Ambrì Piotta

L’esempio di Pezzullo: «Non ero il più talentuoso, ma sono stato determinato»

Il 22.enne difensore biancoblù ripercorre la sua storia, dalle prime pattinate a Biasca al debutto in prima squadra, dalle commozioni cerebrali al grande ritorno
© Keystone
Fernando Lavezzo
19.12.2023 06:00

Prima della pausa per le nazionali, Rocco Pezzullo ha tagliato il traguardo delle 100 partite in biancoblù. Questa sera a Davos, giocherà la numero 101. Dopo una stagione 2022-23 compromessa da due commozioni cerebrali, quest’anno il difensore ticinese si è conquistato un posto da titolarissimo: con 15’45’’ di ghiaccio a partita, è il quarto terzino più utilizzato da Cereda dopo Heed, Virtanen e Zaccheo Dotti. Lo abbiamo incontrato per ripercorrere la sua storia.

La prima volta

Biasca, inverno 2005. La signora Irina Pezzullo e la sua vicina di casa decidono di portare il loro figli di 4 anni a pattinare. Rocco si diverte un mondo. «L’anno seguente ho preso in mano il bastone e ho cominciato a sparare dischi ovunque, a casaccio», ricorda ridendo il difensore biancoblù. Da quel giorno non ha più smesso. Non tira più a casaccio, intendiamoci, ma la sostanza non è cambiata: «Oggi come allora, per me l’hockey è soprattutto un grande divertimento».

La passione si è trasformata in una professione: «È quello che ho sempre sognato e cercato», racconta. «Ho aspettato l’occasione e poi l’ho colta». Eppure, nella sua famiglia, nessuno è mai stato particolarmente legato a questa disciplina: «Mio papà Giovanni, carpentiere da una vita, viene dal sud Italia e ha una preferenza per il calcio, lo sport scelto da mio fratello maggiore Dmitrijs. Mamma Irina viene dalla Lettonia, terra di hockey, ma non era una tifosa. Insomma, in casa sono stato il primo ad appassionarmi a questa disciplina. Fortunatamente ho fatto proseliti: il mio fratellino Aron, di 7 anni, ha infatti iniziato a giocare a hockey su ghiaccio».

Un anno da attaccante

Dopo le prime pattinate a Biasca con l’inseparabile amico d’infanzia - che nella vita ha poi fatto tutt’altro - Pezzullo entra nel settore giovanile dell’Ambrì Piotta. «Nei Novizi ho anche giocato un anno da attaccante, cavandomela piuttosto bene», ricorda. Terminate le Medie a Biasca, Rocco frequenta la Scuola per sportivi d’élite a Tenero, conclusa in tre anni. Durante la sua prima stagione negli juniores leventinesi (2018-19), viene selezionato per i Mondiali Under 18. Da lì in poi è tutto un crescendo: nel 2019-20 viene mandato ai Ticino Rockets in Swiss League, disputa i Mondiali Under 20 e il 25 gennaio 2020 debutta in National League con l’Ambrì Piotta di Luca Cereda, nella vecchia Valascia, scendendo sul ghiaccio per oltre 5 minuti nella vittoria per 4 a 2 sul Langnau. «A quel punto è cambiato un po’ tutto», racconta il ticinese. «Ho iniziato ad allenarmi stabilmente con la prima squadra biancoblù, giocando altre otto gare in National League. Poi è arrivata la pandemia e si è fermato tutto».

Un primo rallentamento

Nel 2020-21 il massimo campionato svizzero riparte tra mille incertezze. Dapprima con il pubblico, seppur ridotto e con le mascherine, poi, dopo la ripresa dei contagi, con le piste vuote. Ma in un Ambrì senza difensori stranieri, per Pezzullo c’è sempre più spazio. «Una stagione molto strana», ricorda Rocco. «Ero felice di giocare in National League, ma senza tifosi non era la stessa cosa. Mancavano le emozioni».

