Aldo Grasso: «Leclerc può rompere la monotonia dei GP in TV»

«È ufficiale. Dopo il GP di Francia, possiamo tranquillamente affermare che l’automobilismo è lo sport televisivo più noioso al mondo. Non per colpa delle riprese o delle telecronache. No, è noioso di suo. Se anche le Ferrari regalassero qualche soddisfazione in più ai loro tifosi, il discorso non cambierebbe». Lo scriveva Aldo Grasso lo scorso 24 giugno sul Corriere della Sera. Siamo tornati a contattarlo ieri, dopo due vittorie filate della Ferrari, dopo che Charles Leclerc si è imposto in Belgio e a Monza. «L’unica cosa che è cambiata, è che c’è un po’ di competizione. Ma la formula è sempre assurda. E lo ha ribadito la sceneggiata di sabato, nel finale di Q3.
Il problema è che la Formula 1 ha complicato così tanto i suoi meccanismi, da mettere in secondo piano le capacità e il coraggio del pilota. Ora a suonare la sveglia ci ha pensato questo giovane pilota della Ferrari, che in campo è riuscito proprio a mettere queste doti». Serviva qualcuno in grado di rompere gli schemi. «Qualcuno che rompesse questi meccanismi, sì. Perché altrimenti la Formula 1 attuale vede vincere la domenica chi già si dimostra più veloce il sabato, senza sorprese. In fondo, ciò è accaduto anche questo weekend. Bisogna tornare al passato su tanti aspetti, altrimenti si resta in questa dimensione da videogioco, che ha tutto un altro tipo di passione, più virtuale, mediata».


Neppure l’esplosione di Leclerc sembra convincere il critico televisivo. «Leclerc può avere un ruolo importante, nel futuro, ma è vero che la Formula 1 ha perso parte del suo fascino. Nel ciclismo, per dire, se non altro uno vede la fatica, lo sforzo. A volte, teoricamente, una corsa ciclistica è più noiosa di un gran premio automobilistico, perché magari vi accade solo una piccola cosa nel finale, ma perlomeno, durante la corsa, c’è appunto la fatica, quel côté umano che sta sparendo dalla Formula 1. Anche l’aspetto del collegamento via computer con il muretto, dal quale possono essere apportate delle correzioni, rende il tutto più simile a un videogioco che non al vero sport. Questo, anche da casa, viene avvertito, certamente».
La tradizione televisiva della domenica pomeriggio, da vivere sul divano, nell’attesa della partenza e poi via via della bandiera a scacchi, è ancora viva, specie in Italia, ma anche in Ticino, dove abbondano i ferraristi. «Una tradizione che dalle nostre parti nasce dal fatto che il marchio Ferrari è sempre stato tra i più importanti al mondo. Da lì al tifo è un attimo: l’italiano si riconosce nel marchio, in una macchina che lo rappresenta. Questa è stata una componente molto importante, l’altra era relativa all’attesa, un po’ sadica, di vedere un incidente. Ai tempi erano d’altronde molto più numerosi di adesso. Aspetto, quello della sicurezza, sul quale fortunatamente ci sono stati degli accorgimenti. Non siamo spettatori cinici al punto da godere di una disgrazia e del fatto che questa disgrazia non ci riguardi». Leclerc potrebbe essere il prossimo grande personaggio.
L’ultimo? Grasso: «L’ultimo è stato Michael Schumacher, punito purtroppo dal destino con un incidente, non mentre guidava bensì mentre sciava. Un puro incidente, una sfortuna enorme. L’ultimo grande della Formula 1 è stato lui».


Lewis Hamilton per molti, forse anche per Aldo Grasso, è il simbolo massimo della monotonia recente. Leclerc è quindi visto, oggi, come una possibile svolta, una via d’uscita. «Sì, lo ribadisco. Ma la cosa più importante di questo weekend non sta tanto nel fatto che lui abbia vinto, ma che a un certo momento abbia dato una scodata a Hamilton, mostrando allora del coraggio umano. Il coraggio che va oltre la potenza delle macchine e dei motori, proprio perché la Formula 1 ha bisogno di quel qualcosa in più. Questo ragazzo con la faccia d’angelo è uno che non si fa intimorire da nessuno». Buca lo schermo, alla vecchia maniera, come ai vecchi tempi, quando in Tv si assisteva a un GP, non a un videogioco. «La Formula 1 ha creduto che, inseguendo l’evoluzione tecnologica, avrebbe potuto risultare più interessante. Un errore: la tecnologia deve essere al servizio dell’uomo, non il contrario».