Il personaggio

«Non dimenticherò mai quel rigore contro il Ginevra»

Philippe Furrer, più di vent'anni - tre dei quali a Lugano - ai massimi livelli si è ritirato - Ripercorriamo la sua eccezionale carriera
© KEYSTONE / ENNIO LEANZA
Flavio Viglezio
22.04.2022 06:00

Per più di vent’anni è stato un vero e proprio monumento dell’hockey svizzero. Ora, a 36 anni, Philippe Furrer ha deciso di dire stop. La sua straordinaria carriera è terminata con la maglia del Friburgo, con la C sul petto per l’assenza di Julien Sprunger, in una notte di semifinale dei playoff all’Hallenstadion di Zurigo. Riavvolge il nastro senza rimpianti e con serenità, l’ormai ex difensore: «Ho preso la decisione di ritirarmi nello scorso mese di dicembre. Questo momento arriva per tutti, prima o poi. Il futuro a Friburgo rimaneva incerto e in autunno avevo avuto dei contatti con un paio di altre squadre. Andare avanti avrebbe voluto dire cambiare ancora casa e regione, ma avevo lasciato Lugano proprio per stare più vicino alla mia famiglia. Ai miei occhi era fondamentale decidere del mio futuro prima della fine del campionato, per potermi concentrare esclusivamente sui playoff. Mi sarebbe piaciuto molto chiudere con un ultimo titolo svizzero, ma purtroppo non è andata così. È la dura legge dello sport».

Lacrime ed emozioni

Nonostante le mille e più battaglie vissute, anche negli ultimi playoff Furrer si è espresso ad alti livelli. Le motivazioni del ritiro non sono dunque di carattere fisico: «All’inizio di ogni stagione, dopo 20 anni di professionismo, ti chiedi come reagirà il fisico. Per me era importante chiudere la carriera in forma, senza disputare la classica stagione di troppo. E credo di esserci riuscito».

Alla fine dell’ultima partita della carriera, Furrer è stato festeggiato da tutti i compagni del Friburgo, che hanno accompagnato la sua uscita dal ghiaccio: «Sono stati momenti emozionalmente molto intensi. Certo, avrei preferito salutare tutti in casa, alla BCF Arena, ma va bene anche così. Anzi, è stato incredibile. C’era la mia famiglia, con mia moglie e mia figlia che non sono riuscite a trattenere le lacrime. E tutto il pubblico dell’Hallenstadion si è alzato in piedi per applaudirmi: non lo avrei mai pensato. E, nonostante la sconfitta e l’eliminazione, anche il viaggio di ritorno a Friburgo è stato bello».

Una sfida personale

È stato un viaggio lungo più di vent’anni, quello di Philippe Furrer. Dagli inizi, con la maglia del suo SCB, l’hockey è cambiato tantissimo: «Quando decidi di diventare uno sportivo professionista, devi avere una visione piuttosto chiara delle cose. In altre parole: quando scegli di giocare ai massimi livelli, devi fare di tutto per restarci. Per me è stata una sfida con me stesso: all’inizio di ogni campionato il mio obiettivo è stato quello di diventare il miglior difensore della squadra. Mi sono spesso spinto oltre i miei limiti per avere successo, ma ne è valsa la pena. Tutta la mia carriera è stata un’incredibile e bellissima avventura».

Un’avventura iniziata nelle giovanili del Berna: «Certo, il club della capitale è quello che mi ha lanciato e gli sarò sempre riconoscente. Da ragazzino pieno di sogni, sono riuscito ad affermarmi in prima squadra e ho vinto tre titoli svizzeri. Ma mi sono trovato bene ovunque: a Lugano ho vissuto tre anni indimenticabili. Era la prima volta che lasciavo casa, c’era un po’ di apprensione, ma in Ticino mi sono trovato a meraviglia. Abbiamo disputato due finali dei playoff e una semifinale e ho trovato tanti amici che frequento o che sento ancora oggi. Torno sempre con grande piacere a Lugano e nella prossima stagione mi vedrete di sicuro alla Cornèr Arena: non vedo l’ora di godermi un derby con l’Ambrì Piotta da spettatore».

Quell’indimenticabile boato

Tra Furrer e il popolo bianconero c’è sempre stato un feeling speciale: forse per quel famoso rigore realizzato contro il Ginevra che qualificava il Lugano alla finale dei playoff dopo dieci anni: «Quel rigore, e il boato della Cornèr Arena, rimarranno per sempre nella mia memoria. E pensare che il coach, Doug Shedden, voleva che lo tirasse Linus Klasen (ride, Ndr). Quando il disco è entrato in rete, ho capito quanto fosse importante per il Lugano e per i suoi tifosi tornare a giocare una finale dei playoff».

La Svizzera e l’autorete

Anche con la nazionale rossocrociata Furrer ha vissuto una lunga storia d’amore, culminata con l’argento ai Mondiali del 2013. In molti ricordano però anche l’incredibile autogol contro la Russia ai campionati del mondo del 2008: «Mamma mia che brutto ricordo, questo (ride, NdR). A mia discolpa, l’arbitro fece ripetere tre volte l’ingaggio difensivo e – se guardate bene le immagini – quando cerco di liberare il terzo di difesa il mio pattino sinistro si blocca sul ghiaccio. Ma non dimenticherò mai la faccia del nostro portiere Martin Gerber».