Più la testa che la macchina

Facciamo un piccolo passo indietro. Immaginate ad esempio se sulla McLaren ci fosse stato Schumacher. O anche Lauda, Prost, Alonso. Pensate avrebbero ascoltato che cosa diceva il box, ovvero se cambiare le gomme o proseguire, quando è entrata in pista la Safety Car? Assolutamente no. Dalla loro radio sarebbe partito un segnale preciso: «Sto rientrando». E la McLaren si sarebbe adeguata a montare gli pneumatici adatti per proseguire la corsa. Col risultato, riferito a oggi, che Piastri e/o Norris avrebbero vinto in Qatar, tagliando fuori Verstappen dalla lotta per il titolo.
Quando, nelle corse, si presentano scenari nei quali bisogna decidere in una frazione di secondo, è il pilota che deve dare la prima indicazione. Ma c’è una cosa che assolutamente non si deve fare: tacere nel timore di sbagliare. È quanto hanno fatto Brown, Stella e gli altri che stavano al muretto, ovvero coloro che hanno deciso di non decidere, per la solita politica in voga oggi della correttezza nei confronti dei compagni di squadra. Pari condizioni sino alla fine, col rischio che Norris e Piastri escano clamorosamente sconfitti da un mondiale che avrebbero dovuto vincere già da tempo.
Riferendoci a quanto è accaduto a Lusail, emerge una considerazione chiara: né Lando né Oscar hanno una stoffa da campioni. I campioni veri sono decisi, spregiudicati, fiutano l’aria. I due della McLaren si sono comportati da bambini diligenti che aspettavano che arrivasse da altri la scelta che avrebbero dovuto fare loro. Se invece avessero trasgredito il non-ordine del box e fossero rientrati, il team sarebbe stato obbligato a cambiar loro le gomme e oggi, invece del processo, staremmo celebrando un possibile Mondiale. Bisogna anche capirli, Lando e Oscar: sono giovanissimi, lottare per un titolo iridato manda in confusione, il terrore di sbagliare è dietro l’angolo. Ma sbagliando si cresce, si acquisiscono certezze, si mettono in cascina esperienze. Il non agire è da pavidi e porta solitamente a disastri, anche se Norris ha un vantaggio di 12 punti su Verstappen e di 16 su Piastri che dovrebbe garantirgli una certa tranquillità in vista della gara di domenica prossima ad Abu Dhabi. Ci fosse Lauda, sulla McLaren di oggi, i giochi sarebbero fatti. Ma Norris no ha la freddezza analitica di Niki né la spavalderia di Verstappen. Anzi, vive di incertezze, detesta la lotta corpo-a-corpo, va nel pallone quando deve sorpassare, se si trova dietro è quasi sempre spacciato. Non parliamo di un bidone, sia chiaro, perché Norris è veloce come pochi, ha tante qualità, salvo quella – a prova di smentita – di saper piazzare il colpo decisivo nel momento in cui serve. Verstappen, per contro, dopo aver recuperato 104 punti o quasi nelle ultime sette gare, sente già il profumo del quinto mondiale, conoscendo bene le debolezze del rivale. Avrebbe temuto di più l’imprevedibile Piastri ma l’australiano, proprio perché imprevedibile - appunto – è stato fortissimo in Qatar però nelle gare da settembre in poi era scomparso di scena. Insomma, tra pochi giorni ci godremo uno show nel quale la testa, alla fine, ha avuto un ruolo più decisivo della macchina. Il mondo vuole che il titolo vada a Verstappen, già campione per acclamazione. La McLaren la pensa diversamente e non può buttar via tutto per affrontare un destabilizzante inverno di recriminazioni e frustrazioni. Come avrete capito già da tempo, nella F.1 targata 2025 c’è poco altro, alla luce di una Mercedes troppo incostante per avere un ruolo di guastafeste. Una volta c’era pure la Ferrari, oggi fotocopia sbiadita di sé stessa, con Leclerc e Hamilton umiliati da una macchina dalle prestazioni sempre scadenti. E una cosa chiara: non si può andare avanti in questo modo senza che cambi niente.

