L'intervista

Mario Isola: «La mia sfida più grande? Tornare in F1 dopo 20 anni»

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il responsabile motorsport Pirelli
La F1 utilizza le termocoperte elettriche, tecnologia che è però destinata a sparire entro il 2024. © REUTERS/FLORENT GOODEN
Maddalena Buila
17.01.2023 06:00

Da 27 anni lavora per Pirelli, di cui ora è direttore della parte motorsport. Negli anni Mario Isola ha dovuto affrontare tante sfide, l’azienda italiana, d’altronde, equipaggia circa 350 campionati. Uno di questi, tra i più bei fiori all’occhiello della ditta milanese, è quello di F1, tornato a essere rifornito Pirelli dal 2011, dopo 20 anni di assenza.

Signor Isola, partiamo da una domanda che all’apparenza potrebbe sembrare semplice o banale. Quanto è complicato realizzare una gomma Pirelli per la F1?

«È molto più difficile di quanto si creda. Generalmente, quando si pensa a un’auto di F1, vengono in mente i suoi 800 chili e la sua velocità. In realtà c’è molto di più. In primis l’enorme quantità di energia sugli pneumatici, i carichi a cui sono sottoposti, le accelerazioni laterali e longitudinali, le temperature che raggiungono, la trasmissione della trazione a terra senza scivolamento tra cerchio e pneumatico. Insomma, tanti elementi sottostimati, che però sono importanti per fornire un prodotto all’altezza. In 12 anni in F1 ne abbiano vissute tante. Un esempio? L’introduzione dell’ibrido nel 2014, con l’arrivo delle power unit che trasmettono la coppia in maniera diversa sugli pneumatici. Riassumendo. Sviluppare un prodotto per la F1 può significare ridisegnarlo a causa di cambi drastici di regolamento - come nel 2014 o nel 2017 con le gomme più larghe o ancora nel 2022 con il cambiamento a 18 pollici - oppure adattare quello dell’anno precedente. Le auto migliorano le loro prestazioni e noi dobbiamo restare al passo».

Come si muove Pirelli in ottica sostenibilità? Penso per esempio a tutti gli pneumatici usati…

«Vengono tutti recuperati e portati in Inghilterra, dove abbiamo un centro tecnico che si occupa di riciclarli sotto forma di energia. L’obiettivo futuro, su cui in realtà stiamo già lavorando da tempo, sarà riuscire a recuperare materia riutilizzabile. Per noi la sostenibilità è una priorità a livello aziendale, non solo per quanto concerne il motorsport. Il nostro impegno ci è valso diversi riconoscimenti internazionali, tra questi spicca anhe la certificazione sostenibilità tre stelle FIA, ricevuta nel 2022. Siamo attenti all’utilizzo dei materiali, alla logistica, all’uso dell’acqua e dell’energia da fonti rinnovabili. Abbiamo inoltre deciso già da tempo di eliminare dai servizi di catering la plastica monouso e limitiamo al massimo i trasporti via aerea. Siamo infatti fermamente convinti che la sostenibilità sia un insieme di aspetti che fanno la differenza».

Quanto è impegnativo un weekend di gare per Pirelli?

«L’aspetto più faticoso in realtà è non avere mai una pausa (sorride, ndr). Poi certamente ci sono dei weekend particolarmente intensi. La F1 sicuramente richiede un lavoro particolarmente dispendioso di energie. Quest’anno le gare saranno 23, dunque dovremo essere preparatissimi. Tutto deve essere organizzato alla perfezione. In aggiunta ci sono poi anche gli altri campionati che copriamo. A luglio, per esempio, abbiamo F1, F2 e F3 che gareggiano nello stesso posto. A loro pensano una settantina di persone, a cui si aggiungono altre 100 per la 24 Ore di Spa, per la quale servono circa 13.000 gomme. Qualche anno è capitato che cadesse, sempre nello stesso weekend, anche una gara del Mondiale di rally. Ciò significa 200 dipendenti in giro per il mondo con circa 19.000 pneumatici. Si tratta di situazioni eccezionali, che però esistono e vanno gestite».

Per scegliere le mescole si considera il layout della pista, quanto è severa sulle gomme, l'aggressività dell'asfalto e il meteo.
Mario Isola, responsabile competizioni Pirelli

Come mai su alcune vetture di F1 le gomme si degradano prima che su altre?

