Motori

«Si pensa sia una vita da sogno, in realtà è un lavoro molto duro»

Il pilota italosvizzero di rally e GT Kevin Gilardoni ci racconta la sua storia
La gioia della coppia Kevin Gilardoni e Chiara Giardelli dopo aver vinto l’ultima edizione del Rally del Ticino. © ti-press/pablo gianinazzi
Maddalena Buila
06.10.2022 06:00

Ha corso in quattro differenti categorie di motori. Ognuna delle quali gli ha insegnato qualcosa. Dopo il debutto con le monoposto e un’esperienza nella NASCAR americana, si è lanciato nel mondo del rally per poi esordire in GT. È storia di qualche giorno fa la sua vittoria - insieme alla moglie Chiara - al Rally del Ticino. Kevin Gilardoni ci racconta la sua storia.

Qual è la parte nascosta di una carriera passata al volante? Ne abbiamo parlato con il fresco vincitore del Rally del Ticino, Kevin Gilardoni. Prima di addentrarci nei meandri nella vita del 30.enne italosvizzero, abbiamo fatto con lui il punto della stagione in corso. «Gli obiettivi a inizio anno erano quelli di riuscire a prendere parte al campionato di GT3 con la Lamborghini, così come anche al Rally del Ticino - spiega Gilardoni -. Ci siamo riusciti. Persino vincendo il Rally per la quarta volta ed essendo ancora in corsa per la vittoria del campionato, a una gara dal termine».

Le quattro fasi

Sono state quattro le diverse categorie in cui il pilota italosvizzero ha militato. «Fino ai 15 anni ho fatto gavetta in go-kart - racconta -, seguita da un periodo di cinque anni tra le monoposto. Sono poi volato in America per gareggiare nella NASCAR, approdando in seguito nel mondo di rally e GT, dove mi sono laureato subito vicecampione europeo del Lamborghini SuperTrofeo, vincendolo l’anno dopo. Ho fatto tutti questi cambiamenti per andare dove ci fossero soldi che mi permettessero di gareggiare». Prima di partire per gli Stati Uniti, Kevin Gilardoni ha deciso di aprire una sua azienda, per potersi autofinanziare. «I miei genitori mi comunicarono di non volermi più sovvenzionare. Se avessi voluto continuare a gareggiare, avrei dovuto farlo con le mie forze. Ho così deciso di aprire una mia attività, di cui sono titolare dal 2014. Oggi ho tre dipendenti, ma ho iniziato da solo. Lavorando circa 18/20 ore al giorno. La mia ditta gestisce la mia immagine di sportivo, così come i miei partner, tutti della Svizzera italiana, per un totale di 85».

Pendolare americano

Nonostante la giovane età, le esperienze di Kevin Gilardoni sono moltissime. Ciascuna di esse gli ha dato molto, ma ce n’è una che più di altre lo ha fatto maturare. «Il passaggio dalla NASCAR al rally. Sono partito per gli Stati Uniti da solo, molto giovane, con 1.000 franchi in tasca. In America facevo tre lavori. Sono riuscito a correre grazie a un meccanico che mi ha aiutato a costruire l’auto. Ho imparato alla perfezione cosa voglia dire il termine gavetta: facevo il pendolare tra Svizzera e Stati Uniti ogni tre mesi. Viaggiavo talmente tanto che il personale di Lufthansa mi riconosceva (ride, ndr). Quando poi sono tornato in Ticino, il cambiamento, passando al rally, è stato netto. È qui che sono maturato. Il mio background sportivo è invece merito del periodo in go-kart».

Il rally più speciale

Una volta tornato su suolo elvetico, lo abbiamo detto, il 30.enne italosvizzero ha vinto quattro edizioni del Rally del Ticino. L’ultima però, svoltasi pochi giorni fa, è stata per lui particolarmente emozionante. Sul podio è infatti salito con la moglie, Chiara Giardelli. «Gareggiare con lei, in qualità di navigatrice, è un’arma a doppio taglio. Per me correre rappresenta un lavoro, oltre a un divertimento, dunque bisogna essere capaci di separare i ruoli. In auto siamo un equipaggio, fuori siamo marito e moglie. Non sempre è un processo semplice. È altresì vero, però, che l’intesa tra noi funziona alla perfezione. Ci basta un’occhiata per capirci. Certamente l’ultimo è stato il rally dal sapore più speciale». Kevin e Chiara si sono cosciuti in modo piuttosto casuale, pur condividendo l’amore per i motori. «Lei aveva sentito parlare di me durante un rally a Monza. Dal nulla abbiamo iniziato a scambiarci qualche messaggio, da cui è nato tutto. Anche Chiara è però un’amante dei motori. Tanto è vero che il giorno del nostro matrimonio si è presentata a bordo di un Delta Martini. Lei lavora al 60% come infermiera, per la restante percentuale è occupata presso la mia azienda».

Una peculiarità

Ogni pilota ha la sua storia. Quella di Kevin Gilardoni è particolare sotto uno specifico punto di vista. «Siamo in pochi al mondo a riuscire ad autofinanziarci in toto. Non ho infatti un manager, ma un’azienda da me creata che gestisce la mia figura. Nell’immaginario comune esiste l’idea che un pilota vive una vita agiata, nuotando nei soldi e facendo la carriera che tutti sognano. Magari costruita addirittura con facilità. Non c’è niente di più distante dalla realtà. Si tratta di un lavoro davvero duro. Bisogna allenarsi mentalmente e fisicamente, nonché trovare qualcuno disposto a finanziarti. Io sono molto fiero di quello che sono riuscito a realizzare. In primis con la mia attività. E questo nonostante non sia affatto facile scindere il Kevin imprenditore dal Kevin pilota. Sono altresì contento del mio percorso sportivo variegato. Credo di essere il pilota più poliedrico sulla scena europea e, grazie alle competenze apprese in diversi campi, riesco a rispondere prontamente di fronte a diversi scenari. Un esempio? La velocità. Quando gareggiavo nella NASCAR raggiungevo tranquillamente andature sopra i 320 km/h. Ora corro più lentamente, ma il mio occhio si è abituato molto bene, permettendomi di ragionare in fretta. La mente, infatti, deve sempre andare più rapidamente della macchina. I problemi cominciano quando accade il contrario».

Ricordi e sogni nel cassetto

Il percorso del pilota italosvizzero è talmente variegato che forse è troppo complicato identificare il ricordo più bello. «Vorrebbe dire fare un torto ai tantissimi altri che ho vissuto. Preferisco citare il mio motto: il ricordo più bello è la vittoria che devo ancora ottenere. Dovessi però citarne uno, beh, direi la mia ultima vittoria. D’altronde credo sia normale, per il cervello dei piloti, aggrapparsi a una bella sensazione vissuta recentemente. Ci aiuta a rimanere in uno stato mentale positivo, andando nuovamente alla ricerca del successo». Più sicura, invece, la risposta di Kevin Gilardoni quando gli viene chiesto se serba ancora un sogno nel cassetto. «Poter dare a un pilota quello che il motorsport non ha dato a me. Mi spiego. Non ho mai incontrato una persona che volesse aiutarmi genuinamente. Le collaborazioni sono costruite su basi, e con scopi, puramente finanziarie. L’aspetto umano conta poco. Una volta ritiratomi, mi piacerebbe - con la mia attività insieme a Chiara - poter aiutare un giovane a fare la sua strada per il puro piacere di farlo».