«Le sfide del nostro basket tra Nazionali, giovani ed etica»
Una Nazionale ambiziosa, la formazione dei giovani, il dopo-pandemia, le questioni etiche sollevate dal caso delle molestie psicologiche all’Elfic Friburgo. Sono tanti i temi caldi in seno a Swiss Basket. Ne abbiamo parlato con il vicepresidente, il ticinese Claudio Franscella.
Signor Franscella, la Nazionale maschile
è reduce da due importanti vittorie contro Irlanda e Austria nelle
pre-qualificazioni ad Euro 2025. Cosa vi aspettate dal nuovo corso iniziato
sotto la guida di coach Ilias Papatheodorou?
«Ilias, così come il nuovo allenatore della
Nazionale femminile, l’italo-canadese Domenico Marcario, è stato assunto per
dare un nuovo impulso. Stiamo parlando di due tecnici qualificati e
Papatheodorou ha pure guidato la sua Grecia nelle qualificazioni alle
Olimpiadi, mancate di poco. Vogliamo portare le nostre Nazionali il più lontano
possibile, con il mirino puntato sugli Europei. A livello maschile, proveremo a
qualificarci per l’edizione del 2025. Avevamo pensato di candidarci per
ospitarla in Svizzera, ma ci siamo scontrati con problemi di budget e di
strutture. Ci rimane la carta della qualificazione sul campo».
Siete soddisfatti di questi primi sei
mesi con Papatheodorou?
«Si è già visto che la direzione è quella
giusta. Con questo non voglio sminuire quanto fatto dal suo predecessore.
Gianluca Barilari ha svolto un ottimo lavoro di ricucitura in un momento difficile,
assemblando una squadra affiatata e ottenendo risultati importanti, come il
successo sulla Serbia del 2020. Ora vogliamo fare un salto di qualità e provare
a qualificarci alla rassegna continentale. Le partite vinte contro Irlanda e
Austria hanno evidenziato il buon livello raggiunto da un gruppo apparso subito
unito. C’è già stato un po’ di ricambio e abbiamo individuato dei giovani
interessanti».
A settembre è iniziata l’attività del
Centro Nazionale di Swiss Basket in collaborazione con l’Ecole Nouvelle di
Losanna. Come sta andando?
«Il primo bilancio è molto positivo. È un
progetto ambizioso, che guarda al futuro, rivolto a ragazzi tra i 15 e i 18
anni che in questa struttura possono studiare e allenarsi insieme tutti i
giorni. Ci siamo ispirati a nazioni come la Francia, la Finlandia e il Belgio,
ottenendo contributi importanti da Swiss Olympic e da alcuni sponsor.
Cominciamo a vedere i frutti. La squadra milita nel campionato di serie B,
contro squadre più esperte. Dopo un periodo d’adattamento, i ragazzi hanno
messo in mostra un bel gioco, vincendo qualche partita. Si vede la coesione del
gruppo. Questi dodici giovani si allenano due volte al giorno, vanno a scuola
insieme, mangiano allo stesso tavolo. Insomma, convivono. In Svizzera è una novità
assoluta e le famiglie sono contente. Non c’è ancora nessun ticinese, ma siamo
appena partiti e Losanna non è dietro casa. Ci stiamo lavorando, anche con
Ticino Basket, mettendo in campo un allenatore professionista al 50% che possa
seguire da vicino i nostri settori giovanili e individuare i talenti a cui
proporre di frequentare questa accademia senza spendere un centesimo, avendo
garantita una buonissima formazione scolastica. L’intenzione è di riuscire a
proporre la stessa cosa anche per le ragazze entro il 2023-24».
In settembre è iniziato il lavoro di
Westher Molteni come responsabile nazionale del 3 contro 3. Che obiettivi
avete? Non temete che investire in questa nuova disciplina possa nuocere alla
pallacanestro tradizionale?
«Noi non vediamo il 3x3 come un concorrente
della pallacanestro classica. Sono due discipline differenti e Swiss Basket
rimane concentrata sul 5 contro 5. Allo stesso tempo, però, riteniamo che il
3x3, diventato disciplina olimpica, sia un buon veicolo per richiamare l’attenzione
sul basket in generale e dare nuovi impulsi a tutto il movimento. È uno sport
giovane, che si gioca nelle piazze e che attrae un pubblico numeroso. È
sostenuto dalla FIBA, da Swiss Olympic e da sponsor che apprezzano questo tipo
di visibilità nelle città. In Molteni abbiamo individuato l’uomo immagine
ideale, un trascinatore che conosce entrambe le realtà: è l’ambasciatore del
3x3 in Svizzera, ma ha anche avuto una lunga carriera nel 5 contro 5. In questo
periodo sta creando uno Swiss Tour per gli U14 e gli U16».
