Lacrime, messaggi sociali e Netflix: Naomi Osaka è già entrata nella storia

Ha spazzato via la nostra Viktorija Golubic con la forza di uno di quei tifoni ai quali il Giappone è purtroppo abituato: 6-2 6-3 senza nemmeno forzare troppo il suo talento. Nella notte ha poi sfidato la ceca Vondrousova. Indipendentemente da come sia andata, Naomi Osaka è il personaggio del momento nel panorama del tennis femminile. Ha avuto l’onore di essere l’ultima tedofora e di accendere la fiamma olimpica, Naomi. Una scelta fortemente simbolica, quella della tennista, che non ha mancato di suscitare polemiche in Giappone sia per le sue origini - metà nipponica e metà haitiana da parte di padre - sia per aver scelto gli Stati Uniti come residenza. Naomi ha subito spento il fuoco della diatriba: «È stato senza dubbio il più grande risultato e onore sportivo che avrò mai nella mia vita. Non ho parole per descrivere i sentimenti che provo in questo momento, ma sono piena di gratitudine».
Sportiva più pagata
Sì, è nata in Giappone, Naomi. Ma è cresciuta negli Stati Uniti, tra Long Island e la Florida. Nella serie Netflix che la vede protagonista scorrono le immagini di quando, bambina, si allenava per otto ore al giorno con la sorella maggiore Mari, suo punto di riferimento nel tennis e, soprattutto, nella vita. Parla poco e male il giapponese, Naomi. «Lo parlo solo con Mari e con mamma - spiega - anche perché loro non correggono i miei errori». Avrebbe potuto - come molti e molte altre - scegliere di difendere i colori americani. Invece dopo essere diventata professionista, nel 2013, ha deciso di rappresentare il Giappone, patria della mamma della quale porta il cognome. «Mamma Tamaki - confessa Naomi nel documentario - ha fatto tanti sacrifici. Per questo volevo diventare una tennista professionista, per dare alla mia famiglia una vita migliore». Ce l’ha fatta, eccome se ce l’ha fatta. È la donna che guadagna di più nel mondo dello sport: 60 milioni di dollari all’anno, secondo Forbes.
Festa rovinata
In carriera si è aggiudicata sette titoli WTA su undici finali disputate e ha già vinto quattro tornei del Grande Slam: gli US Open nel 2018 e nel 2020 e gli Australian Open nel 2019 e nel 2021. In seguito al primo successo australiano, il 28 gennaio 2019, è diventata la prima asiatica a raggiungere il primo posto del ranking mondiale. È stata la prima giapponese a vincere un titolo nei Major e la terza nell’era Open a qualificarsi per le WTA Finals. Il suo primo titolo in un Grande Slam, a New York, se lo ricorderà a lungo. E non sono solo ricordi dolci. In finale batte nettamente (6-2 6-4) Serena Williams, suo idolo quando era ragazzina. L’americana, però, le guasta la festa. A Serena saltano i nervi: dà del ladro all’arbitro portoghese Carlos Ramos, poi scoppia in lacrime. L’Arthur Ashe Stadium si trasforma in un catino bollente: «Mi dispiace sia finita così», dice al microfono Naomi, con lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi pieni di lacrime.
Tra ansia e depressione
Sa cosa significa piangere, Naomi Osaka. Ha confessato di soffrire di depressione: anche grazie a lei la salute mentale degli atleti di alto livello non è più un tabù. Prima delle Olimpiadi non giocava una partita ufficiale dal 30 maggio scorso, quando si era ritirata dal Roland Garros dopo la decisione degli organizzatori del torneo parigino di multarla per non essersi presentata a una conferenza stampa, ribadendo il concetto che «non si ha riguardo per la salute mentale degli atleti». Aggiungendo poi sul suo account di Instagram: «Chi mi conosce sa che sono una persona introversa e chi mi vede durante i tornei avrà notato che porto spesso le cuffie per ascoltare musica: questo mi aiuta ad attenuare la mia ansia sociale». Oggi sta meglio, Naomi. Lo ha confermato lei stessa al termine del primo incontro giocato a Tokyo: «La pausa che mi sono presa mi ha fatto più che bene. Ne avevo veramente bisogno e ora mi sento di nuovo felice».
Lotta contro le discriminazioni
Ma Naomi è anche e soprattutto un personaggio attento ai cambiamenti della società. I suoi gesti sono veri e propri messaggi sociali e alle mascherine che indossa affida la valenza di significati attuali. Osaka è da sempre testimone della lotta a ogni forma di discriminazione. Come quando aveva scritto una lettera dopo la morte di George Floyd. «Mi è venuta una fitta al cuore guardando l’agghiacciante video dell’assassinio e della tortura di George Floyd da parte di un poliziotto e di tre suoi colleghi. Mi sono sentita chiamata ad agire, il troppo è infine stato troppo. Io e il mio ragazzo siamo volati a Minneapolis qualche giorno dopo l’omicidio per rendere omaggio a George e per far sentire le nostre voci nelle strade della città. Abbiamo sofferto con gli abitanti di St. Paul e abbiamo manifestato pacificamente; abbiamo visitato il George Floyd Memorial e ci siamo uniti a chi piangeva l’ennesimo atto insensato e l’ennesima vita cancellata senza motivo».