Calcio

Ma perché l'Yverdon e le sue sorelle fanno così paura?

La corsa alla promozione in Super League non è mai stata così incerta - A due turni dal termine, non è escluso il salto di categoria di club di secondo piano come la capolista, il Wil e lo Stade Losanna - Edmond Isoz: «Infrastrutture, pubblico, sponsor: queste realtà non hanno alcun potenziale»
Stade Losanna e Yverdon si sono appena affrontati con la vittoria dei primi e il rinvio della festa promozione per i secondi. © KEYSTONE / JEAN-CHRISTOPHE BOTT
Massimo Solari
22.05.2023 22:00

Cinque squadre su dieci in corsa per la promozione. Cinque su dieci! È la realtà, folle e al contempo entusiasmante sul piano sportivo, della Challenge League. Di sentenze, a soli 180 minuti dal tramonto della stagione, non ne sono ancora state emesse. All’Yverdon capolista manca un solo punticino per regalarsi un posto al sole. Domani sera sapremo. Mentre fra Losanna, Wil, Stade Losanna e Aarau è autentica bagarre. Gli scontri diretti in agenda, per altro, contribuiscono all’intreccio. Tutto molto bello e vibrante, già. Che spettacolo. Eppure, uno dei possibili scenari all’orizzonte è guardato con sospetto da diversi addetti ai lavori. Con paura, anche. A strappare l’undicesima e dodicesima casella della «nuova» Super League - allargata a partire dal prossimo torneo - potrebbero infatti essere realtà non di primo piano. A livello di tradizione, di budget e/o sul piano infrastrutturale. Certo, il Losanna - big della lega cadetta - ha le carte in regola per farcela. Solo all’ultimo respiro e perciò clamorosamente. Ma pure l’ipotesi di Yverdon e Stade Losanna in Super, con la formazione di Ludovic Magnin costretta agli spareggi, è tutto fuorché peregrina. Wil e Aarau, suggerivamo, ci credono a loro volta.

Tredici elette: e loro non ci sono

Edmond Isoz non esita a parlare di «pericolo». E a suggerirlo, sottolinea l’ex direttore della Swiss Football League, sono «la storia e le sue statistiche». Con l’avvento della formula Rumo, nel 1987, in Svizzera si è fatto largo il concetto di professionismo. Le partite, d’altronde, furono portate da 30 (o meno) a 36. «Ecco, da allora a oggi vi sono tredici club che hanno disputato almeno 15 stagioni su 36 nel massimo campionato elvetico» spiega Isoz, che non ha mai smesso di aggiornare una speciale tabella Excel sul tema. «In questa lista - prosegue - non figurano tre delle cinque squadre ai vertici della Challenge League: Yverdon, Wil e Stade Losanna». Di qui i timori dell’ex numero uno della SFL. «Ripeto: a oggi, il professionismo nel calcio svizzero può essere declinato in 12-14 sfumature. Punto». Isoz fa riferimento a condizioni indispensabili: «Il potenziale di spettatori, di sponsor e di popolazione. Criteri che - insieme a infrastrutture e tradizione - reputo determinanti per mantenere un’organizzazione di alto livello». Prendiamo il pubblico. Per la maggioranza delle dirette interessate i numeri parlano chiaro. Lo Stade Losanna ha la penultima media spettatori (1.136); Yverdon - rinvigorito dalle ultime giornate - e Wil non sono messi meglio con 1.350 e 1.408.

Dipendenti da una sola figura

D’accordo: l’affluenza non premia tre potenziali candidate alla promozione. Se sono lì a giocarsela, però, significa che qualcosa di buono - anche fuori dal rettangolo verde - sono riuscite a compierlo. «Questi tre club, che di base non avrebbero nulla da spartire con la Super League, hanno in comune la struttura societaria» indica Isoz. Per poi precisare: «Fanno affidamento sui fondi di una sola persona, da cui dipende oltre il 50% dell’impegno finanziario». Parliamo di tre imprenditori: Mario Di Pietrantonio (Yverdon), Maurice Weber (Wil) e Vartan Sirmakes (Stade Losanna). «Tutti hanno saputo delegare in modo sapiente - a persone di fiducia e competenti - la gestione sportiva delle rispettive società» prosegue il nostro interlocutore. «E sin qui, appunto, tale organizzazione chiara - ma non professionistica - ha funzionato. Ma attenzione: non è il “valore” del club a garantirne la sopravvivenza, ma il singolo che lo presiede». Con tutte le controindicazioni del caso per l’ecosistema del calcio rossocrociato. «I budget sono limitati e di riflesso la qualità delle rose. Di più: il rischio di fallimento o difficoltà finanziarie è dietro l’angolo. Il patron dell’Yverdon, non a caso, è in trattative avanzate per cedere il club».

«Che errore sugli stadi»

Sul biglietto da visita del nostro principale campionato, domani, potrebbero inoltre figurare tre impianti sorpassati dagli eventi: Municipal, Bergholz e Pontaise. «E siamo a un altro errore madornale della Swiss Football League» afferma il suo ex direttore. «In cambio della retromarcia sui playoff da parte dei club di Challenge League, lo Young Boys ha tirato le fila affinché venisse accolta l’attenuazione dei requisiti per gli stadi della Super. Peccato che proprio gli impianti costituiscano le fondamenta per gli incassi di una società. Speculare su modernità e hospitality, insomma, rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol. Anche perché le realtà in questione godono già ora di uno scarso seguito, sia in casa, sia in trasferta e senza una infrastruttura attrattiva rimarrebbero ferme al palo. E ciò a discapito di realtà più solide come Sion, Thun o Neuchâtel». Vero. Vien però da chiedersi quale significato dare alla meritocrazia sportiva. Isoz non si scompone: «Chi non sta al passo non dovrebbe essere promosso e nemmeno ricevere il sostegno della SFL, tra i 500.000 e i 700.000 franchi a stagione». 180 minuti e conosceremo il verdetto del campo.

Penultima fatica stagionale per il Bellinzona, reduce dalla brutta sconfitta esterna contro il Neuchâtel Xamax. Domani sera gli uomini di Sergio Zanetti ospitano il Thun al Comunale, con la salvezza già in tasca. Perlomeno, quella sul campo. Venerdì, infatti, si esprimerà l’autorità di ricorso per le licenze, alla quale il club granata si era appellato dopo la bocciatura della documentazione presentata in prima istanza.