Che impatto ha avuto la pandemia sul
basket svizzero?
«Il coronavirus ha messo in difficoltà
soprattutto i club più deboli. Eppure, dopo due anni di incertezze, siamo
riusciti a proporre una serie A maschile a 10 squadre, una in più della scorsa
stagione. Siamo consapevoli che alcune società non navigano nell’oro, ma era
così già prima della pandemia. Ci sono sempre stati club con disponibilità
finanziarie e altri che fanno fatica. L’anno scorso l’assenza del pubblico ha
allontanato molti sponsor. Swiss Basket ha sostenuto le società di A, di B e
regionali distribuendo contributi COVID per 2,5 milioni di franchi. Dopo aver
fatto il possibile per portare avanti i campionati, oggi possiamo dire che il
peggio è passato. La serie A ha subito un livellamento, ma ci sono ancora
squadre decisamente superiori ad altre. Il pubblico sta pian piano tornando con
entusiasmo. Ne abbiamo bisogno, altrimenti il prodotto non è sostenibile».
In campo femminile abbiamo una serie A
con 7 squadre e una serie B con 17, comprese tre ticinesi. Non sembra la
situazione ideale.
«Infatti servirà un grande lavoro di
ricostruzione per portare più squadre nella massima lega. Noi manteniamo alta
l’attenzione con la Nazionale. A livello personale mi sto impegnando per
portare in Ticino la partita tra Svizzera e Italia a inizio 2023. A Riva,
Bellinzona e Muralto c’è una forte tradizione ed è importante coltivarla».
Il dominio dell’Elifc Friburgo sta
facendo passare la voglia agli altri club di giocare in serie A?
«Potrebbe esserci questo risvolto negativo,
ma non dimentichiamo che l’Elfic sta portando il basket femminile elvetico in
Europa. Il campionato ne risente e forse bisognerebbe cominciare a fare un
certo tipo di riflessioni e ad unire le forze. Anche nel nostro cantone. Seguo
da vicino il campionato di serie B e vedo tante giocatrici interessanti, in
grado di fare il salto di categoria».
L’Elfic ha fatto parlare anche per il
«caso Romain Gaspoz». Riassumendo: a fine novembre, sulle pagine del quotidiano
friburghese «La Liberté», alcune giocatrici ed ex giocatrici hanno accusato il
loro allenatore di molestie psicologiche. Swiss Basket ha reagito istituendo
una commissione etica di cui lei è il presidente. Cosa può dirci a proposito?
«Abbiamo affrontato di petto la situazione,
lavorando a fianco della commissione Swiss Sport Integrity sotto l’egida di
Swiss Olympic. Abbiamo svolto numerose audizioni individuali, ascoltando le
ragazze che avevano sollevato il problema, i dirigenti dell’Elfic, l’allenatore
Gaspoz. Abbiamo ricevuto le testimonianze di ex giocatrici che hanno lavorato
con questo coach e dato la parola a tutta la Nazionale U20 che era allenata da
lui. La buona notizia è che non è emerso un metodo sistematico di pressione
psicologica. Ci sono stati degli errori a causa dei quali alcune ragazze hanno
sofferto molto. Errori che sono stati riconosciuti da chi li ha commessi e per
i quali sono già stati messi in atto dei correttivi. Vogliamo arrivare a un
completo chiarimento e abbiamo promosso degli incontri tra le parti. A breve
usciremo con un comunicato congiunto che metterà un punto a questa spiacevole
vicenda. La nostra commissione non ha competenze giuridiche o sanzionatorie.
Per queste ci sono gli enti preposti, tra i quali la stessa Swiss Sport
Integrity. Il nostro compito è quello di ascoltare, raccogliere dati e stendere
un rapporto. L’obiettivo di tutti è che queste situazioni non si ripetano».
La vostra commissione etica continuerà
ad esistere?
«Lo spero. Come federazione, abbiamo delle
misure da proporre all’assemblea di giugno. A partire dalla sottomissione di
Swiss Basket alla carta etica dello sport di Swiss Olimpic. Vorremo inoltre
rafforzare l’informazione sui temi etici all’interno dei centri di formazione e
delle squadre nazionali. E anche rafforzare la comunicazione sul tema
dell’integrità attraverso i nostri canali. Per tornare alla sua domanda: sì,
vogliamo che questa commissione d’ascolto venga formalizzata, diventando un
punto di riferimento per i nostri atleti. Non solo per casi di pressione
psicologica. Già oggi, sul tavolo, ci sono ad esempio dei casi di insulti
razzisti. Il nostro obiettivo è diventare una federazione modello in campo
etico».