L’anno successivo, il percorso di Pezzullo subisce un primo rallentamento: 24 partite con l’Ambrì Piotta, 23 con i Rockets, 2 in prestito al Rapperwil. «Non ero ancora pronto mentalmente. Volevo tutto e lo volevo subito, ma non è così che funzionano le cose. L’ho capito con il tempo, maturando come persona e come giocatore. Non ho mai smesso di lavorare, sicuro che prima o poi sarebbe arrivata un’altra onda favorevole da cavalcare».

Più forte della sfortuna

L’onda arriva. Nell’estate del 2022, Pezzullo è in gran forma. Le prime amichevoli mostrano un giocatore in fiducia. Poi la botta: il 27 agosto, contro il Berlino, il ticinese rimedia una commozione cerebrale. Rientra dopo un mesetto, ma il 28 ottobre, contro l’Ajoie, ecco la seconda botta: un’altra commozione. Per Rocco inizia un periodo complicato. Mal di testa, problemi visivi, difficoltà di concentrazione. Paura, anche. Chi non l’avrebbe, dopo due infortuni del genere nel giro di due mesi? Invece di lasciarsi andare, il ragazzo ne viene fuori più forte di prima: «Nella sfortuna, quel doppio incidente ha rappresentato un punto di svolta. Mi ha fatto riflettere molto. Oggi mi sento più consapevole dei miei mezzi. Ho meno dubbi, meno insicurezze, meno fissazioni. Se vedo un’opportunità, la colgo. Grazie al sostegno della mia famiglia e all’aiuto degli psicologi sportivi, sono riuscito a gestire al meglio la situazione. Con tanta pazienza, senza avere troppa fretta di tornare».

Rocco sta anche approfittando di Corsin Camichel, il mental coach dei leventinesi: «L’aspetto mentale è molto importante e parlare con un professionista mi aiuta a buttare fuori quello che ho dentro».

Fiducia ripagata

Dopo un 2022-23 travagliato, Rocco non si aspettava di iniziare così bene la nuova stagione: «Non pensavo che avrei avuto subito tutto questo spazio. Lo staff tecnico ha fiducia in me e non ha paura di buttarmi sul ghiaccio, il che mi fa ovviamente molto piacere». La fiducia è ben ripagata, visto che Pezzullo vanta il miglior bilancio +/- della squadra: +10. «Non sono un fanatico delle statistiche, ma questi numeri possono fare bene all’autostima e darmi ancora più energia».

Questione di carattere

Classe 2001, Rocco ha colmato il vuoto generazionale che ha colpito l’Ambrì Piotta negli anni precedenti: nessun 1998, 1999 e 2000 cresciuto nel settore giovanile leventinese ha infatti trovato stabilmente posto in National League. Che cosa ha avuto Rocco Pezzullo in più degli altri? «Di sicuro non è una questione di talento. Nei Novizi e negli Juniores, infatti, c’erano ragazzi più dotati di me e che avrebbero potuto arrivare in alto. Credo che in fin dei conti sia prevalsa la costanza nel lavoro, la determinazione, il carattere. Magari l’ho ereditato da mia nonna e da mia madre, due donne molto decise nel raggiungere i loro obiettivi. Mamma, ad esempio, ha appena aperto un ristorante a Malvaglia. Prima aveva un bar. La sua nuova sfida è più tosta, più impegnativa, ma sta andando bene. Chissà, forse è il sangue lettone a renderci così. O forse no. Chi lo sa?».

Con la consacrazione in prima squadra di Simone Terraneo e Tommaso De Luca, entrambi classe 2004, il trend sembra essersi invertito: «Sono felice di avere due giovani ticinesi al mio fianco», afferma Pezzullo. «Anche loro abitano a Biasca, ogni mattina saliamo insieme alla Gottardo Arena con Isacco Dotti. Hanno portato energia a tutta la squadra».

Ci sarebbe un’ultima «trattanda»: il contratto in scadenza. «Stiamo discutendo, non posso dire di più». Va bene così.

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