Lugano, ricordi Dzeko? Ecco, con Ciro potrebbe andare peggio

Cristiano Ronaldo, Suarez, Messi, Messi, Messi, Lewandowski, Lewandowski, Haaland, Kane. Manca un nome per completare la lista degli attaccanti che nelle ultime dieci stagioni hanno conquistato la Scarpa d’oro, riconoscimento destinato al miglior realizzatore dei principali campionati europei. Manca Ciro Immobile. Il 34.enne di Torre Annunziata sarà il pericolo numero uno per il Lugano, domani sera alla Stockhorn Arena. Scaricato senza particolari remore da Claudio Lotito e della Lazio - due anni di contratto e premi arretrati compresi -, il giocatore si è rifiutato di concedersi alla soluzione più comoda e redditizia. No, niente Arabia Saudita come fatto da diversi ex compagni. Ciro ha scelto la Süper Lig turca per continuare a sentirsi vivo. Per continuare a segnare gol pesanti.
201 gol in Serie A
Nelle prime tre uscite ufficiali con il nuovo club ne sono arrivati già quattro. I primi due, per altro, valsi la Supercoppa nazionale a discapito del favorito Galatasaray. Il neoallenatore del Besiktas Giovanni van Bronckhost, in tal senso, ha subito compreso una cosa semplice: che per rendere, Immobile necessita di una squadra che lavora per lui. Verticale e poco barocca. Caratteristiche, queste, che la Lazio ha iniziato a smarrire sotto la gestione Sarri. Oddio, pure con don Maurizio l’attaccante italiano ha realizzato 56 reti in 112 partite. Una ogni due. E alla fine il suo saldo in biancoceleste - considerate tutte le competizioni - ha superato ampiamente quota 200. Sono invece 201 i gol complessivi in Serie A, ottavo marcatore più prolifico della storia.
E allora di che cosa parliamo? Certo, anche del rendimento altalenante con la nazionale azzurra, insieme alla quale si è in ogni caso laureato campione d’Europa da titolare e per la quale ha timbrato il cartellino con quattro ct: Conte, Ventura, Mancini e Spalletti. E non è un caso, a proposito di barocchismi, che proprio Luciano lo abbia infine confinato ai margini. Eppure, alla Svizzera Ciro aveva segnato durante il citato e trionfale Euro 2020. Ciro di fatto ha segnato un po’ per tutti e contro tutti, nel massimo campionato italiano ovvio, e però abbracciando uno spettro che va dal Bayern Monaco al Real Madrid. Già, la Germania e la Spagna. Oltre al rapporto tormentato con la selezione italiana, sulla reputazione di Immobile hanno pesato pure le due esperienze all’estero, con Borussia Dortmund e Siviglia. Immobile, per sua stessa ammissione, non si è trovato a suo agio. Un po’ per la cultura del posto, un po’ per i dissidi con Unai Emery nella Liga. Jürgen Klopp, invece, lo stimava. Perlomeno in una prima fase: «Ciro è un centravanti capace di trovare la rete da tutti gli angoli. È un attaccante vero, una minaccia costante, oltre che un guerriero».
Si è ricreduto persino il boemo
Klopp aveva ragione. Eccome. Il problema, semmai, è stata la rivisitazione del ruolo dell’attaccante. La sua concezione moderna. Immobile, in effetti, non si è comportato diversamente dai vari Inzaghi, Vieri e Batistuta. Mettiamoci anche Toni. L’ultimo decennio, tuttavia, ha voluto che ciò non fosse abbastanza per meritarsi una consacrazione trasversale.


Che poi, a posteriori, c’è persino chi si è ricreduto. E non parliamo di una figura qualsiasi. Zdenek Zeman fu il primo tecnico capace di accendere la miccia e innescare il cinismo di Immobile, con il Pescara dei sogni, nel quadro della stagione 2011-12, la stagione della promozione in A. Al boemo, durante l’Europeo poi vinto dall’Italia, chiesero quale dei suoi ex giocatori lo avesse sorpreso di più. Verratti, Immobile o Insigne? «Forse mi aspettavo meno da Immobile, e invece ha confermato di essere un attaccante che sa fare gol».
È già successo
La nocività di Immobile, va da sé, è chiarissima a Mattia Croci-Torti. A poche ore dall’andata del playoff di Europa League, l’allenatore del Lugano parla di un osservato speciale. «Non possiamo permetterci di mettere in discussione un centravanti del suo calibro» l’analisi del Crus nella pancia della Stockhorn Arena. «Immobile è stato l’attaccante italiano più prolifico degli ultimi dieci anni. Merita enorme rispetto e altrettanta attenzione». I bianconeri, d’altronde, si sono già scottati con Edin Dzeko, fattore decisivo nel preliminare di Champions League contro il Fenerbahçe. «Vero, anche se Dzeko e Immobile sono profili differenti» tiene a precisare Croci-Torti. «Il primo preferisce avere la sfera tra i piedi, vuole controllare il gioco. Ciro, invece, cerca e attacca costantemente la profondità». E con lui, spinto dagli oltre cinquemila turchi attesi a Thun, il Besiktas. «In questo avvio di stagione la squadra turca ha fatto del gioco offensivo la sua specialità» sottolinea il tecnico bianconero, offrendo una prima, possibile chiave di lettura del match. E allora vien da chiedersi se al Lugano non convenga provare a limitare i danni per poi tentare il tutto per tutto a Istanbul. Dieci mesi fa, dopo tutto, agli uomini del Crus la clamorosa impresa era già riuscita. «No, non vogliamo fare calcoli in vista della gara di ritorno» precisa senza esitare l’allenatore momò. «Abbiamo le carte in regola per giocarcela dal primo minuto del primo incontro. Lo scorso ottobre eravamo stati bravi a fare qualcosa d’incredibile, ma è guardando alle convincenti prove con Fenerbahçe e Partizan che intendiamo affrontare il Besiktas. Abbiamo dimostrato di poter essere all’altezza di questi squadroni. E ad attenderci è una partita a cui teniamo tanto».