Quando il sogno si spezza in volo

In quel Piper stava stretto. Di più, Emiliano Sala temeva che l’aereo cadesse a pezzi. L’ha confidato in un messaggio audio inviato all’ex compagno di squadra Diego Rolan. In sottofondo il rumore dell’elica. Le parole dell’attaccante argentino si sono rivelate profetiche. Il velivolo che lo stava trasportando da Nantes a Cardiff – lunedì sera – è sparito dai radar mentre sorvolava la Manica. Sognava la Premier, Emiliano. Si è trovato nelle acque gelide fra l’Inghilterra e la Francia.
Sala è l’ultimo di tanti. La storia dello sport è legata alle sciagure dell’aria. Come se una mano invisibile – di tanto in tanto – venisse a chiedere il conto. Afferrando i talenti, spezzando le loro ambizioni e gettando nello sconforto i tifosi. Successe nel 1949, quando il trimotore Fiat G. 212 delle Avio Linee Italiane con il Grande Torino a bordo – fuori rotta a causa della nebbia – si schiantò nei pressi della Basilica di Superga. La squadra pluricampione stava rientrando da Lisbona. Perirono trentuno persone fra calciatori, staff tecnico, giornalisti ed equipaggio.
I «Busby Babes» del Manchester

Pochi anni dopo, nel 1956, un Ilyushin Il-12 delle linee aeree cecoslovacche non arrivò mai a Praga, complice un guasto ai motori poco dopo il decollo da Zurigo. L’aereo finì la sua corsa nei campi. Fra le ventitré vittime anche tre giocatori e due dirigenti del Chomutov, formazione di hockey. È del 1958 il terribile incidente di Monaco. Volo 609 della British European Airways, un Airspeed AS-57 Ambassador con partenza da Belgrado e destinazione Manchester. Il velivolo trasportava i «Busby Babes», i ragazzi terribili del Manchester United che avevano eliminato la Stella Rossa ai quarti in Coppa dei Campioni. Il piano di volo prevedeva uno stop in Germania per riempire i serbatoi. La tragedia si consumò dopo due decolli interrotti causa problemi ai motori. Al terzo giro, sotto una fitta nevicata, il dramma. Un accumulo di ghiaccio e neve sciolta sulla pista frenò improvvisamente l’aereo, impedendogli di raggiungere la velocità necessaria per librarsi in aria. Morirono ventitré persone, fra cui otto elementi della rosa. Gli altri sopravvissero e Bobby Charlton nel 1966 vinse il Mondiale con l’Inghilterra. L’allenatore, Matt Busby, ricevette due volte l’estrema unzione tuttavia riuscì miracolosamente a ristabilirsi.


