Giochi olimpici

Lara e «Michi», fenomeni diversi uniti dalla gloria e un filo sottile

Le parabole di Michela Figini e Lara Gut-Behrami hanno preso avvio a 16 anni, ma il loro sviluppo è stato molto differente - Pazzeschi i numeri di entrambe, alle quali i riflettori non sono mai piaciuti
Michela Figini in occasione delle Olimpiadi del 1988, a Calgary, dove vinse un argento in superG. ©Keystone
Massimo Solari
11.02.2022 20:04

Un filo sottilissimo e dorato. È quello che unisce la carriera di Michela Figini a quella di Lara Gut-Behrami. Le lamine degli sci di «Michi» hanno lasciato un solco indelebile nella storia dello sci alpino. Sono bastate sette stagioni straordinarie. Poi il passo indietro. A soli 24 anni, sufficienti comunque per misurare la dolcezza della notorietà sportiva così come le sue asperità. A quell’età, Lara, i successi non era invece ancora in grado di apprezzarli. Un bronzo a Sochi? Sì, bello, però... Qualcosa del genere, insomma.

Le uniche due ticinesi in grado di conquistare la medaglia più preziosa nella storia dei Giochi invernali hanno disegnato parabole differenti. In secoli diversi, ma segnati - ai loro occhi - da insidie comuni. Le aspettative, i rapporti con la federazione e i suoi tecnici. E ancora i riflettori, necessari e pure così indigesti. Pazzeschi, i numeri e il palmarès di entrambe. Nati, se vogliamo, sotto la stessa stella. Il primo podio in Coppa del mondo, infatti, si è materializzato appena 16.enni. Una in Québec, l’altra - dopo una caduta divenuta iconica - a St. Moritz. Il primo tratto deciso di due sentieri poi sviluppatisi in modo singolare. L’esplosione, appunto, da un lato, e un attaccamento duraturo ai vertici dall’altro. Non a caso il trionfo olimpico Michela Figini lo firmò al primo colpo e non ancora maggiorenne. A Sarajevo 1984. Regina della disciplina regina, davanti a un altro mostro sacro come Maria Walliser. Eccole le luci dei riflettori che aumentano di tono. E che al momento della seconda medaglia ai Giochi - l’argento in superG quattro anni più tardi a Calgary - iniziavano a essere insostenibili. Dai taccuini, le telecamere e le domande insistenti dei giornalisti, «Michi» ha non a caso preso congedo una volta salutato il Circo bianco. Discreta e coerente. E, scusate se è poco, con in tasca pure tre medaglie iridate (un oro e due argenti), due generali, cinque coppette di specialità, 46 podi e 26 vittorie in Coppa del mondo. Una volta su tre, nei primi tre posti, ci finiva lei.

Lara Gut-Behrami, non è stata da meno. O meglio, continua a non esserlo. Forte delle sue tre medaglie a cinque cerchi, gli otto podi mondiali (due ori), la generale del 2016, le tre coppette di superG e qualcosa come 64 podi e 34 successi in Coppa del mondo. Anche lei, tra le più forti di sempre. Come l’ultimo, clamoroso anno ha certificato a suon di prestazioni di altissimo livello. Già i Mondiali di Cortina, dodici mesi fa, avevano permesso a Lara di esaltarsi pienamente. Con in particolare l’oro colto in gigante a sublimarne il talento puro, non solo a cento all’ora ma altresì sul piano tecnico. Poi, lunedì, un altro squillo tra le porte larghe di Pechino, con un bronzo - lo avevamo scritto - che sembrava avere l’oro in bocca. È successo, a 30 anni. Trentotto dopo la gemma di Michela Figini. E con un filo sottilissimo a unirle.

Una giovanissima Lara Gut in partenza da Comano insieme a papà Pauli. ©CdT/Archivio
Una giovanissima Lara Gut in partenza da Comano insieme a papà Pauli. ©CdT/Archivio

Airolo e quelle scintille

Poco più di 1.500 anime, ma anche crogiòlo di grandi campioni. O meglio, di splendide campionesse. Sì, Airolo le ha plasmate tutte. Le ha viste crescere e poi prendere il volo. Sino al ritorno alle origini, con tanto di piste dedicate. Dalla scintilla, al successo. Tre volte. A cominciare dalla figlia del villaggio, la compianta Doris De Agostini, che il 4 febbraio del 1978 - in stazione - trovò l’intero paese ad accoglierla: al suo collo il bronzo mondiale appena conquistato a Garmisch. Proprio lei, venuta grande facendo su e giù dai pendii di Pesciüm. Insieme a Pauli Gut, suo compagno di classe e futuro papà di una campionessa olimpica. Lara, certo, che a sua volta - salendo da Comano - ha imparato ad amare la neve in alta Leventina. Poco importa se non nello Sci Club Airolo, ma nello Sporting Gottardo, prima bozza di un team famigliare in grado poi di vincere tutto. Coadiuvato, per qualche tempo, pure da Mauro Pini, padrone di casa ad Airolo e - è storia ancora recente - deus ex machina in campo olimpico. In mezzo Michela «Michi» Figini, partita da Prato Leventina per poi gettare le basi di una carriera folgorante qualche chilometro più a nord. Lei sì, come Doris in precedenza, orgoglio dello Sci Club Airolo, abbracciato a 9 anni e nemmeno nove più tardi portato ai vertici di un’Olimpiade.

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