Basket

La longevità di Dusan: «Mi sento importante e voglio vincere ancora»

A 37 anni il maggiore dei fratelli Mladjan è il topscorer della SAM Massagno, nonché uno dei marcatori più letali del campionato - Stasera scatta la semifinale contro il Neuchâtel
Fernando Lavezzo
13.04.2024 06:00

In pausa dal 1. aprile, la SAM Massagno torna in campo questa sera a Nosedo (ore 17.30) per gara-1 delle semifinali playoff contro l’Union Neuchâtel. Ne parliamo con il 37.enne Dusan Mladjan, topscorer della squadra ticinese.

Dusan, tutti si aspettavano una semifinale contro il Vevey, terzo in regular season, e invece trovate il Neuchâtel. Sorpreso?

«Fino a un certo punto. Il Neuchâtel è una bella squadra, ben allenata e con un ottimo pacchetto di stranieri. West e Ancrum, insieme, hanno spesso garantito 40 o 50 punti a partita. Robertson, dal canto suo, è probabilmente il centro più forte del campionato insieme al nostro Keith Clanton».

È la vostra terza semifinale di fila contro l’Union. Nel 2022 vinsero loro, lo scorso anno voi. In ogni caso, è un avversario tradizionalmente ostico per la SAM.

«È vero, negli ultimi due o tre anni, anche in stagione regolare, sono sempre state partite dure e combattute, sia a Nosedo, sia alla Riveraine. Di sicuro non li sottovaluteremo. Anzi, sono convinto che sarà una serie molto difficile».

Siete reduci da quasi due settimane di pausa: ne avete approfittato o vi siete arrugginiti?

«Credo che ci abbiano fatto bene, soprattutto per permettere ad Antonio Ballard e a mio fratello Marko di recuperare dai rispettivi acciacchi. Arriviamo più freschi a gara-1».

Come valuti il vostro quarto di finale con il Pully-Losanna, chiuso sul 3 a 0?

«È stata una buona serie, gestita bene. In ogni partita siamo stati avanti nel punteggio e abbiamo sempre saputo controllare la situazione. Nei playoff non si può sperare di vincere ogni sera con margini di 30 punti. Sapevamo che i vodesi, soprattutto in gara-1 e gara-2, avrebbero dato il massimo in quelli che, essendo sfavoriti, avrebbero potuto essere – e infatti sono stati – gli ultimi sette giorni della loro stagione. Siamo reduci da tanti risultati positivi, abbiamo ottenuto dieci vittorie consecutive tra regular season e playoff. Direi che arriviamo in buona salute a questa semifinale».

Nei quarti non avete potuto schierare Ballard, ora di nuovo arruolabile. Ingaggiato in gennaio, Antonio vi ha dato quello che vi mancava. Sei d’accordo?

«Assolutamente. Se vuoi vincere, giocatori come lui devi averli sempre, soprattutto per quanto possono darti in termini di energia. Un aspetto in cui noi, prima del suo arrivo, eravamo un po’ carenti. Antonio può creare situazioni favorevoli dal nulla, con rimbalzi in attacco, palle recuperate e canestri segnati fuori ritmo nei momenti offensivamente più complicati. Lui, inoltre, spinge tanto anche in difesa».

A 37 anni sei ancora il topscorer della tua squadra, nonché il secondo miglior marcatore svizzero del campionato con 15,1 punti di media in regular season. Il tutto partendo spesso dalla panchina e giocando «solo» 23 minuti. I migliori 10 scorer di SBL viaggiano tra i 22,4 e i 17,1 punti, ma giocano tra i 32 e i 38 minuti. Cosa significa, alla tua età, avere ancora questo impatto?

«È innegabilmente gratificante, e a dire il vero nemmeno io potevo immaginarmi una simile longevità. È un po’ la fortuna di noi tiratori: se il fisico regge, duriamo più a lungo degli altri, perché dall’oggi al domani mica ci si dimentica come si fa a tirare. Io mi sento bene e sono ancora molto motivato».

La sfida – anche per lo staff tecnico - è gestire al meglio il tuo minutaggio e di conseguenza le tue energie. È stato difficile accettare questo cambiamento?

«Sinceramente no. So di non essere più un ragazzino dalle risorse fisiche illimitate. A volte mi sento particolarmente bene e vorrei giocare di più, ma mi rendo conto di non aver bisogno di stare in campo anche nei momenti in cui la squadra è già comodamente in vantaggio. Ho rispetto per il ruolo che mi è stato affidato. Vorrei vincere ancora qualcosa e cerco di fare il massimo per il bene della squadra».

Con questi numeri e con una passione sempre intatta, immaginiamo che il ritiro non sia nemmeno nei tuoi pensieri. Giusto?

«Il campo dimostra che posso ancora dire la mia. Non mi pongo dei limiti, valuto di anno in anno. Il giorno in cui sentirò di non riuscire più a fare la differenza, smetterò. Se farò fatica ad andare agli allenamenti o alle partite, sarò molto onesto con me stesso – e con tutti gli altri – e dirò ‘‘basta’’. Ma non è ancora il caso».

Augurandoti ancora tanti anni di canestri, hai già immaginato un futuro nel basket in una veste diversa?

«Questo sport fa parte della mia famiglia da 50 anni. Mio padre è stato un grande giocatore. Io ho iniziato a 6 anni, nel lontano 1992. Se un giorno qualcuno me ne darà la possibilità, mi farebbe piacere aiutare il movimento cestistico ticinese a crescere. Magari lavorando con i più giovani».

Quando finirà l’era dei fratelli Mladjan, per la SAM sarà dura pescare altri due svizzeri così determinanti. Tu come la vedi?

«Non lo dico perché siamo noi, ma non sarà facile trovare una coppia di giocatori elvetici così costante nel corso degli anni. Io e Marko continueremo a dare il massimo. Lui è molto più giovane (31 anni, ndr.), ma sarebbe fantastico vincere ancora qualcosa insieme a Massagno. In futuro mi auguro che qualche giovane ticinese possa emergere. Quest’anno sono molto contento dei progressi fatti da Yuri Solcà. È già un nostro giocatore chiave. Lui ed Alex Martino formano una bella coppia di playmaker nostrani».

Ma non è evidente vincere un titolo senza un playmaker straniero...

«È il ruolo più importante del basket moderno, ma alla SAM siamo in buone mani. Yuri e Alex stanno lavorando bene, sono due ragazzi in gamba. Se non sbaglio, negli ultimi 10-15 anni nessuno ha vinto il campionato svizzero puntando solo su playmaker svizzeri. Ecco, noi potremmo provare a cambiare questa tendenza, perché no? Ma prima di parlare di titolo, pensiamo al Neuchâtel».

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