Le lacrime del Sudamerica
Il Sudamerica ha versato lacrime amare. Aprile 1961: un DC-3 della LAN, la compagnia cilena, si schiantò sulle Ande. A bordo otto calciatori del Green Cross e due membri dello staff tecnico. Il resto della squadra viaggiava su un altro volo, che atterrò senza problemi. Settembre 1969: un DC-9 della Lloyd Aereo Boliviano sparì improvvisamente dai radar. I rottami furono trovati a Viloco. Morirono settantaquattro persone. Fra queste c’era un’intera squadra di pallone, lo Strongest, di ritorno da un’amichevole. Celebre, ahinoi, il «disastro delle Ande» legato ad un giovane team di rugby di Montevideo, l’Old Christians Club. Ottobre 1972: un Fairchild FH-227 delle forze aeree uruguaiane andò fuori rotta per un errore del pilota, infilandosi in mezzo ai crinali rocciosi delle Ande e colpendo in seguito la cima di una montagna con l’ala destra. Trentatré persone sopravvissero allo schianto, ma soltanto sedici superarono i terribili giorni successivi alla sciagura (cibandosi pure di carne umana). La vicenda fu trasformata in libro da Fernando Parrado, che si incamminò verso il Cile assieme ad un altro sopravvissuto, fra le Ande, alla ricerca di aiuto. Libro che poi servì come base per la pellicola «Alive – Sopravvissuti» del 1993.
Balzo in avanti fino al dicembre 1987. Un Fokker F27 della marina peruviana stava portando a casa l’Alianza Lima, di ritorno da una trasferta a Pucallpa. Le condizioni dell’aereo e le valutazioni errate del pilota condussero allo schianto, che costò la vita a tutti i passeggeri mentre il pilota fu il solo a salvarsi. Ancora viva nella memoria la tragedia della Chapecoense, nel novembre 2016. I brasiliani erano a bordo di un Avro RJ85 della LaMia. Uno dei tanti voli charter organizzati dalle società calcistiche per ottimizzare i costi. L’aereo era diretto a Medellin, Colombia, per l’andata della finale di Copa Sudamericana contro il Nacional. Quella partita purtroppo non si giocò mai. L’equipaggio pianificò male la tratta, tant’è che il velivolo rimase senza cherosene. L’impatto con il terreno a quel punto fu inevitabile. Morirono settantuno persone, se ne salvarono sei fra cui i calciatori Alan Ruschel, Jackson Follman (che perse una gamba) e Neto. Trovò la morte anche l’ex calciatore del Bellinzona Mario Sergio, al seguito della «Chape» in qualità di opinionista.
Squadre ma anche singoli atleti
Fra le tante sciagure «di squadra» citiamo ancora il volo 932 della Southern Airways Flight 932, nel novembre 1970, un DC-9 con a bordo giocatori di football e delegazione della Marshall University. Stavano tornando a casa dopo una sconfitta nel North Carolina, ma i piloti sbagliarono l’approccio alla pista e così un banale atterraggio si trasformò in tragedia. Perirono tutti. Morì anche la nazionale di calcio dello Zambia, nell’aprile 1993, pochi istanti dopo il decollo da Libreville in Gabon. Il DHC-5D delle forze aeree zambiane stava portando i giocatori in Senegal per una partita delle qualificazioni ai Mondiali. Il motore sinistro prese fuoco durante la salita, il pilota però spense inavvertitamente quello destro causando il disastro. Morirono trenta persone. Terribile quanto successe nel settembre 2011: uno Yak-42 della Yak Service precipitò in fase di decollo a Yaroslavl, Russia. A bordo c’era la Lokomotiv, formazione hockeistica della KHL diretta a Minsk, in Bielorussia, per la prima gara stagionale. Saltò fuori che i piloti non erano addestrati a dovere per condurre quel velivolo e che uno di loro frenò mentre l’aereo stava raggiungendo la velocità necessaria per staccarsi dal suolo. Quarantaquattro i morti, a fronte di un solo superstite.
Non solo squadre, ma anche singoli atleti e uomini di sport. Nel novembre 1975, il pilota di Formula 1 Graham Hill si schiantò con il suo Piper Aztec mentre si avvicinava all’aeroporto di Elstree. Ai comandi c’era Hill, a bordo altre cinque persone fra cui un altro pilota di Formula 1, Tony Brise. Il gruppo stava tornando dalla Francia, dove aveva testato una nuova macchina. Colin McRae, fenomeno del rally, morì invece nel settembre 2007 nei pressi di casa sua, in Scozia: con il suo elicottero urtò le cime di alcuni alberi, non riuscendo ad evitare lo schianto. L’incendio successivo divorò il velivolo e tutti gli occupanti. E un elicottero fu fatale anche al patron del Leicester Vichai Srivaddhanaprabha, schiantatosi poco dopo aver lasciato lo stadio. Era l’ottobre 2018.
Rosset e gli altri miracolati
La leggenda narra che Arrigo Sacchi, allenatore del Milan, continuò a parlare di tattica mentre l’aereo che stava portando il Milan a Barcellona, per l’andata della Supercoppa europea 1989, perse pericolosamente quota a causa di un vuoto d’aria. Ma i veri miracolati sono altri. Uno su tutti: Marc Rosset. Il tennista, eliminato anzitempo agli US Open, inizialmente decise di prenotare un posto sul volo Swissair 111. Ovvero, l’MD-11 diretto a Ginevra che a causa di un incendio a bordo si inabissò al largo delle coste di Halifax. «Pippo» però cambiò i suoi piani e da allora – afferma – è come se gli fosse stata data una seconda chance. Lo stesso dicasi per Christian Panucci, rientrato a casa anzitempo dalle Olimpiadi di Atlanta ’96 per un infortunio. Avrebbe dovuto salire su un New York-Parigi-Roma della TWA. Ovviamente il calciatore non sapeva che il Boeing 747 sarebbe esploso in volo a causa di un corto circuito. Però modificò lo stesso il suo programma, preferendo aspettare di più a New York per salire su un volo con destinazione Malpensa. Più vicino a casa. Edmundo, ex di Fiorentina e Napoli, avrebbe dovuto partire assieme alla Chapecoense. Problemi famigliari lo costrinsero però a rinunciare al viaggio. Al suo posto, l’ex Bellinzona Mario Sergio. Incredibile la storia del Dalkurd, squadra svedese nella quale militò – tempo fa – l’ex Lugano Marzouk. Reduce da un campo d’allenamento in Spagna, nel marzo 2015 la squadra svedese avrebbe dovuto salire sul volo Germanwings 9525 partito da Barcellona e diretto a Düsseldorf. Ma in Germania i tempi per la coincidenza con la Svezia sarebbero stati più lunghi e così la comitiva decise di sparpagliarsi su altri voli verso Monaco e Zurigo. Una decisione terribilmente saggia, visto che il primo ufficiale a bordo del Germanwings, con un’azione deliberata, fece schiantare il velivolo sulle Alpi francesi.
Il video della tragedia di Superga