Il caso

Milano-Cortina 2026: benvenuti alle Olimpiadi della neve artificiale

Per garantire la regolarità delle gare e lo spettacolo televisivo verranno prodotti 2,4 milioni di metri cubi di neve artificiale: siamo lontani dai numeri di Pechino 2022, ma la questione del consumo energetico resta attuale
©Alessandro Trovati
Red. Online
01.11.2025 09:00

Le Olimpiadi, finalmente verrebbe da dire, tornano nelle Alpi dopo un lungo pellegrinaggio fra Russia, Corea del Sud e Cina. Cortina e Bormio (sci alpino), Anterselva (biathlon), Livigno (freestyle e snowboard) e Val di Fiemme (sci nordico) accoglieranno le gare di Milano-Cortina 2026

Le località, sparse fra Dolomiti e Lombardia, sono abituate ad accogliere tappe di Coppa del Mondo o addirittura Mondiali. D'accordo, ma la neve? Situate fra 1.200 e 1.800 metri di altitudine a livello di centri urbani, queste località dovrebbero garantire un innevamento sufficiente per la due settimane olimpica (6-22 febbraio). Detto ciò, i quarti Giochi olimpici della storia italiana saranno caratterizzati (anche) dalla neve artificiale.

Le Federazioni internazionali di sci e biathlon richiedono, in particolare, neve artificiale per rendere le piste più resistenti e, di riflesso, garantire la sicurezza degli atleti e condizioni di gara uguali per tutti i concorrenti. Di qui la decisione: il Comitato organizzatore di Milano-Cortina 2026 conta di produrre 2,4 milioni di metri cubi di neve artificiale, che richiedono qualcosa come 948 mila metri cubi di acqua di cui solo 580 mila per il sito di Livigno, al Mottolino. Certo, non siamo ai livelli di Pechino 2022, quando servirono 2,8 milioni di metri cubi di acqua per fornire di neve rispettivamente le sedi di Yanqing e Zhangjiakou. Tuttavia, come ha spiegato Jake W. Dean dell'Università della California ad AFP «anche se ci fossero condizioni perfette in termini di copertura nevosa, a Milano-Cortina ci sarà neve artificiale». E ancora: «Questi grandi eventi possono fare quello che vogliono con le loro gare». Il riferimento è alle televisioni, che vogliono un panorama «bianco».

Cannoni da neve e lance, che spruzzano acqua attraverso un flusso di aria compressa nell'aria fredda producendo polvere di neve fine, consumano molta energia. Il pensiero, dunque, va ai laghi artificiali e ad altri bacini di stoccaggio dell'acqua. Così Vanda Bonardo di Legambiente Lombardia: «È un fardello che grava su località che hanno già visto un forte sviluppo a causa dell'evoluzione dell'industria sciistica. Ciò che ci preoccupa non è tanto il fatto che vengano abbattuti alberi qua e là, ma il peso sempre maggiore di questa industria sulle montagne».

Secondo Bonardo, nel contesto del riscaldamento globale, che ha visto la copertura nevosa delle Alpi italiane ridursi del 50% in cento anni, secondo uno studio pubblicato nel dicembre 2024 sull'International Journal of Climatology, «la neve naturale sta diventando un'eccezione». «Il problema non sono le Olimpiadi» ha aggiunto Antonio Montani, presidente del Club Alpino Italiano. «I Giochi non fanno altro che illustrare il vero problema delle centinaia di stazioni che possono operare solo con la neve artificiale, consumando molta energia e fondi pubblici».

È in gioco anche il futuro dei Giochi Olimpici: secondo il Comitato olimpico internazionale, solo dieci Paesi saranno ancora in grado di ospitare i Giochi invernali da qui al 2040. Robert Steiger, professore dell'Università di Innsbruck specializzato nell'adattamento ai cambiamenti climatici, ha avvertito: «Tra diversi anni, o addirittura decenni, diventerà impossibile produrre neve in alcuni luoghi, e il numero di sedi in grado di ospitare l'evento si ridurrà».