Formula Uno

La legge della FIA

In mano alla Federazione la decisione inerente la penalità di Perez al termine del GP di Singapore e le questioni relative al superamento del budget cap
Red Bull sul circuito di Singapore. ©TOM WHITE
Pino Allievi
Pino Allievi
04.10.2022 06:00

Possibile che la Formula 1 riesca a far parlare male di sé anche quando vive un momento di successo e grande interesse? Sì, possibile, perché quando la politica mette i bastoni tra le ruote allo sport, i risultati sono devastanti. A Singapore si sono vissute giornate di tensione inenarrabile da un lato, e momenti di grande sport dall’altro. Il duello tra Perez e Leclerc, in pista, è stato esaltante. Per due ore siamo stati rapiti da un confronto tra giganti che hanno guidato al massimo delle possibilità, regalandoci sbandate, controsterzi, esempi di equilibrismo sull’asfalto umido. Condizioni estreme in cui due campioni indiscussi come Lewis Hamilton e Max Verstappen sono incorsi in errori decisivi, tanto per capirci. Perez e Leclerc si sono invece dati battaglia senza mai toccare le barriere metalliche, con un ritmo infernale.

C’è però da chiedersi come sia bastato il secondo pilota della Red Bull a contenere le speranze di una Ferrari che si era presentata a Singapore convinta di vincere. Da un lato occorre sottolineare la bontà della macchina anglo-austriaca, avvantaggiata dall’asfalto freddo sul quale le sue gomme sono andate in temperatura più velocemente. Ma c’è poi stato un Perez bravissimo, in netto contrasto con quello ammosciato e inconcludente degli ultimi GP. Sembrava un altro per decisione, controllo di macchina, impegno nelle condizioni più difficili. Avere alle spalle per una sessantina di giri un mastino come Leclerc avrebbe guastato i nervi di quasi tutti i partenti. Perez invece ha retto alla grande. Fenomeno ritrovato? No, fenomeno saltuario. È sempre stato così: alti e bassi, un carattere difficile, un’altissima considerazione di sé che non gli ha giovato.

A rovinare lo show sono stati i commissari della Fia, che quando mancava una ventina di giri al termine, hanno sottolineato come la distanza di Perez dalla Safety Car fosse più del consentito. Come possa, un pilota, valutare da solo certe cose è un mistero. Ma in passato ci sono stati risultati modificati dall’applicazione ferrea di questa norma. C’è chi ha reclamato per il fatto che a Perez non fosse stata inflitta (e comunicata) una sanzione durante la gara, ma per fortuna si è preferito attendere la conclusione del GP per ascoltare le sue ragioni. In caso contrario, con una eventuale decisione avversa, la Red Bull si sarebbe rivolta a un tribunale civile che avrebbe immediatamente rilevato l’assenza di un interrogatorio dell’imputato. Quindi non è stato bello, ma è stato giusto attendere e ascoltare le ragioni di Perez, che con 5’’ di penalizzazione ha mantenuto la vittoria meritata sul campo.

Tutto a posto, quindi? No. La norma tirata in ballo, la numero 55/14, è controversa perché parla della distanza che deve esserci tra Safety Car e leader della corsa, specificando «se necessario». Senza chiarire in quali casi dovrebbe essere «necessario», ma soprattutto a chi, quando, come.

Domenica prossima si replica in Giappone e Verstappen potrebbe aritmeticamente laurearsi per la seconda volta campione del mondo. A meno che non ci si metta di mezzo la Fia con una penalizzazione postuma per la presunta infrazione dello sforamento (9 milioni di euro, pare) del tetto alle spese del 2021, fissato in 145 milioni. La Federazione ha aperto un’inchiesta e dalle finestre dei suoi uffici parigini sono uscite indiscrezioni che inchioderebbero la Red Bull. La verità la conosceremo a breve. C’è già chi ipotizza una penalizzazione in punti da applicare in questo campionato, ingiusta, ma che riaprirebbe i giochi. E se arrivasse una punizione retroattiva, togliendo a Verstappen e alla Red Bull il titolo iridato? Difficile, troppi gli interessi in gioco. I più ottimisti ipotizzano un finale a tarallucci e vino: aspettiamo…