che tutti agognano e pochi raggiungono. Peccato che per il portiere leventinese la chiamata dall’America sia arrivata nel momento peggiore, l’anno della pandemia. «Ciononostante, la definirei un’esperienza molto interessante ed arricchente. E non parlo solo del periodo negli States - effettivamente macchiato dall’arrivo della COVID-19 -, ma anche di quello che ha preceduto la mia partenza. Da quando sono stato draftato a quando ho effettivamente abbracciato i New Jersey Devils sono passati tre anni. Un lasso di tempo in cui ho avuto la possibilità di parlare con tanti coach e di preparare al meglio la mia condizione fisica e mentale. Una volta là, poi, è stato fantastico. Respiravo hockey giorno e notte senza sosta. Vi lascio immaginare l’emozione al mio debutto. Ancora più grande se si considera che io non mi ero mai posto l’asticella così in alto. Giocavo a hockey in Svizzera dando il meglio di me con lo scopo di essere tra i migliori della National League. Dunque, anche se la pandemia ha distrutto la mia prima stagione a stelle e strisce, la NHL rimane comunque uno splendido risultato raggiunto». Il secondo anno negli USA, Gilles è passato in AHL, con la maglia dei Binghamton Devils. Un altro anno sofferto per il 28.enne rossocrociato, che lo ha portato alla decisione definitiva di rientrare in Svizzera. «La pandemia non ci permetteva di giocare quasi mai. Per alcuni era una pacchia portare a casa una vagonata di soldi senza fare il minimo sforzo. Io invece amo fare quello che faccio. Stare con le mani in mano non fa per me».
Sincerità e profumo di famiglia
Dopo una parentesi nuovamente nei Grigioni, Senn ha sposato la causa dell’Ambrì Piotta. Che ci porta ai giorni nostri. Una stagione, quella in corso, fatta di alti e bassi per i ragazzi di Luca Cereda. Al momento i leventinesi affrontano una parentesi di risultati piuttosto sconfortanti, dopo un weekend di scontri diretti chiuso con un solo punticino. Tra i migliori in pista, figura però spesso il nome del nostro interlocutore. «E di questo sono soddisfatto, certo», ammette il vallesano. «Sento che le mie prestazioni sono buone e che sul ghiaccio riesco a esprimermi al meglio. In parallelo, ci sono però i risultati della squadra, capace di una stagione sulle montagne russe. Ma fa niente, l’importante è non mollare. Un concetto che è nel DNA di questa società e in cui mi ritrovo molto. Ecco perché ho deciso di firmare ad Ambrì. Ed ecco anche perché ho scelto di estendere il mio contratto fino al 2028. Ci ho messo pochissimo a capire che avrei voluto rimanere ancora qui. Sin da subito, ho infatti apprezzato molto la sincerità dei vertici di questo club e l’ambiente famigliare che si respira nello spogliatoio».
Concludiamo la chiacchierata con il portiere biancoblù dandogli una bacchetta magica e chiedendogli che cosa farebbe se potesse avverare una sola cosa nel prossimo futuro dell’Ambrì. «Maggior fortuna sui finali di partita per farci conquistare qualche punto in più (sorride, ndr)».