Tra passato e presente

Nestor, Antoine e la spinta degli ex

Subiat e Rey ricordano le ultime semifinali vinte, nel 1993 e 2016
Il già nazionale rossocrociato: «Sarà fondamentale scendere in campo con lo spirito giusto» 
Il capitano di mille battaglie: «Il campionato non conta, ma occhio alla gestione delle emozioni»
Antoine Rey festeggia con i tifosi la vittoria contro il Lucerna nella semifinale del 2016.
Flavio Viglezio
21.04.2022 06:00

Sale la tensione e riaffiorano i ricordi. Dolci ricordi di semifinali passate. Alcuni ancora recenti, altri un po’ sbiaditi dal tempo che passa, ma sempre nel cuore del popolo bianconero. Aiutano a farsi coraggio, in vista della sfida con il Lucerna che vale una stagione.

La promessa di Nestor

Il più dolce, probabilmente, è datato 1993. Sì, perché dopo la semifinale vinta a Neuchâtel contro lo Xamax arrivò anche il trionfo in finale con il Grasshopper. Il penultimo atto, però, era stato tutto fuorché una passeggiata. In doppio vantaggio grazie alle reti di Colombo e Zuffi nelle prime fasi del secondo tempo, il Lugano si fa raggiungere proprio al 90’. Poi a togliere le castagne dal fuoco, nel supplementare, ci pensa Nestor Subiat al 114’. «Ogni tanto - ci confida l’ex attaccante della nazionale rossocrociata - penso ancora a quella partita e a quel gol. Hertig mi passò la palla, io tirai subito e sorpresi il mio amico Corminboeuf. Fu una rete importante, ricca di significati». Un gol dedicato alla figlia Samantha, che proprio quel giorno compiva 5 anni. «E oggi ne ha quasi 35: come passa il tempo (ride, ndr). Cinque anni fa mi ha regalato la gioia di diventare nonno di un bambino che ha chiamato Leo Nestor. Per me la famiglia è sempre stata importante: le avevo promesso un gol, quella sera, e sono stato di parola».

Un gol dal sapore speciale, insomma: «Eccome, era la rete che ci portava in finale. Quando ho visto il pallone entrare, mi sono tolto la maglia e ho festeggiato come un matto insieme ai nostri tifosi, che erano proprio dietro la porta dello Xamax. Eravamo un grande gruppo, una squadra forte. E lo dimostrammo in finale contro il Grasshopper, una formazione che in campo schierava quattro o cinque nazionali svizzeri». Le recenti sconfitte dei bianconeri in campionato non preoccupano Subiat: «La Coppa è tutta un’altra cosa. Io penso che inconsciamente i bianconeri abbiano già iniziato da un po’ a pensare alla sfida con il Lucerna. Devono scendere in campo con fiducia, consapevoli delle loro qualità. E dare tutto per 90’ o anche di più, se necessario. Ci sarà il tutto esaurito a Cornaredo? Che bello! Io sono in Francia, ma guarderò di sicuro la partita in TV. E forza Lugano!».

La grinta del capitano

Corsi e ricorsi storici. L’ultima finale di Coppa Svizzera il Lugano la raggiunge nel 2016. Mancava da 23 anni, un’eternità. L’avversario in semifinale? Il Lucerna, ça va sans dire. In trasferta, però. I bianconeri passano subito in vantaggio con Anastasios Donis, ma vengono raggiunti ancora nel primo tempo. A mettere la firma sul definitivo 2-1 è ancora l’attaccante greco, che nella ripresa si guadagna il soprannome di «Maradonis». A dare battaglia, nel centrocampo disegnato da Zeman, c’è anche capitan Antoine Rey: «Donis in quel periodo volava. Ricordo però anche un finale di partita incandescente», spiega il losannese. «Avevamo terminato la sfida in dieci, a causa dell’espulsione di Djuric, e Sabbatini aveva pure sbagliato un rigore provando il cucchiaio. Diciamo che avremmo potuto vivere un finale di incontro più tranquillo (ride, ndr). Quegli ultimi minuti sono ancora nella mia mente: tanti tifosi bianconeri avevano intrapreso la trasferta ed era stato bello festeggiare insieme a loro».

Già, il fascino unico della Coppa. «Assolutamente sì. Quello era un altro Lugano rispetto ad oggi. Lottavamo per la salvezza e la Coppa Svizzera ci permetteva di respirare un’aria diversa, di vivere sensazioni positive. Penso ancora che la vittoria con il Lucerna ci aiutò parecchio nell’ultima fase del campionato».

Vero, questo è un altro Lugano. Ma gli ultimi risultati preoccupano il popolo bianconero. «La Coppa è la Coppa. Ciò che è successo prima non conta più nulla. Mattia Croci-Torti non avrà problemi a motivare il gruppo. Certo, di fronte ci sarà un avversario con la stessa voglia di vincere, ma il Lugano potrà contare su uno stadio pieno: per i bianconeri sarà fondamentale gestire bene le emozioni. Auguro al Lugano di qualificarsi per la semifinale e di riportare poi la Coppa in Ticino».

Walker per Walker

I ricordi fanno spesso rima con gli aneddoti. Ed allora ecco un altro salto nel passato: semifinale del 1992, a Ginevra il Lugano batte il Servette per 4-2 al supplementare. Decidono le reti di Zuffi e di Graciani. E l’aneddoto? Nel primo tempo supplementare si fa male il portiere Philipp Walker e il tecnico Karl Engel ha già effettuato i due cambi consentiti in quegli anni. Ed allora in porta ci va Marco, il fratello di Philipp. «Sulle prime non ho pensato a nulla», dirà alla fine l’improvvisato estremo difensore. «Poi però è stata dura sul piano nervoso, ma per fortuna sono arrivate le due reti che ci hanno promosso». Senza rendersene conto, era diventato l’eroe di Coppa.