Il punto

Senza Paolo Maldini sarà un Milan alla Moneyball

Il direttore tecnico voleva che i rossoneri puntassero su giocatori già affermati, e quindi costosi, la proprietà ha in testa la scoperta di talenti o di giocatori sottovalutati: come in quel film con Brad Pitt, che però è una storia vera
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Stefano Olivari
06.06.2023 16:30

Paolo Maldini non è più il direttore tecnico del Milan, incarico da cui è stato esonerato dall’azionista di maggioranza Gerry Cardinale dopo un anno di tensioni e un incontro chiarificatore che ha chiarito questo concetto: Maldini voleva che il Milan puntasse su giocatori già affermati, e quindi costosi (almeno come ingaggio), la proprietà invece ha in testa la scoperta di talenti o comunque di giocatori sottovalutati, in stile Moneyball. Anzi, forse proprio con la consulenza di Billy Beane. Una svolta a suo modo storica per il calcio italiano, chissà se positiva per il Milan.

Paolo Maldini

I problemi fra il direttore tecnico rossonero, cacciato così come il direttore sportivo Massara, e Cardinale sono iniziati subito dopo il clamoroso scudetto vinto nel 2021-22 con una squadra che sulla carta puntava soltanto a un piazzamento da Champions League, quindi al quarto posto. Era il Milan di proprietà del fondo Elliott, che di lì a poco avrebbe venduto alla RedBird di Cardinale, un Milan che dopo il troppo lungo addio di Berlusconi (con la parentesi trash di Yonghong Li) era stato a partire dal 2019 rifondato da Maldini e Zvonimir Boban alleggerendolo dagli ingaggi pesanti. Un Milan proprio alla Moneyball, verrebbe da dire, anche perché il vero fuoriclasse del team dirigenziale era (ed è, visto che è rimasto) Geoffrey Moncada, ex Monaco, osservatore al tempo stesso vecchia scuola, quindi andando sul campo, e moderno, per l’uso di ogni tipo di statistica avanzata. Poi Boban ha rotto con la vecchia proprietà e il pallino della gestione sportiva è rimasto in mano a Maldini che ha difeso la scelta di Pioli con i risultati che tutti hanno visto, fra cui anche una semifinale di Champions League. Ma cosa vuol dire «alla Moneyball»?

Chi è Billy Beane?

Si è parlato così tanto di questo personaggio che qualcuno potrebbe pensare a un parto della fantasia di Michael Lewis (del 2003 il libro Moneyball) o alla faccia di Brad Pitt nel film, ma Billy Beane esiste davvero e deve la sua fama soprattutto al baseball visto che nella MLB è stato prima modesto giocatore in varie squadre e poi per 18 stagioni general manager degli Oakland Athletics, che sotto la sua guida sono stati per anni la squadra meglio gestita, come rapporto rendimento-ingaggi, della lega grazie all’integrazione dello scouting tradizionale con statistiche avanzate e analisi di aspetti spesso ignorati, soprattutto nella fase difensiva. Analisi riferite sia ai professionisti sia ai giovani con potenziale. Beane non è stato l’inventore della cosiddetta sabermetrica, ma certo ne è diventato il volto più conosciuto, allargandosi anche in direzione del calcio che a prescindere da Cardinale è sempre stato la sua seconda passione sportiva.

L'AZ Alkmaar

Invece di ricordare i suoi trascorsi nel baseball meglio concentrarci proprio sul calcio: nel 2015 Beane è diventato collaboratore degli olandesi dell’AZ Alkmaar e due anni più tardi azionista degli inglesi del Barnsley, senza contare le consulenze fatte per tanti altri. Come è andata? L’AZ con i suoi consigli è stato spesso la quarta forza della Eredivisie dietro ad Ajax, PSV e Feyenoord, in un caso arrivando anche al secondo posto: insomma, ciò che più o meno il club è sempre stato. Quanto al Barnsley, preso in Championship, nell’era Beane ha vissuto due retrocessioni in League One, inframezzate da un ritorno in Championship, ed adesso è sempre al terzo livello del calcio inglese avendo mancato di poco la promozione. Non proprio risultati che facciano sognare i tifosi del Milan. Quanto agli Athletics, nei 18 anni di gestione sportiva di Beane sono andati ai playoff 8 volte, cosa peraltro nella MLB non facile visto che le squadre sono 30 e alla postseason vanno in 12, e mai sono arrivati alle World Series. In ogni caso anche senza Beane non è che il calcio sia rimasto all’età della pietra: in Serie A quasi tutti usano statistiche a supporto di decisioni e lo stesso Cardinale già da tempo nell’altro suo club calcistico, il Tolosa (senza dimenticare la partecipazione indiretta nel Liverpool), si avvale dei servizi di Luke Bornn, altro guru del settore, con un passato anche nella Roma e nei Sacramento Kings, che rispetto a Beane usa maggiormente l’intelligenza artificiale.

Stefano Pioli

Insomma, chi pensa che al Milan dopo una gestione tradizionale adesso arriverà Brad Pitt a scegliere i giocatori in base a statistiche strane è fuori strada, visto che gran parte delle ultime campagne acquisti è stata fatta in questo modo. Lo stesso Maldini ci ha messo la faccia per operazioni particolarmente importanti, da Theo Hernandez al rinnovo di Rafael Leão, ma per il resto ha avallato una politica che era già di Elliott e che RedBird ha soltanto ufficializzato. Anche perché nel breve periodo il Milan rimarrà senza sostituti di Maldini e Massara: tutto il potere all’amministratore delegato Giorgio Furlani, che lo scorso novembre sostituì Ivan Gazidis, con Moncada che ovviamente si allargherà per quanto riguarda le scelte sportive. In tutto questo il ruolo dell’allenatore viene ridimensionato: Pioli rimarrà, visto che ha dimostrato di saper tirare fuori il massimo anche da giocatori di secondo piano, ma non è che sarà coinvolto in scelte di singoli giocatori e del resto anche nel ‘vecchio’ calcio funzionava così: l’allenatore non è mai un bravo osservatore e a volte è addirittura dannoso quando si intestardisce nel volere i suoi giocatori, che poi sono gli unici che conosce.

L'identità

In mezzo ai numeri, ai bilanci e ai discorsi in aziendalese c’è però anche il tifo. Ecco, il tifoso di calcio europeo non è uno spettatore passivo, tanto meno un cliente: quale milanista, anche fra chi giudica fallimentare l’ultima campagna acquisti, è contento per il licenziamento di Paolo Maldini? Il clamoroso caso di Mourinho alla Roma, che riempie lo stadio giocando peggio dell’anno scorso, dimostra che il calcio ha una sua specificità anche all’interno del mondo dello sport. Bene le statistiche, ma è sempre meglio che vengano filtrate da un essere umano che possibilmente faccia scattare l’identificazione. Ecco, senza Maldini è difficile trovare differenze fra il Milan, l’Arsenal e il Lipsia.

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