Mondiale 2022

Imprevedibile e senza padroni: la MotoGP sembra un TotoGP

Nelle prime tre gare della stagione sono saliti sul podio nove piloti diversi: non succedeva dagli anni '50 – Roberto Rolfo: «KTM e Aprilia hanno reso lo scenario più variato, inoltre si è colmato il divario tra moto ufficiali e team privati»
Dopo Qatar, Indonesia e Argentina, domani si corre il Gran Premio delle Americhe ad Austin, in Texas. © EPA / JUAN IGNACIO RONCORONI
Fernando Lavezzo
09.04.2022 06:00

Imprevedibile. Da MotoGP a TotoGP. Il Mondiale della classe regina è iniziato all’insegna dell’incertezza e dell’equilibrio. Tre gare, nove piloti diversi sul podio. Non succedeva dai primi anni Cinquanta.

Alla vigilia del Gran Premio delle Americhe di Austin, in Texas, la classifica vede i migliori dieci racchiusi in soli 25 punti. Ai primi cinque posti ci sono piloti di cinque case diverse: comanda la Aprilia di Aleix Espargaro (45 punti) davanti alla KTM di Brad Binder (38), alla Ducati del Team Gresini di Enea Bastianini (36), alla Suzuki di Alex Rins (36) e alla Yamaha del campione in carica, Fabio Quartararo (35).

È una MotoGP senza padroni. Per adesso. Due dei protagonisti più attesi, Marc Marquez e Francesco «Pecco» Bagnaia, sono già attardati, ma la classifica stretta dà loro il tempo di rientrare. Il 29.enne spagnolo della Honda, sei volte iridato nella categoria, tornerà in gara domani dopo aver saltato gli ultimi due GP per i postumi del brutto incidente in Indonesia e per i nuovi episodi di diplopia. Il 25.enne piemontese della Ducati, vicecampione nel 2021, è invece apparso in difficoltà, così come il compagno di squadra, l’australiano Jack Miller.

Una nuova tendenza

Già nelle ultime due stagioni i pretendenti al podio erano stati parecchi. Nel 2020 Joan Mir conquistò il titolo vincendo una sola gara. Ben nove corridori si aggiudicarono almeno un Gran Premio, mentre l’anno scorso furono otto. È quindi lecito parlare di tendenza. Ma come si è arrivati a questa grande varietà di candidati al successo? Una spiegazione ce la fornisce Roberto Rolfo, torinese di nascita e ticinese d’adozione, vicecampione del mondo delle 250 nel 2003 e oggi commentatore alla RSI, nonché protagonista nel Campionato del mondo Endurance: «Per molti anni – ci dice il 42.enne – c’è stato un divario enorme tra moto ufficiali e team privati. Parliamo di due secondi al giro. Io me lo ricordo bene: nel 2005 ero in MotoGP con la Ducati del team Pramac e un decimo posto era già un gran risultato. Davanti c’erano sempre gli stessi e le cose si erano fatte un pochino monotone. Emersero anche delle difficoltà a livello di numero di partenti. Per ovviare a questo problema, nel 2012 e nel 2013 la Dorna (la società che gestisce la MotoGP, ndr.) introdusse la categoria CRT all’interno della MotoGP, con una classifica a parte per i privati. Abbassare i costi era l’unico modo per coinvolgere nuove squadre».

Da lì in poi, la politica si è fatta più lungimirante: «Le case – spiega Rolfo – hanno iniziato a fornire ai team privati delle moto leggermente meno competitive di quelle ufficiali, ma comunque di altissimo livello. C’è voluto un po’ di tempo, ma oggi non c’è praticamente più divario. Anzi, a volte vanno più veloci le squadre private. Vedi Ducati. I team ufficiali hanno tante cose a cui pensare e a volte vanno in crisi. Lo scenario attuale è molto interessante e fa emergere il vero valore dei piloti. Inoltre i progressi di KTM e Aprilia hanno allargato il novero delle moto pretendenti alla vittoria. C’è tanta varietà, sì. E questo equilibrio è destinato a durare, a meno che non cambi qualcosa nei regolamenti».

Aspettando Marquez

Varietà e imprevedibilità fanno bene all’interesse del Mondiale. Commercialmente, però, il «prodotto MotoGP» potrebbe risentire dell’assenza di un pilota simbolico. O di un acceso dualismo tra campionissimi. Che ne pensa Robi Rolfo? «La Dorna ha sempre confidato in un pilota di riferimento e in questo senso Valentino Rossi è stato l’uomo-immagine perfetto. Anche le battaglie tra due o al massimo tre piloti sono sempre state apprezzate dall’organizzazione. Effettivamente tutto questo sta venendo a mancare. Soprattutto se Marc Marquez dovesse avere altri guai fisici. Lui è stato l’unico in grado di portare ad alti livelli una Honda non particolarmente competitiva. Lo spagnolo potrebbe tornare a fare la differenza, ma purtroppo non ha ancora ritrovato la costanza. Sarebbe il solo a poter dare una piega diversa a questa MotoGP».

La tensione di «Pecco»

Vincitore in quattro degli ultimi sei Gran Premi del 2021, Francesco Bagnaia – torinese come Rolfo – ha vissuto un avvio di 2022 complicato. «La sua Ducati non lo sta aiutando, ma credo che Pecco stia anche accusando un po’ di pressione. Nei team ufficiali la vita non è sempre facile, lo si è già visto in passato con tanti altri piloti. Quando le cose vanno bene, il costruttore tende a prendersi il merito. Quando invece vanno male, si punta il dito contro il pilota, incapace di trovare la giusta messa a punto. Non è quello che sta succedendo in questo momento tra la Ducati e Bagnaia, ma Pecco sa che questo rischio esiste. E dunque si è caricato un po’ di tensione. Anche perché, ricordiamolo, ha iniziato questo Mondiale 2022 da favorito».

Quinto in Argentina dopo una qualificazione da dimenticare (14. posto), Bagnaia ha abbastanza tempo per risalire. «Una caratteristica che hanno da sempre i team ufficiali è quella di andare in crisi a inizio stagione per poi migliorare cammin facendo», afferma Rolfo. «La moto nuova è normalmente migliore di quella precedente, sì, ma non è ancora sufficientemente collaudata per garantire la necessaria stabilità. Per i team privati, invece, il materiale a disposizione è quello e basta. Non ci si inventa niente. Si cerca semplicemente di sfruttarlo al massimo per fare la differenza nella prima parte del Mondiale».

Rossi non c’è

Da tre gare è iniziato il dopo-Rossi. È più triste una MotoGP senza Valentino o una MotoGP con un Valentino incapace di competere per i primi posti? Rolfo non ha dubbi: «Risultati a parte, Rossi ha fatto la differenza a livello di immagine. Da giovane, con il suo modo di fare, con il suo essere personaggio, ha cambiato il pubblico che seguiva il motociclismo. È stato un bene, ma io oggi preferisco una MotoGP senza di lui, più incentrata sulle nuove generazioni. Era ora. Il pubblico che è eventualmente andato perso dopo il suo addio probabilmente non si era veramente appassionato alle battaglie o alla dimensione tecnica del nostro sport. È stato trascinato dal carisma di Valentino Rossi e da ciò che si è creato attorno a lui».