Calcio

Per la Sampdoria, retrocessa, i guai non sono ancora finiti

La compagine ligure ha lasciato la Serie B, ora dovrà fare i conti con l’inferno della Lega Pro - L’ex blucerchiato «Beppe» Dossena: «È il risultato di un’infinita serie di errori commessi dalla società» - A causa dei debiti, poi, non mancano dubbi e paure per il futuro - Incognite anche per il nuovo Marassi
©Reuters/Franco Romano
Alex Isenburg
14.05.2025 21:25

Lo psicodramma, infine, si è materializzato. E in tutta la sua essenza: la Sampdoria - per la prima volta nei suoi 79 anni gloriosi di storia - è retrocessa in Serie C. Fatale è stato il pareggio a reti inviolate maturato al cospetto della Juve Stabia, in occasione del recupero della 34. giornata del campionato cadetto. Il 18. posto in cui è sprofondato il club blucerchiato non concede nemmeno l’appello dei playout, ossia l’ultima, possibile, ancora di salvezza. La blasonata società ligure, invece, è condannata a una relegazione diretta.

«Pessima gestione, fa male»

Così, dunque, si è concluso un annus horribilis che ha coinvolto pure la squadra della Primavera - che ha perso la categoria dopo il penultimo rango in graduatoria - e la compagine femminile, anch’essa incapace di sfuggire alla retrocessione. Un’annata nefasta, a dir poco. E che non è passata sottotraccia. La notizia ha fatto il giro del mondo ed è stata riportata da chiunque, dalla BBC a L'Equipe, passando per gli spagnoli di Marca.

L’epoca della «Sampd’oro» - a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 - è, ormai, un lontanissimo ricordo. Di quella compagine - capace di conquistare lo scudetto nella stagione 1990/91 e raggiungere la finale di Coppa dei Campioni l’anno seguente - faceva parte anche Giuseppe Dossena. «Attualmente - ci ha detto per via telefonica - mi trovo in Paraguay, per il 75. congresso della FIFA, che si tiene ad Asunción. Qui, sono presenti anche diverse leggende del calcio mondiale, che sono rimaste esterrefatte per quanto accaduto. Fa male, senz’altro. Soprattutto, perché c’è stata una gestione scellerata».

«Era una fine prevedibile»

La discesa negli inferi della Lega Pro, per il campione del mondo con l’Italia nel 1982, è tutt’altro che una sorpresa. «Era una fine, purtroppo, prevedibile e prevista già da diversi mesi. Questo risultato non è altro che la logica conseguenza di un’infinita serie di errori - incredibili e imperdonabili – commessi dalla proprietà. Non so, francamente, se sono stati dettati dall’incapacità, dall’indifferenza o da una totale mancanza di preparazione. Non vi è stato un briciolo di lungimiranza».

«Beppe» - come da tutti è chiamato - ha vestito a 165 riprese la divisa blucerchiata. Una nobile maglia disonorata da un’intera rosa di giocatori. I quali, precisiamo, potevano vantare complessivamente di un monte ingaggi attorno ai 20 milioni di euro, tra i più alti dell’intera categoria appena lasciata. «Anche loro hanno delle grosse responsabilità. Questa - ha affermato con decisione - è una squadra che non ha mai lottato, che non ha mai usato le armi necessarie in queste situazioni. Faccio riferimento all’amor proprio, alla volontà di non rassegnarsi e di gettare il cuore oltre all’ostacolo». Valori fondamentali, in particolar modo in un contesto come quello della Serie B. «Di fronte a tali premesse quali potevano essere le aspettative? Ci si attendeva un miracolo che non è avvenuto. Da parte loro ho notato tanta indifferenza e poca passione».

«Il contesto è pericoloso»

Un paradosso, considerando la vicinanza che la tifoseria doriana ha continuato a manifestare. Malgrado la Samp stesse navigando nei bassifondi, il sostegno della sua gente non è mai mancato. Basti pensare alla media spettatori - la più alta in Serie B - e all’ultima sfida casalinga, giocata davanti a 31.370 persone. Questo supporto, tuttavia, non è bastato. «È l’intero contesto – al di là della retrocessione in sé – a essere davvero pericoloso. È vero che i club appartengono ai proprietari e a chi immette i soldi, ma il calcio è un’azienda particolare, atta al conseguimento di risultati economici e sportivi. Oltre a ciò, però, si ha a che fare con l’amore della gente, che va custodito e protetto. Il danno più grande è proprio questo: è mancato il rispetto, l’affetto dei tifosi non è stato salvaguardato. Il calcio non è la cosa più importante della vita, ma è comunque un qualcosa di serio».

La stagione - scandita dal cambio in panchina di quattro allenatori: Pirlo, Sottil, Semplici ed Evani - è stata segnata da parecchi sconvolgimenti dirigenziali. E, oltre alla disfatta, non mancano dubbi e paure per quanto accadrà in futuro. «Ci sono, ancora, tanti punti interrogativi. Adesso bisogna capire in che modo si vorrà ripartire - ha detto Dossena - e la società dovrà chiarire pubblicamente le proprie intenzioni: se l’attuale presidente (Matteo Manfredi, ndr.) rappresenta un gruppo di investitori, una delle due parti ha l’obbligo di parlare con trasparenza».

La battaglia politica

Intanto - dopo un silenzio stampa durato diverse ore - il club ha pubblicato un comunicato. «È un epilogo amaro che impone un’assunzione di responsabilità piena, collettiva e non differibile. La stagione - si legge - è stata segnata da scelte non all’altezza, da errori e da dinamiche che non siamo riusciti a correggere in tempo utile. Ai nostri tifosi vanno le nostre scuse più sincere. Sappiamo che le parole non colmano la distanza con le aspettative, ma rappresentano il primo passo verso un impegno rinnovato. Rialzarsi non sarà semplice, ma è l’unica direzione possibile». La sbandierata ambizione di riportare la squadra al vertice è fallita. Stando ai ben informati, però, i patemi d’animo rischiano di non essere finiti qui. L’ipotesi di riscontrare dei problemi in vista dell’iscrizione al prossimo campionato, è tutt’altro che remota. Recentemente, infatti, è stato certificato un bilancio in rosso di 40 milioni, mentre i debiti a lungo termine toccano quota 60.

La retrocessione della Sampdoria, infine, potrebbe influire anche sul futuro dello stadio Luigi Ferraris, in particolare in vista delle elezioni comunali di Genova. La candidata del centrosinistra Silvia Salis ha chiesto una revisione del progetto - sostenuto dal vicesindaco del centrodestra, Pietro Piciocchi - per il nuovo Marassi. «Alla luce dei fatti recenti, è evidente che lo stadio debba restare di proprietà comunale e non di società che possono avere destini altalenanti». Parole che non sono piaciute affatto allo stesso Piciocchi: «Strumentalizzare quello che sta succedendo per rivolgermi un attacco politico, lo trovo francamente sconvolgente».

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