«Noi siamo un mono fornitore, quindi produciamo uno pneumatico che è il miglior compromesso per tutti. Abbiamo vetture di punta che stressano di più la gomma, e vetture più lente che lo stressano meno. Tipicamente le vetture più veloci hanno un warm-up migliore, perché scaricano più energia sullo pneumatico scaldandolo prima, ma spesso degradandolo più in fretta. La vettura più lenta ha maggiori difficoltà di warm-up iniziale, ma mantiene più a lungo la prestazione della gomma. Ogni vettura è disegnata in maniera diversa, per esempio può essere più severa di altre sugli pneumatici posteriori perché in uscita dalle curve ha maggior scivolamento, creando un surriscaldamento superficiale maggiore e un degrado più marcato soprattutto in trazione. Ecco perché ogni squadra ha un gruppo di ingegneri che studiano questi effetti e cercano di apportare dei correttivi sul set up della vettura. Fa la differenza chi sa usare meglio gli pneumatici che ha a disposizione».

Qual è il processo dietro la scelta delle mescole?

«Consideriamo il layout della pista, quanto è severa sulle gomme - ovvero quanta energia subiscono in un giro -, l’aggressività dell’asfalto e le condizioni meteo».

Vi è mai capitato di pentirvi per una scelta di mescole?

«Certo. Fa parte del gioco. È anche vero che ci sono gare in cui purtroppo le scelte sono imposte. Penso a Monaco, una pista molto poco severa per cui anche le mescole più morbide non lo sono comunque abbastanza. Bisognerebbe disegnare delle gomme apposta per questo circuito, ma non sarebbe fattibile».

Quanti dati, di tutti quelli che accumulate, fornite alle scuderie?

«Tanti, ma loro ne vorrebbero sempre di più (ride, ndr). Noi diamo a tutti lo stesso supporto tecnico. Ogni ingegnere Pirelli presente in ciascuna scuderia dà lo stesso numero e qualità di informazioni. Ci sono poi pacchetti di dati caricati su un server a cui possono accedere le squadre e dati telemetrici che i team forniscono a noi. Si tratta di uno scambio bidirezionale».

Quanti campionati fornisce Pirelli?

«Solo di auto 230. Altri 120 se contiamo anche le moto. Più di 350 in totale».

Quali sono le maggiori sfide del vostro lavoro in F1?

«In primis esserci tornati nel 2011, dopo 20 anni di assenza. È stata la più grande sfida della mia carriera professionale (sorride, ndr). In pochi mesi abbiamo dovuto mettere in piedi una fabbrica, un team, una logistica, degli ingegneri e trovare nuove figure che non avevamo. È stata una lotta contro il tempo per capire i meccanismi, gli attori… Ma le sfide ci sono ogni anno. Come Miami nel 2022 e Las Vegas nel 2023. Anche essere rientrati nel Mondiale rally non è stata una passeggiata. Abbiamo dovuto adattare velocemente il nostro prodotto alle vetture WRC. In più tutto questo è successo durante la pandemia. L’anno scorso abbiamo inoltre dovuto far fronte agli innalzamenti dei costi delle materie legati allo scoppio della guerra in Ucraina. Da un punto di vista umano, invece, la difficoltà consiste nel tenere alto il morale della squadra. Stare lontano da casa quasi tutto l’anno non è facile. Insomma, se apriamo il libro delle sfide stiamo qui tutto il giorno (sorride, ndr)».

Le termocoperte verranno eliminate nel 2024, non sarà banale far fronte alla loro assenza dati gli sbalzi di temperature.
Mario Isola, responsabile competizioni Pirelli

Scegliamone allora una futura, quella relativa all’eliminazione delle termocoperte…

«Quest’anno lavoreremo a un prodotto che nel 2024 potrà essere usato senza termocoperte. Abbiamo già iniziato con le full wet. Ma eliminarle sarà una grande sfida, anche perché avrà un grande impatto sullo spettacolo. L’undercut, per esempio, non sarà più una strategia utilizzabile. Si ridurrà inoltre il numero di pit stop, dato che si perderà molto dopo la fermata. La F1 è un campionato particolare, l’energia sulle gomme è unica. Togliere le termocoperte significa partire con una gomma fredda che deve supportare enormi carichi sin dal primo giro, e la cui temperatura passerà da 20 a più di 100 gradi. La pressione aumenterà di 9 o 10 psi, e l’impronta a terra, ovvero il profilo del pneumatico, cambierà radicalmente. Dovremo ridisegnare una costruzione che non modifichi il proprio profilo in questo delta di pressioni molto elevato. Non sarà un lavoro banale».

Vede ancora Pirelli nel futuro della F1?

«Credo siamo stati una parte importante di questo mondo, seguendo le sue richieste con un atteggiamento aperto. Oggi c’è un ottimo rapporto con la FIA, la F1, i piloti e i team. Sarebbe bello continuare la nostra avventura».