Formula 1

Max e i dubbi sul paddock, «Vincere non è solo felicità»

Verstappen ha recentemente sollevato il tema della sempre più alta pressione sui piloti - Lo psicologo dello sport Giona Morinini: «È giusto parlare di queste problematiche, la salute mentale va messa al primo posto»
Nonostante un inizio di stagione da urlo, a Max Verstappen pare pesare particolarmente il fitto calendario. © AP/Lynne Sladky
Maddalena Buila
09.05.2023 06:00

«Ma è poi davvero una bella vita, la nostra?». Un quesito che ha spiazzato un po’ tutti, quello sollevato in conferenza stampa da Max Verstappen prima del weekend di Baku. Di primo acchito, infatti, risulta difficile immaginare come l’apparente stratosferica esistenza dei piloti di F1 possa essere messa in discussione. Invece, il due volte campione del mondo della Red Bull, ha posto l’attenzione su aspetto non da poco, che col tempo sta facendosi sempre più presente all’interno del paddock. Lo stress psicologico sui piloti. Nello specifico, il 25.enne nato ad Hasselt ha tirato in ballo le 23 gare in calendario quest’anno. Il numero di corse più alto di sempre, a cui si aggiungono le sei sprint. Una cifra che aumenterà ancora, considerato che se non fosse stato per l’annullamento del GP della Cina, questa stagione avremmo già raggiunto quota 24 appuntamenti. «Le parole di Verstappen sottolineano un concetto chiave: quanto sia impegnativa la vita di uno sportivo professionista - spiega lo psicologo dello sport Giona Morinini -. Già “solo” arrivare ai massimi livelli in una specifica disciplina richiede tantissima costanza e perseveranza, rendendo l’attività sportiva il centro della propria vita e di quella di coloro che si ha attorno. Se questo è appagato da una sensazione di soddisfazione le cose funzionano. Se invece si comincia a sentire il peso della competizione, la pressione della prestazione o il giudizio dall’esterno, allora la bilancia inizia a pendere sulla fatica. Nel mondo della F1 tutto questo è accentuato. In primis perché si tratta di uno sport estremo, dove la sicurezza dei piloti è altamente in gioco. Inoltre, dato che i soldi che circolano nel Circus sono moltissimi, la pressione riguardante gli aspetti finanziari può arrivare a pesare anche sui protagonisti del paddock».

Staccare la spina

Il campione olandese non si è però limitato a sollevare la questione relativa alla qualità di vita dei piloti. Il pupillo della Red Bull ha anche rimarcato l’importanza del prendersi una pausa per passare del tempo con i propri cari e staccare la spina. Osservazione che non hanno fatto altro che aumentare lo sbigottimento dei presenti, incapaci di comprendere come un giovane pilota già lanciato verso il suo terzo mondiale consecutivo possa proferire tali parole. «Credo si possa far risalire il motivo di questo sconcerto alla difficoltà dei più a capire che nello sport la vittoria non porta per forza con sé il benessere e la felicità dell’atleta - prosegue Morinini -. Anzi. È piuttosto lo stare bene che ti permette di incamerare successi, non il contrario. Ecco perché sempre di più i piloti vengono seguiti anche a livello psicologico, puntando molto sull’attenzione agli aspetti preventivi. Un esempio tra tutti sono proprio le relazioni extra sportive, che permettono di normalizzare la vita dei campioni, portandoli a capire che il risultato della gara è solo una delle componenti della vita. Elemento, appunto, citato da Verstappen. A mio modo di vedere è bello che un personaggio del suo calibro ipotizzi di prendersi una pausa, perché mostra che vincere non è tutto. La cosa più importante è stare bene. Il problema è che nella F1 il tempo libero a disposizione è poco e sempre meno».

Il peso della cinepresa

Oltre a questi fattori, per i piloti del Circus, da qualche anno a questa parte, si è poi aggiunto un ulteriore elemento da gestire. Ovvero quello della popolarità mondiale. Grazie a Netflix e al suo Drive to survive, i conducenti sono diventati delle vere e proprie stelle del cinema. «C’è a chi questa enorme fama non pesa, anzi. Alcuni ragazzi sono felici delle grandissime attenzioni ricevute. Per altri, invece, può diventare una fonte di grande disagio e sofferenza. Questo accade se le richieste nei confronti dell’atleta sono più grandi delle risorse che quest’ultimo ha per gestirle. Ed è qui si può intervenire, spiegando al pilota che queste risorse esistono e sono importanti. In questo senso, nel caso specifico della F1, il ruolo della scuderia è fondamentale, perché deve fare capire al suo pupillo che la cura verso la propria salute mentale è il centro di tutto. Questo, in realtà, è un meccanismo win-win, dato che puntare al benessere psicologico dell’atleta, come detto, aumenta le probabilità che quest’ultimo faccia bene in pista. Un messaggio fondamentale, che è bene far passare già ai più piccoli. La vittoria è una conseguenza di un lungo processo, che funziona se l’atleta sta bene», chiosa Morinini.