Hockey su ghiaccio

Padre e figlio da Bologna per amore dell’Ambrì

Massimo e Andrea Rondanini hanno affrontato una lunga trasferta per seguire la loro squadra del cuore
Padre figlio, innamorati dell’Ambrì. (Foto CdT)
Fernando Lavezzo
29.08.2019 20:38

MONACO - «Milleduecento chilometri, oltre il risultato, solo per la bellezza di vederti giocare. #BolognaTifaHCAP». Il tweet, con tanto di hashtag, attira la nostra attenzione. Decidiamo di contattarne l’autore, Massimo Rondanini, 51 anni, e gli diamo appuntamento fuori dalla pista, un’oretta prima dell’ingaggio d’inizio. Lo troviamo all’ingresso in compagnia del figlio Andrea, 19 anni. L’accento è inconfondibile. «Sono di Reggio Emilia, ho vissuto in Piemonte e da quattro anni abito a Bologna. Quando il lavoro e la famiglia lo permettono, seguo l’Ambrì Piotta». Tifosissimo della Reggiana calcio, Max ha un’enorme passione anche per i colori biancoblù. «È nata tanti anni fa, da ragazzo. Seguivo l’hockey in Italia e all’epoca, in Piemonte, si ricevevano ancora le immagini della tv svizzera. Ho quindi scoperto questo piccolo club di montagna, rimanendone affascinato. Crescendo non ho più smesso di seguirlo, anzi, la fede è aumentata e l’ho pure trasmessa a mio figlio».

Massimo non è un caso isolato. «A Bologna siamo in tanti e abbiamo pure un fans club ufficiale, il Borgonuovo. Il presidente è Giuseppe Giovanardi, un’enciclopedia dell’Ambrì Piotta dagli anni Ottanta in poi. Sa tutto dei giocatori e conosce a memoria qualsiasi risultato. Doveva addirittura partecipare a un quiz di Mike Bongiorno. Io mi ci sono imbattuto un po’ per caso. Quando mi sono trasferito a Bologna ho cercato qualcuno che condividesse questa mia mania. Sul sito dell’HCAP sono venuto a sapere di questo gruppo e mi ci sono unito. L’Ambrì è un caso unico al mondo. Fisiologicamente è impossibile spiegare come mai una squadra di un piccolo villaggio leventinese abbia tanti tifosi anche in Italia. Ce ne sono ovunque, davvero».

Appena possono, Max e Andrea salgono alla Valascia. «Quando va bene, lo facciamo due o tre volte all’anno. Di solito seguo e soffro ascoltando la radio in streaming. Ha un fascino particolare, mi permette di volare con la fantasia. Di immagini non ne arrivano molte, ma con i social qualcosa riesco a vedere».

Bologna-Monaco. Seicento km all’andata, altrettanti al ritorno. Perché? «Io lo vedo come un ringraziamento per la meravigliosa stagione che ci hanno fatto vivere l’anno scorso. Non mi aspetto nulla, spero solo di salvarmi il prima possibile. Finché non saràpronta la nuova pista, è inutile volare troppo in alto con le ambizioni. La squadra è comunque ottima ed è guidata da un grandissimo allenatore. Il vero valore aggiunto è proprio lui, Cereda, un motivatore incredibile. Spero che non se ne accorgano altrove».

La prima volta alla Valascia, Max se la ricorda bene: «Un derby di una decina di anni fa, vinto di misura. Vedere le partite in quella pista è uno spettacolo che va al di là dello sport. Quest’anno vorrei venirci più spesso, un mese sì e uno no».

I Rondanini, padre e figlio, hanno pure un occhio di riguardo per i giocatori italiani dell’Ambrì: «Per noi sono un vanto, considerando che il vostro hockey è di un altro pianeta rispetto al nostro».