In corner

Mourinho, il Crus e il doblete

L'allenatore del Lugano ama ispirarsi alla leggenda portoghese, ma cosa hanno in comune Sion-Lugano e Barcellona-Inter del 2010?
Massimo Solari
03.03.2023 06:00

Lo sapevate che la prima figlia di Mattia Croci-Torti - Dorotea - è nata il 26 gennaio, come José Mourinho? «E chissene frega», penserete. Va bene. Eppure, vi sono allineamenti dei pianeti che - più di altre coincidenze - sembrano guidati da una mano invisibile. Una mano a cui piace intrecciare i destini delle persone. «Mou», per il «Crus», non è stato solo l’allenatore della squadra del cuore: l’Inter. No, lungo il periodo di gavetta da assistente di uno o l’altro, il tecnico del Lugano è stato ispirato - quasi sedotto - dal portoghese. Soprattutto sul piano della dialettica e della gestione umana.

In pochi se ne sono accorti. Forse solo i nerazzurri più sfegatati e nostalgici. Nel presentare i quarti di finale di Coppa contro il Sion, Croci-Torti ha seguito - quasi alla lettera e attingendo probabilmente da una tasca dell’inconscio - un copione già scritto. Proprio da Mourinho. È il 27 aprile del 2010, vigilia di Barcellona-Inter, gara di ritorno della semifinale di Champions League. Il club milanese deve proteggere il capolavoro realizzato a San Siro. Un 3-1 che ha insinuato il dubbio nei campioni d’Europa in carica (e vincitori pure nel 2011), una macchina perfetta, sino a quel momento considerata inarrestabile. Nessuna allusione o fine provocazione, con un Casio al polso o scendendo da una Twingo: Piqué aizza così il Camp Nou: «Spero che i giocatori dell’Inter rimpiangano di essere calciatori per 90 minuti». Urca. José non si scompone. A poche ore da quella che diventerà la sconfitta più bella nella storia nerazzurra, plasma al contrario uno dei migliori saggi di psicologia sportiva. «Per noi disputare la finale a Madrid è un sogno, per loro è un’ossessione». Vi suggerisce qualcosa? Ecco le parole utilizzate dal Crus prima della trasferta romanda: «Per i vallesani la Coppa Svizzera è una grandissima ossessione. Per noi è un fantastico desiderio». Sì, siamo al limite del plagio.

Curiosità: quel giorno, su su, in piccionaia, Croci-Torti c’era. E come tanti altri tifosi nerazzurri deve aver goduto come un matto nel vedersi indicare da Mou, rincorso in mezzo al campo da Valdés (e dalla sua frustrazione) dopo il triplice fischio finale. Al mister bianconero, che si aspettava una bolgia - non come al Camp Nou, certo, ma comunque una bolgia -, l’atmosfera surreale e barricadiera del Tourbillon deve aver strappato un sorriso. A differenza del Barça di Pep Guardiola, il Sion ha ballato da solo. Altro che dodicesimo uomo. Per dire: Roman Macek, ammonito prematuramente, non ha dovuto fare i conti né con un’eccessiva pressione esterna, né con un furfantello alla Busquets. Così come l’assenza di bomber Celar - sostituito da Bottani - non ha suscitato la benché minima sensazione di malessere, se paragonata al ricorso obbligato di Chivu da esterno «offensivo» a fronte del forfait di Pandev.

E a proposito di prime linee e rincalzi. Un altro filo sottile lega Croci-Torti e Mourinho. Conduce in spogliatoio, per poi dipanarsi in sala stampa, di fronte ai giornalisti e - di riflesso - all’ambiente. Il comandamento è uno e uno soltanto: proteggere il gruppo, sempre, evitando di puntare il dito contro i singoli e semmai prendendosi tutte le colpe. Ecco, ci viene in mente Babic, reduce dalla brutta prestazione in campionato con il Basilea, ma difeso a spada tratta dal Crus il giorno prima della sfida di Sion. L’ex attaccante del San Gallo avrebbe dovuto essere l’alternativa principale a Celar e invece non ha disputato un minuto. «Croci-Torti? È abile a livello comunicativo e, perciò, attrattivo in termini di entertainment» ha dichiarato non a caso al CdT il ds dei Chicago Fire Georg Heitz. Di più. Lo stesso 40.enne momò - martedì - ha ammesso di andare a riguardarsi le interviste rilasciate in passato. Per studiare come migliorare sul piano retorico, magari prendendo spunto da uno dei diversi libri su Mou accumulati sul comodino. Uno resterà per sempre l’eroe del triplete. A Mattia Croci-Torti e al Lugano basterebbe una storica doppietta.

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