La storia

«La sfida contro la ‘‘mia’’ Croazia e il nostro basket poco lungimirante»

Roberto Kovac, uomo di punta della nazionale rossocrociata, si appresta ad affrontare il suo Paese d’origine nelle pre-qualificazioni agli Europei del 2025
Fernando Lavezzo
27.08.2022 06:00

In Croazia, sua terra d’origine, Roberto Kovac ci torna spessissimo. «Ci trascorro intere estati», racconta. Oggi, però, il viaggio verso Rijeka avrà un sapore speciale. Ci andrà con la nazionale svizzera, con cui domani sera (ore 20) sfiderà una potenza del basket mondiale nelle pre-qualificazioni a Euro 2025. La «sua» Croazia.

«Sì, la mia Croazia. Non vedo l’ora. L’ho già affrontata dieci anni fa, ma era un’amichevole. Stavolta è diverso. Sarà una gara ufficiale, contro una squadra fortissima, composta da giocatori di NBA ed Eurolega. Ho sempre sognato di misurarmi con avversari di questo calibro. Poterlo fare proprio nella mia città d’origine, Rijeka, è una grande emozione. Almeno in cinquanta, tra amici e parenti, mi hanno già detto che verranno alla partita. Io sono professionista da una dozzina di anni, ma molti di loro non mi hanno mai visto giocare. Anche per questo sono un po’ nervoso, sento la pressione. Ho tanta voglia di giocare e spero di fare bella figura».

Un legame fortissimo

Robi è attaccatissimo al Paese dei suoi genitori, arrivati in Ticino nel 1985. «Io sono nato a Mendrisio nel 1990 e qui ci sono anche due sorelle di mia mamma, ma tutto il resto della famiglia è in Croazia. Per me il legame è ancora fortissimo. Ai tempi della scuola tornavamo lì per ogni vacanza. Non solo d’estate, anche a Natale, a Pasqua e a Carnevale. Praticamente ci passavo più di tre mesi all’anno. Ancora oggi ci vado un paio mesi in estate».

Ma per chi tiferanno, domani, gli amici e i parenti di Robi? La guardia del Massagno libera una fragorosa risata: «Tutti quelli che ho sentito in questi giorni sperano che io giochi una grandissima partita, ma che alla fine vinca la Croazia. Va bene così, so che mi sosterranno per quaranta minuti».

Come i Mladjan con la Serbia

Nel novembre del 2020, i fratelli Mladjan, compagni di Kovac alla SAM, vissero la stessa situazione affrontando – e battendo! – la «loro» Serbia. «Ne ho parlato un po’ con Dusan», ci dice Roberto. «Fu lui a segnare il canestro di quella storica vittoria a fil di sirena. Mi ha confidato che quella giornata è stata la più bella della sua carriera e che non se la scorderà mai. Purtroppo eravamo in piena pandemia e si giocò nella ‘‘bolla’’ di Espoo, in Finlandia, a porte chiuse. Per Dusan e Marko sarebbe stato ancora più bello scendere in campo a Belgrado davanti a 10 o 15 mila spettatori. In questo senso a me è andata bene: in Croazia avremo tanto pubblico, l’atmosfera sarà stimolante».

La leggenda di Drazen

Nel 2019 Roberto Kovac visse un’esperienza con il Cibona Zagabria, la squadra in cui giocò anche il suo idolo Drazen Petrovic. «Una leggenda per me e per tutti i croati. Quando morì in un incidente d’auto, nel 1993, avevo solo tre anni, ciononostante lo considero un mio mito. È stato lui ad aprire le porte della NBA ai giocatori europei. Pensando alla mia generazione, invece, il croato che preferisco è Bojan Bogdanovic degli Utah Jazz. Un cestista completo, anche in NBA, dove gioca da protagonista. Domani me lo troverò davanti e sarà un grande onore. Da uno così si può solo trarre ispirazione».

Niente selfie

Oltre a Bojan Bogdanovic, la Croazia potrà contare su altri due giocatori di NBA: Ivica Zubac, centro dei Los Angeles Clippers, e Dario Saric, ala grande dei Phoenix Suns. Senza dimenticare i vari Krunoslav Simon (ex Milano ed Efes), Mario Hezonja (Real Madrid) o Jaleen Smith (ALBA Berlino). Una nazionale da leccarsi i baffi, che a inizio settembre tornerà in campo per Euro 2022. «Ma non chiederò di scattare fotografie o di scambiare le maglie», afferma Roberto. «L’ho sempre trovata una strana usanza. Quando si sfidano squadre così ricche di talento bisogna essere sfrontati, sfacciati. E anche un po’ arroganti. Non dobbiamo commettere l’errore di sottostimarci e darci per vinti in partenza, altrimenti ci massacrano sul serio. Dovremo entrare in campo senza paura, senza mostrare troppo rispetto, ovviamente con fair play. Proveremo ad attaccarli, cercando di tenerli lontani dalla loro zona di conforto. Se invece gli permetteremo di fare ciò che vogliono, passeremo una lunga serata».

I soliti problemi

Giovedì la Svizzera ha esordito nel secondo turno delle pre-qualificazioni superando l’Austria 74-64. Il girone è completato dalla Polonia, che l’altro ieri è stata battuta 84-79 dai croati. Solo la prima del gruppo passa direttamente alla fase finale di Euro 2025. Per le altre ci sarà un terzo turno preliminare. Purtroppo i rossocrociati non stanno affrontando queste prime sfide con la miglior selezione possibile. Coach Papatheodorou ha infatti dovuto incassare il «no» di diversi titolari. Una situazione che Roberto Kovac fatica a digerire: «È una cosa ridicola. Ogni volta ce n’è una nuova. Ricordo quando nel 2014, durante alcune amichevoli giocate in Serbia, coach Aleksic schierò due stranieri (Nemanja Calasan e Slobodan Miljanic, ndr.) perché altrimenti saremmo stati solo in sette. Si scatenò un putiferio, ma nessuno disse nulla su quei 22 giocatori che rifiutarono la convocazione al camp di Belgrado. Oggi si punta il dito contro chi non è venuto a sfidare Austria e Croazia, ma è una storia che si ripete regolarmente. Cambiano le persone, i presidenti, i dirigenti, ma la musica è sempre la stessa. Nel nostro basket non c’è lungimiranza. Né a livello di federazione, né a livello di club. Quali sono le loro idee? Non si sa. Le società pensano solo alla partita del sabato. Se le cose vanno male, pazienza, si cambiano quattro stranieri e si riparte. Non si investe sui giovani, non si pianifica il futuro. Noi siamo qui, cerchiamo di dare tutto per la maglia rossocrociata. Ma se chiedo ai dirigenti quali siano i loro progetti per il basket svizzero, ottengo sempre risposte diverse. Quando si decise di promuovere il 3 contro 3, si disse che non avrebbe mai rappresentato una minaccia per il 5 contro 5. Ora sta succedendo il contrario. Si parla di multe per chi rifiuta una convocazione in nazionale, ma solo a partire dalla prossima finestra di qualificazioni. Non c’è coerenza. Sono compromessi tipicamente svizzeri, ma nello sport non vanno sempre bene. Devi prendere una posizione chiara, anche se non piace a tutti».