Giorgio Rocca esalta Odermatt: «Un fenomeno»

Le protagoniste del circo bianco sono sbarcate a St. Moritz. La sua St. Moritz. Sì, perché oltre ad avervi conquistato una delle tre medaglie iridate della carriera (il bronzo ai Mondiali del 2003), in Engadina l’ex slalomista Giorgio Rocca ha lanciato la sua Ski Academy. Con l’italiano abbiamo fatto il punto sulla prima parte della stagione.
Signor Rocca, di cosa parla il proemio della Coppa del mondo 2019-2020? Di una Mikaela Shiffrin forse ancor più dominante tra le atlete e di un’incertezza che – complice il ritiro di Marcel Hirscher – non ci si gustava da tempo in campo maschile?
«Sono d’accordo sulla Shiffrin. Ma se il discorso va riferito allo slalom. Nelle altre discipline, compreso il gigante, non mancano infatti le avversarie che possono darle fastidio all’americana. Penso ad esempio alle italiane Brignone e Bassino».
E per quanto riguarda la lotta sul fronte maschile?
«Le statistiche parlano chiaro. Senza Marcel Hirscher le prime sette gare hanno conosciuto sette vincitori differenti. Allargando lo sguardo anche alle atlete, sul gradino più alto del podio è salito uno sciatore diverso in 13 delle 14 gare sin qui disputate. Insomma, senza il cannibale austriaco sembra che un po’ tutto sia stato rimesso in discussione. A riprova della grandezza e della superiorità di Hirscher. Lasciando il circuito ha fatto indirettamente un regalo a tanti atleti».
Fra coloro che vogliono raccogliere l’eredità di Hirscher c’è anche Marco Odermatt, fresco vincitore del superG di Beaver Creek. Lo svizzero è davvero un predestinato?
«Un fenomeno. Parliamo di un atleta unico nel suo genere. Ha uno stile tutto suo, anche se in qualche modo mi ricorda Bode Miller. Affronta le gare con grande spensieratezza e al contempo un coraggio inaudito. Della serie: o vinco o esco. Sì, a Odermatt non piace fare troppi calcoli ed è bene che sia così a questa età. A impressionare non è comunque solo l’attitudine, ma anche il timing e l’efficacia della sua sciata. L’esperienza, che ancora gli fa difetto, cancellerà più in là alcuni errori che ancora commette».
Insieme a Odermatt è ad ogni modo tutto il movimento rossocrociato a sorridere in questo momento. Da Feuz a Caviezel, passando per Yule e Janka nei maschi. Mentre in campo femminile hanno già fornito ottime risposte Holdener, Gisin e Suter...
«Nel team elvetico c’è molta competitività ma regna anche una bella serenità. E aggiungerò una considerazione: non è poi così impensabile che nella classifica delle nazioni la Svizzera riesca a superare l’Austria. È ormai in grado di spalmare risultati e punti in ogni disciplina. Il tutto grazie a un ottimo lavoro con i giovani a partire dai 14 anni: la chiave è sempre quella. A differenza di altri paesi, la squadra rossocrociata rischia meno di dover fare i conti con dei vuoti generazionali. Tra l’altro, se vi sono più atleti capaci di strappare buoni piazzamenti a beneficiarne sono anche gli allenatori delle varie specialità, ai quali non vengono di certo a mancare gli stimoli».
In slalom Yule e Zenhäusern sono partiti bene. Ma lo specialista Giorgio Rocca chi vede favorito per la coppetta di cristallo?
«A mio avviso Clément Noël in questo momento è superiore a tutti. Anche a Kristoffersen. Il francese tuttavia è molto giovane e nello slalom certi errori – di cui si è già reso protagonista – possono costare carissimo. Quindi sì, intravedo spazio anche per i due slalomisti di punta svizzeri. Per altro sul piano tecnico la scuola transalpina e quella elvetica si assomigliano parecchio».
Gare e atleti si sono spostati dal Nordamerica all’Europa. Concretamente cosa significa per chi si trova al cancelletto?
«Ci sono due aspetti da sottolineare. In America c’è meno seguito e di conseguenza anche una vittoria ha un sapore meno speciale. Un successo sulle piste storiche, in Svizzera, Austria o Italia, ha tutt’altro valore. Poi naturalmente cambia anche la neve: più secca oltreoceano – e chi ci è abituato ne ha subito approfittato: vedi Tommy Ford – e maggiormente umida qui».
A proposito di piste. Nel superG di St. Moritz cercherà di rilanciarsi Lara Gut Behrami, tutt’ora alla ricerca delle migliori sensazioni. Per la ticinese quanto conta ritrovare un pendio dove ha già vinto a più riprese?
«Conta molto, psicologicamente anche. È un po’ come poter fare affidamento su una marcia in più. Anche se non sei in palla, il fatto di riabbracciare la pista dove sei cresciuta ed esplosa può contribuire a cancellare l’insicurezza derivante dagli insuccessi. Quando un atleta è alla ricerca della forma giusta tutto può aiutare: il tuo pubblico, la tua pista, i tuoi ricordi. La tecnica di Lara non si discute, nelle discipline veloci deve però trovare il modo di dosare meglio gli spigoli, provando a essere più raffinata. Il freddo di queste notti e una pista ghiacciata, come piace a lei, potrebbero comunque darle una mano».