Come gestirà la Ferrari l'eroe demotivato Hamilton?

C’era una volta un ragazzo inglese. Nato a Stevenage il 7 gennaio 1985, il giovane britannico aveva una voglia pazza di buttarsi nel mondo del motorsport e arrivare in alto. Ebbene, ci arrivò. E una volta raggiunta la F1 si sbizzarrì. La sua grinta e il talento lo portarono per ben sette anni sul trono del campione. Un giorno, il pilota della Mercedes, decise di cambiare casa. Di lasciare la scuderia con cui aveva vinto tutto e tentare la fortuna altrove. A Maranello, per la precisione. Un contratto di fior fior di quattrini era d’altronde difficile da ignorare. Ma fu allora che cominciarono i suoi guai.
Ecco, ridotto all’osso, potrebbe essere questo il prologo della favola di Lewis Hamilton. Già, per il britannico non sono giorni di festa. La F1 è andata in vacanza dopo il Gran Premio d’Ungheria, ma immaginiamo che per il sette volte campione del mondo non ci sia molto spazio per il divertimento. D’altronde è stato proprio l’Hungaroring a dargli il colpo di grazia. A farlo sprofondare in un vortice di tristezza, amarezza e perfino rassegnazione.
Il mea culpa della Rossa
La controprestazione offerta da Lewis nell’ultima tappa del Mondiale ha sollevato un gran polverone. Nel mondo delle quattro ruote, in pratica, non si fa altro che parlare del “caso Hamilton”. Dopo le parole dure, dette con voce rotta e con capo chino, del campione inglese al termine delle qualifiche che lo hanno visto mancare la Q3, sono scesi fiumi d’inchiostro. «È finita un’era?», «Hamilton deve ritirarsi?», «La Ferrari su quali altri piloti può puntare?», «È giusto dare ancora fiducia al britannico?». Partiamo da una, quantomeno apparente, ovvietà. Lewis in Ferrari non si trova. E non ci riferiamo solo al feeling con la vettura. Da quando è sbarcato a Maranello, non è mai davvero riuscito a ritagliarsi il suo spazio. È passato da una realtà fatta su misura per lui, a un mondo completamente nuovo. Lingua sconosciuta, cultura differente, colleghi nuovi e, appunto, un’auto tutta da scoprire. Elementi che inizialmente parevano superflui e che oggi sono stati largamente rivalutati. Non a caso, il team principal del Cavallino Frédéric Vasseur nelle scorse ore è uscito allo scoperto: «Abbiamo sottovalutato la sfida affrontata da Hamilton a inizio stagione. In fondo veniva da una carriera ventennale nell’ambiente Mercedes e non è facile cambiare tutto questo. Sia Lewis sia io abbiamo sottovalutato cosa significasse quel cambiamento, dalla cultura alle persone».
La sentenza di Bernie
Già. Ma è mai possibile che la Ferrari non sia stata in grado di ponderare con estrema cautela la sua scelta? Le conseguenze di un mancato inserimento graduale di Hamilton a Maranello pendono ora come una spada di Damocle su tutto il Mondiale. Campionato che quest’anno il Cavallino voleva conquistare sia tra i piloti sia tra i costruttori. Qualora il sette volte campione del mondo non dovesse vincere nemmeno una gara da qui a fine anno, allora le cose si metterebbero davvero male. E la Rossa potrebbe persino decidere di puntare su qualcun altro. I possibili sostituti? Isack Hadjar dalla Racing Bulls o Gabriel Bortoleto dalla Sauber. Entrambi novellini ma protagonisti sin qui di un’ottima stagione. A questo punto va aggiunta una postilla fondamentale. Dal momento dell’annuncio di Hamilton in Ferrari, la Rossa ha registrato un introito in denaro incredibilmente elevato. Quello che pareva, e che in realtà è stato, un colpo di mercato clamoroso, ora rischia però di rivelarsi una pericolosa arma a doppio taglio. Che pubblicità è un Hamilton sfiduciato, deluso, che se ne va a capo chino dopo le interviste e che pare l’ombra di sé stesso alla guida della SF-25? Per alcuni, addirittura, Lewis dovrebbe ritirarsi ora. Lo ha detto nientepopodimeno che Bernie Ecclestone. L’ex boss del Circus ha sentenziato: «Hamilton non è un imbroglione, ma si prenderebbe in giro da solo se dovesse continuare a correre. Dovrebbe smettere ora. Se fossi il suo manager direi alla Ferrari: “C’è qualcuno in grado di sostituirlo? Lewis è pronto a farsi da parte”». Che mazzata. L’ex numero 1 della F1 ha poi corretto un po’ il tiro, aggiungendo che «ha già vinto sette Mondiali. Non c’è bisogno di prendersi ulteriori rischi. Non gli auguro nulla di male, ma non sta più lottando per il titolo».
Intanto Charles gongola
In mezzo a tutta questa confusione, c’è invece qualcuno che potrà godersi le vacanze. Il terzo posto strappato in Ungheria, è vero, doveva essere il primo gradino del podio. Ma per Charles Leclerc la corrente stagione non si sta rivelando un fallimento. Le premesse di gennaio, d’altronde, non erano affatto rosee per il monegasco. L’arrivo di Hamilton lo aveva messo parecchio sotto pressione. Doveva dimostrare a Maranello che sbagliava a puntare tutto su Lewis. E così ha fatto. Se, almeno per ora, il Cavallino non può definire del tutto insoddisfacente l’annata, è grazie a lui. Il numero 16 della Rossa è veloce e “capisce” la vettura. E poi ha un ingrediente fondamentale dalla sua. L’età. I suoi 27 anni contro i 40 suonati di Hamilton, che sportivamente parlando ha sicuramente già raggiunto e superato il suo picco di forma. Col tempo i riflessi diventano più ritardati, il fisico presenta i primi acciacchi e la stanchezza è maggiore. Sul piano della resistenza e della condizione fisica, insomma, il duello tra Charles e Lewis è impari. Ma forse questo Maranello se l’è scordato quando ha messo sotto contratto il sette volte campione del mondo sbandierando incredibili obiettivi.
Siamo dunque già giunti alle ultime pagine della favola in F1 di Hamilton? Sarebbe un finale da amaro in bocca. O magari ci troviamo solo nel momento in cui all’eroe capita un imprevisto ma poi tutto si risolve per il meglio. L’impressione, ad ogni modo, è che per Lewis, in Ferrari, non ci sarà spazio per un lieto fine.