HC Lugano

Roberts Cjunskis: «A 13 anni ho preso un volo per inseguire i miei sogni»

Il giovane attaccante lettone dei bianconeri, reduce dalla sua prima rete in National League, ci racconta la sua storia
Fernando Lavezzo
19.10.2023 21:30

«È il giorno più bello della mia vita», ha detto Roberts Cjunskis dopo il gol di sabato al Langnau. Il primo in National League per l’attaccante del Lugano, classe 2003. Ventiquattro ore prima, contro il Berna, il lettone con licenza svizzera aveva disputato la sua prima gara nel massimo campionato. Conosciamolo meglio.

Per mamma e papà

Se decidesse di regalare a qualcuno il disco del suo primo gol in National League, Roberts non avrebbe dubbi: «Lo darei ai miei genitori, devo tutto a loro. Tante persone mi hanno aiutato, ma sono stati mio padre e mia madre a sostenermi dal primo giorno. Papà si sveglia ogni mattina per andare al lavoro e permettermi di inseguire i miei sogni. Il mio primo obiettivo è consentirgli di andare presto in pensione e di godersela insieme alla mamma. In futuro vorrei poterli ripagare, anche finanziariamente».

Cjunskis è nato e cresciuto a Marupe, non lontano dalla capitale Riga: «Ho avuto un’infanzia felice e spensierata. Giocavo a hockey e me la cavavo bene, così miei genitori hanno pensato di darmi un’opportunità concreta all’estero. Entrambi sono stati giocatori di pallamano, nati e cresciuti a Ludza, in piena campagna. Papà, per inseguire i suoi sogni, è andato via di casa a 18 anni. Da genitore e da sportivo, ha capito che anch’io, per poter sviluppare al meglio le mie capacità e il mio carattere, sarei dovuto partire. Sapevamo che sarebbe stato difficile, rischioso, forse pericoloso. Ma sapevamo anche che restare sarebbe stato peggio. Da qui la scelta di venire a Lugano a 13 anni».

A casa di Elvis

Anni prima, un altro giovane lettone, Elvis Merzlikins, aveva intrapreso lo stesso percorso: «Nel mio Paese molte persone conoscevano Lugano grazie a Elvis, ma noi all’epoca non avevamo un contatto diretto con lui. Mia mamma aveva trovato un aggancio su Facebook. È così che abbiamo conosciuto Gundars Berkis, allenatore lettone nella sezione giovanile dell’HCL. È stato lui a creare un ponte tra la mia famiglia e il club bianconero. Nel 2016, in concomitanza con il mio tredicesimo compleanno, siamo venuti qui per un provino. Non immaginavo che sarebbe stato un giorno decisivo per il mio futuro. Fatto sta che nello stesso anno mi sono trasferito in Ticino. Più si avvicinava il giorno della partenza e più pensavo alle cose belle che mi aspettavano qui. Pensavo al fatto che mia mamma non avrebbe più potuto dirmi cosa fare (ride, ndr.). Ma una volta superato il controllo di sicurezza all’aeroporto, ho cominciato a piangere. Ho capito che sarei stato solo e che sarebbe stata dura».

I primi tempi, a contatto con una nuova realtà e una nuova lingua, non sono stati facili per il piccolo Roberts: «Soprattutto i primi due mesi, nei quali non avevo un posto fisso in cui stare. In seguito, però, ho potuto contare sul grande sostegno di tre famiglie ospitanti. Dapprima i Bottini, dai quali vivevo, e i Comploj, dai quali andavo a mangiare. Senza di loro, superare il primo anno non sarebbe stato possibile. Dal secondo al quarto anno sono stato accolto dalla famiglia Spinzi. Pure Elvis Merzlikins mi ha dato una mano. Nei primi due mesi sono stato anche a casa sua. Vedere il giocatore e il personaggio che era diventato, la vita che faceva, è stato speciale. Un traguardo a cui puntare. Stare con Elvis mi ha fatto capire cosa significa essere un giocatore di Serie A».

La forza del ghiaccio

Roberts è cresciuto in fretta. «La mia infanzia è finita nel 2016, quando ho lasciato la mia famiglia e sono venuto a Lugano. Prendere quel volo, ha dato inizio al mio processo di sviluppo. Anche l’inizio del liceo nel 2018 ha rappresentato un bel cambiamento. Quei quattro anni di scuola sono stati molto belli. Una volta ottenuta la maturità, però, mi sono trovato davanti a un momento decisivo per il mio futuro. Per diversi motivi, a partire dagli infortuni, è stato un periodo brutto. Direi che gli ultimi due anni sono stati i più duri per quanto riguarda la vita fuori dall’hockey. Allenarmi e giocare era l’unica cosa che mi faceva andare avanti. La pista era il posto in cui stavo bene e in cui tutto aveva un senso. Sentivo che stando sul ghiaccio avrei potuto raccogliere i frutti del mio lavoro, dei miei sacrifici. Fuori le cose erano più difficili, ma va bene così. Fa parte della cresciuta di un giovane. E io non ho rimpianti».

Lo scorso weekend i sacrifici hanno portato Cjunskis a debuttare in NL contro il Berna e a segnare la sua prima rete al Langnau. A qualche giorno di distanza, le emozioni sono ancora vive, ma più sfumate: «Mi ricorderò per sempre di quei momenti, ma la realtà è che non è cambiato niente. Sono tornato a lavorare con l’obiettivo di sempre: fare meglio di ieri. Sto vivendo il sogno che avevo a 13 anni e questo mi rende molto felice, oltre che grato. Ma davanti a me ci sono tante altri obiettivi. Tanti altri sogni. Il mio gol di sabato lo ho riguardato molte volte. Forse troppe. Ora è tempo di pensare alla prossima partita».

Una splendida coincidenza

Per il suo debutto nella prima squadra bianconera, Roberts ha potuto contare su una tifosa d’eccezione: «Mia mamma era venuta a trovarmi proprio in quei giorni. Una fortuna incredibile. Era arrivata circa due settimane prima, quando mi allenavo con la U20. Ero un po’ giù di morale, non sapevo se ci sarebbe stato spazio per me in NL oppure no. Lei avrebbe dovuto ripartire proprio venerdì, ma sapendo che quella sera avrei giocato contro il Berna, ha prolungato il soggiorno. Sabato non è venuta a Langnau perché non se la sentiva di guidare in un Paese straniero».

L’esordio è avvenuto in linea con Arcobello e Fazzini. Lo stesso Arcobello ci ha detto di non aver mai visto un giovane con la stessa fame e la stessa dedizione di Cjunskis: «Leggere quelle parole pronunciate da un grande giocatore come Mark è stato commovente. Lui e il Fazz hanno reso tutto più facile. Sono l’ultimo arrivato, devo dare il 200% per soddisfare le loro aspettative. Ogni giorno è una battaglia. Se voglio restare qui, devo fare il massimo e anche di più». La sfida non spaventa Roberts Cjunskis. Uno che da bambino ha preso un volo e ha cambiato vita.

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