Il ritratto

La tigre del tennis femminile sorride malgrado i drammi

Aryna Sabalenka, fresca di successo ai recenti US Open, è uno dei personaggi più affascinanti del suo sport – Nonostante abbia fronteggiato diversi momenti complicati, la sempre solare bielorussa appare più calma e sicura di sé
©Reuters/Mike Segar
Alex Isenburg
12.09.2024 06:00

Tre titoli del Grand Slam e non solo. Anzi, tanto e tanto altro. Aryna Sabalenka è uno dei volti più iconici del circuito e la nomea che si è costruita va al di là dei brillanti risultati che ha conquistato. A Flushing Meadows, la bielorussa ha ottenuto il suo primo titolo agli US Open, rinvigorendo ancor più la sua immagine di donna faro all’interno della WTA. A differenza di molte altre atlete di punta – come le rivali Swiatek e Rybakina, decisamente più timide e riservate di lei – Sabalenka è a tutti gli effetti un personaggio e non «solamente» una tennista di vertice. La sua è una personalità di spicco, una di quelle che catturano l’interesse del pubblico. Né sul campo – dove incanta a suon di vincenti – né al di fuori di esso passa inosservata, tra interviste mai banali e un uso dei social media che cattura l’interesse dei tifosi.

La numero due delle classifiche mondiali sa suscitare emozioni e interazioni e il suo sorriso è a dir poco contagioso. Un qualcosa di non scontato, considerando la storia della 26.enne cresciuta a Minsk. La vita, con lei, non è stata clemente in molti frangenti. Ha un tatuaggio, sull’avambraccio sinistro, che forse sintetizza al meglio il suo spirito guerriero: è una tigre. Il muso del felino più grande del mondo – rappresentato in bella vista – ricorda sempre e comunque a tutti il suo essere combattiva.

Due lutti dolorosissimi

Cresciuta in una famiglia di sportivi, nel 2019 Aryna ha dovuto far fronte alla prematura scomparsa del padre, che a soli 43 anni è venuto a mancare a causa di una meningite fulminante. Questo, però, non le ha impedito di tener fede alla promessa che gli aveva fatto. «Vincerò almeno due Slam entro i 25 anni». Detto fatto, perché a gennaio – con lo sguardo rivolto verso il cielo – la bielorussa festeggiava il suo secondo successo agli Australian Open. A soli due mesi da quel trionfo – tanto storico quanto significativo – un altro lutto ha colpito da vicino la tennista. «Una tragedia impensabile, il mio cuore è spezzato». Lo aveva definito così, il dramma che ha coinvolto l’ex giocatore di hockey Konstantin Koltsov, suo compagno di vita per tre anni. Si erano appena separati, i due, quando Koltsov è precipitato da un balcone di un resort a Miami. Una morte, inoltre, rimasta avvolta da un alone di mistero, in quanto la polizia aveva escluso un’azione criminosa, il che significava che si era di fronte o a un incidente domestico oppure ad un suicidio. Anche Sabalenka in quei giorni si trovava in Florida, poiché stava per iniziare il WTA 1000, torneo al quale – nella sorpresa generale – prese comunque parte. Non presenziò alle conferenze stampa – «per proteggersi emotivamente» – ma giocò regolarmente, perdendo al secondo turno e dimostrando una volta di più la sua forza di spirito.

I problemi legati alla nazionalità

Non bastassero queste sfortunate evenienze, il nome di Sabalenka nell’ultimo biennio è balzato agli onori della cronaca anche per via dello sciagurato conflitto russo-ucraino. Innanzitutto, essendo bielorussa non le è stato possibile partecipare a Wimbledon nel 2022, ma soprattutto nella stagione seguente non sono mancate diverse polemiche che l’hanno coinvolta anche direttamente. Al termine dei match contro avversarie ucraine, queste ultime si rifiutavano di stringerle la mano e in particolare a Parigi – durante il Roland Garros – Sabalenka fu particolarmente sollecitata nel prendere una posizione e distanziarsi dal regime di Minsk. In alcune circostanze – antecedenti all’inizio della guerra – la tennista aveva mostrato una certa vicinanza al presidente Alexander Lukashenko – noto sostenitore della Russia di Putin – e durante quel periodo le domande a proposito di questo legame si susseguivano. Sentitasi sotto assedio da parte dei media, aveva deciso di saltare un paio di conferenze post-match e, infine, la bielorussa aveva dichiarato: «Non sostengo la guerra, quindi in questo momento non sostengo Lukashenko».

Incontrastata sul cemento

Tuttavia, nonostante le varie avversità, l’allieva di Anton Dubrov non si è mai data per vinta. La tigre bielorussa – che sul campo temeva solo i doppi falli, come aveva rivelato l’anno scorso a Stoccarda – adesso sembra indomabile e pare non avere più punti deboli, in particolare sul cemento. «Ora sono più calma – ha affermato lei – e sono in grado di controllare le mie emozioni. Mi aiuta a restare concentrata sul gioco indipendentemente da ciò che succede e lottare su ogni pallina senza perdere la testa e concedere punti facili alle mie avversarie». Dopo il trionfo in Australia a gennaio – il secondo consecutivo nello Slam «Down Under» – è arrivato il primo successo anche a New York, dove ha peraltro avuto modo di riscattare la dolorosa sconfitta in finale patita la passata stagione. Ad impressionare, soprattutto, è stato il suo dritto poderoso, che ha raggiunto velocità spaventose. Un colpo che – pur colpito in maniera pressoché piatta – sui campi statunitensi viaggiava in media a 129 km/h, una cifra superiore a tutti gli altri, tennisti maschi inclusi.

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