L'analisi

«Non è più una priorità, ma qualificarsi farebbe bene al morale»

Il giornalista israeliano Michael Yokhin dà una lettura al match di domani contro la Svizzera: «Il calcio oggigiorno non è il nostro primo pensiero, ma la squadra vuole scrivere la storia»
La Pancho Arena, lo stadio dove si giocherà il posticipo del match tra Israele e Svizzera. © KEYSTONE / LAURENT GILLIERON
Maddalena Buila
14.11.2023 23:00

È un match importante quello che andrà in scena domani sera alla Pancho Arena. Tra due squadre che sono lì, rispettivamente al secondo e terzo posto, di una classifica che può ribaltarsi da un momento all’altro. È un match, quello tra Israele e Svizzera, che però non racconta solo di calcio. Il conflitto in pieno svolgimento sulla striscia di Gaza non può infatti non entrare a far parte dei contorni che circondano l’incontro odierno. Dato il momento estremamente delicato, quanto conta per il popolo israeliano la sfida di domani sera? Lo abbiamo chiesto al giornalista dello stato ebraico Michael Yokhin. «Per rispondere a questa domanda bisogna fare una distinzione. Dal punto di vista puramente sportivo, la campagna europea della squadra israeliana è molto importante. Va infatti ricordato che una partecipazione al torneo continentale non è mai stata agguantata. Le aspettative, però, non sono alte neanche a questo giro. Le partite che abbiamo affrontato recentemente, d’altronde, non sono state giocate molto bene. Dal punto di vista del sostegno del popolo, invece, l’approccio è molto diverso. Oggigiorno il calcio non è chiaramente una priorità per gli israeliani, vista la guerra in corso. Strappare una storica qualificazione all’europeo, però, potrebbe fare davvero tanto bene per il morale di tutta la Nazione. Anche i fan, che seguono comunque con interesse il cammino di qualificazione all’europeo 2024 dei loro beniamini, ne sono convinti. Un compito tuttavia molto complicato. Israele sta vivendo una settimana con quattro importanti impegni calcistici, di cui uno, quello contro la Romania, sarà decisivo. Ciononostante, malgrado le nostre punte di diamante Manor Solomon e Liel Abada siano infortunati, la squadra è davvero motivata a raggiungere quella che sarebbe una qualificazione clamorosa, e a scrivere la storia in questo tragico momento storico». E qualora non ce la facesse sarebbe così grave? «Direi di no - prosegue Yokhin -. D’altronde, come detto, le aspettative non sono molto alte. Però farcela sarebbe davvero un’ottima cosa per il morale. Chiaramente per gli israeliani non è fondamentale, i problemi ora sono ben altri, ma sappiamo quanto può comunque fare bene uno storico risultato sportivo. Per noi, come detto, in ottica passaggio della fase a gironi sarà importante il match contro la Romania. Qualora però riuscissimo a sorprendere la Svizzera non sarebbe una brutta cosa. Significherebbe infatti metterle pressione per i match seguenti, sperando poi proprio nel successo dei rossocrociati sui rumeni, che ci semplificherebbe il cammino. Se infatti gli elvetici si qualificassero prima di quell’incontro, potrebbero anche prendere sotto gamba la loro ultima sfida, che potrebbe invece rivelarsi decisiva per le sorti israeliane».

La guerra ha tolto importanza a questo sport, ma i fan rimangono interessati
Michael Yokhin, giornalista israeliano

In situazioni delicate come quelle che concernono un conflitto armato, spesso lo sport funge da importante veicolo per far passare determinati messaggi. «È vero - conferma il nostro interlocutore -. Ed è quello che sta facendo anche Israele. La squadra recentemente ha pubblicato un video chiedendo il rilascio dei 240 ostaggi e dicendo che scenderà in campo per loro. Credo sia normale utilizzare lo sport per veicolare messaggi importanti». 

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