La partita di Luis Enrique

Luis Enrique non ha mai amato le soluzioni comode, le strade solo asfaltate. No, a «Lucho» piacciono i sentieri impervi, piace la fatica. Perché impervia e faticosa, essenzialmente, è stata la sua vita. Il 53.enne asturiano, per dire, rimane l’unico giocatore - nella storia moderna del calcio - ad aver lasciato ilReal Madrid per abbracciare senza tentennamenti i rivali del Barcellona. Non è tipo da compromessi, d’altronde. Non lo è mai stato. E la successiva carriera da allenatore ha se possibile enfatizzato valori e spigolosità del personaggio. Oggi a toccare con mano l’integrità di Luis Enrique è Kylian Mbappé, futuro Pallone d’oro promesso ai «Blancos» che da febbraio ha concluso più partite di Ligue 1 sotto la doccia che in campo. Ieri era stato il turno del leader maximo Sergio Ramos, escluso dai convocati della Spagna a Euro 2020. Prima ancora si era andati addirittura allo scontro con Lionel Messi. Correva il gennaio del 2015 e a mediare tra la stella del Barça e l’allenatore nato Gijón ci pensò Xavi, leggenda blaugrana oramai al tramonto. Cinque mesi più tardi il club catalano avrebbe conquistato la sua ultima Champions League. Con «Lucho» a bordo campo a gestire le operazioni e, alle sue spalle, riserva di lusso, proprio l’attuale tecnico del Barcellona.
Meglio Rakitic
Domani sera i due torneranno a incrociarsi. Questa volta, però, senza gerarchie di sorta. Alla stessa altezza. Emozionati certo, ma chiamati a lasciarsi il passato alle spalle per cercare di prevalere sull’altro. Per cercare di spingere il PSG e il Barcellona in semifinale di Champions League. È una grande partita. E, suggerivamo, è una partita speciale soprattutto per Luis Enrique. Da quando è allenatore - una vocazione trasformata in lavoro nel 2008, guarda caso al Barcellona B - è la prima volta che i blaugrana si presentano sul suo cammino. Cosa significa? «Formicolio dappertutto, formicolio soprattutto per me» ha ammesso di recente lo spagnolo.


Nonostante lo scetticismo iniziale, il pubblico parigino ha imparato ad apprezzare «Lucho». Poco importa se non parla (e verosimilmente non imparerà mai seriamente) il francese. Al Parc des Princes, nel dettaglio, si è tornati a osservare un collettivo. Non la somma di tanti campioni. «Sono io il leader delle mie squadre» affermò al proposito Luis Enrique, una volta preso il controllo al Camp Nou. Degli attriti con Messi abbiamo detto, ma - tornando all’imminente sfida - tra le decisioni più forti prese dal tecnico alla testa dei catalani vi fu proprio la detronizzazione di Xavi. Che, dettaglio non da poco, era pure capitano. I suoi compiti, nel cuore del campo al fianco di Busquets e Iniesta, vennero assunti da Rakitic. E, alla fine del 2015, con la comprensione e la benedizione dello stesso Xavi, nella bacheca della società si sarebbero aggiunte una Champions League, una Liga, una Copa del Rey, una Supercoppa UEFA e un Mondiale per club.
Una rimonta spartiacque
Le cose, in seguito, non sono andate così bene. Il messaggio di «Lucho», più verticale e spartano rispetto al tiki-taka persuasivo di Pep, è passato sempre meno nello spogliatoio blaugrana. L’8 marzo del 2017, pochi mesi prima dell’addio, c’è però stato tempo per un ultimo capolavoro. E i tifosi del PSG non se lo scorderanno mai. Sconfitto 4-0 nella gara d’andata degli ottavi di Champions, al Barcellona riuscì la clamorosa rimonta. Un 6-1 indimenticabile, appunto, alla luce del quale - sostengono gli esperti - i due club non sono più stati gli stessi. Umiliata, la proprietà qatariota del Paris Saint-Germain non esitò per esempio a sborsare 222 milioni di euro per scippare Neymar all’avversario. Da quella montagna di soldi, da parte sua, il Barça si fece ingolosire, spendendo tanto e male in fretta e furia, fino a rischiare la bancarotta. E il passaggio di Messi dalla Catalogna alla Ville Lumière, con tanto di bagno di lacrime, si rese necessario esattamente in questo contesto di finanze distorte.
Xana e l’operazione Twitch
Luis Enrique, lui, non si è mai snaturato. Dopo esserlo stato da calciatore, si è dimostrato versatile e generoso anche fuori dal campo. E ciò nonostante la terribile separazione dalla figlia Xana, deceduta nell’agosto del 2019 a soli 9 anni a causa di un tumore alle ossa. Ci è voluto un po’, ma «Lucho» - che ha ammesso di preferire Pogacar a Vingegaard - si è infine rialzato sui pedali. Da quel dolore è nata altresì un’iniziativa fuori dagli schemi, con l’allenatore spagnolo sbarcato sulla piattaforma streaming Twitch per raccontarsi senza filtri. È accaduto durante i Mondiali del 2022 in Qatar, ed è successo di nuovo il 21 marzo scorso. Per l’occasione Luis Enrique ha annunciato la creazione della fondazione «Xana», voluta per accompagnare i bambini gravemente malati di cancro. Dopodiché, con 25.000 abbonati in collegamento, il 53.enne ha risposto apertamente alle domande poste dagli utenti. L’inconfondibile parlantina roca e un argomento che ha prevalso su tutti: Paris Saint-Germain-Barcellona.