Basket

«Mi sono sentito colpevole, ma la SAM mi è stata vicina»

Vernon Tylor e il Massagno ritrovano l’Olympic Friburgo tre settimane dopo aver buttato via la finale di SBL Cup
© CdT/Gabriele Putzu
Mattia Meier
19.02.2022 06:00

Si chiude oggi il secondo turno della massima serie con match che metteranno di fronte tanto la testa quanto la coda del campionato. Un doppio confronto che coinvolge le due ticinesi. Il Lugano, fanalino di coda, fa visita (ore 17.30) a quel Monthey che sta giusto un posto avanti (stesso bilancio vittorie/sconfitte, ma differenza canestri favorevole ai vallesani). La SAM, seconda, cercherà di prendersi il ruolo di primattore nel «big match» di Friburgo contro l’Olympic capolista (pure alle 17.30). Due sfide opposte per valori in campo, ma fondamentali per un aspetto: quello mentale. I Tigers vogliono continuare a cavalcare il momento buono di questo febbraio e lasciare ad altri l’ultimo posto; la Spinelli, che ritrova Roberto Kovac, ha invece la necessità di riscoprisi forte. Battere i burgundi a casa loro metterebbe tanta energia positiva nel serbatoio dei massagnesi, oltre ad avvicinarli in classifica.

Il gruppo prima del talento
Un concetto, quest’ultimo, che ribadisce e sottolinea anche Vernon Taylor, uno dei leader, tecnici e «spirituali», della SAM: «Oggi è un match importante per “riprenderci” in parte quanto abbiamo perso in Coppa, ma anche e soprattutto per ricordare a noi stessi quali sono le nostre qualità. Loro li conosciamo, sono forti, una squadra completa, talentuosa in attacco e con una difesa eccellente. Ma anche noi lo siamo, possiamo esserlo. Giocarcela e vincere ci darebbe una bella spinta per l’ultima parte di stagione».

La guardia statunitense, nata a Charleston nel 1987, sa bene che il discorso non è prettamente tecnico: «Se guardiamo il talento complessivo, siamo forse avvantaggiati. Ma da solo non basta. Mentalmente dobbiamo crescere, e in questo loro sono un esempio. Penso a tutto il campionato. Che sia contro di noi o contro gli ultimi, giocano sempre al 100%, non mollano mai. Noi questa dimensione non l’abbiamo ancora, o meglio, la stiamo creando». Fortunatamente l’ex Neuchâtel non si tiene i «segreti» per sé: «Come la si crea? Allenandosi, allenandosi e ancora allenandosi. E poi facendo gruppo, stando vicini, soprattutto nei momenti difficili. Mai puntare il dito, ma sostenersi sempre. L’ho vissuto direttamente: dopo la finale di Montreux continuavo a pensare di aver fatto perdere la squadra, e i ragazzi mi hanno sostenuto e ricordato che l’abbiamo persa insieme. Per questo dico che quella partita sarà davvero una sconfitta solo se non impareremo la lezione».

Voglia di ricominciare
L’impressione è che il fantasma di Montreux aleggerà per diverso tempo su Nosedo. Non nella testa di Vernon Taylor, sino a qui (esclusa, purtroppo, quella finale di SBL Cup), uno dei più solidi in maglia biancorossa con i suoi 16,9 punti (corredati da 4 rimbalzi e 4,1 assist a uscita) e la capacità di mettere pressione sulla palla come pochi: «Nel basket devi avere la memoria corta per certe cose. Le giornate sbagliate capitano, i giorni e i momenti successivi alla finale sono stati duri, come detto mi sentivo in colpa, ero abbattuto. Questo finché non ho rivisto il match: l’ho guardato, analizzato. Poi l’ho messo via, pronto a ripartire. Tengo gli insegnamenti, non le delusioni». Delusioni su cui ha però in parte costruito la bella stagione personale di quest’anno, seppur fuori ruolo: «L’esperienza di Neuchâtel non è finita benissimo e si sono fatti un’idea sbagliata di quel che sono come uomo e come giocatore. Volevo dimostrare, a loro, come a tutti, che si sbagliavano. Direi che per ora va bene. È vero, sono una guardia e non un playmaker, ma nel basket devi saperti adattare, metterti a disposizione. Sono qui per fare quello che serve alla squadra, e poi è sempre bello imparare qualcosa di nuovo, anche dopo 11 anni di carriera. Qualche volta sbaglio purtroppo, ma in generale sono orgoglioso della mia stagione».