Sinner: «Il k.o. di Parigi è uno dei motivi per i quali ho vinto Wimbledon»

Il numero uno del mondo, una volta ancora, ha dimostrato di essere il più forte. Di tutti. Sì, anche di chi stava prendendo le sembianze di una bestia nera. Questa volta, però, nemmeno Carlos Alcaraz - che si era imposto in occasione degli ultimi cinque scontri diretti - è riuscito a sbarrare la strada a Jannik Sinner. È proprio lui, l’altoatesino, il nuovo campione di Wimbledon. E il primo italiano della storia - all'edizione numero 138 - a imporsi sui prestigiosissimi campi dell’All England Club.
Superiorità a tratti schiacciante
Sinner ha potuto sollevare il trofeo più ambito nel mondo del tennis dopo poco più di tre ore di gioco e quattro set, chiusisi tutti con il medesimo punteggio: 6-4. Il primo parziale se l’è aggiudicato Alcaraz, capace di inanellare quattro game filati e rimontare dal momentaneo 4-2 in favore del numero uno del mondo. Tuttavia, Sinner - che, pur avendo trovato il primo break del confronto, era apparso teso nelle battute iniziali - è stato bravo a reagire subito, e - sfruttando un calo di concentrazione dell’iberico - ha conquistato il break in apertura di secondo set, che è riuscito a mantenere fino al termine della frazione.
Nel complesso, il livello del suo gioco è sempre stato superiore a quello del suo avversario. Ed è andato pure in crescendo, a immagine del servizio. La prima - che non lo aveva assistito con continuità - è tornata a essere un’arma letale nel corso del terzo set. Basti pensare al numero degli ace realizzati: 0 nei primi due set, addirittura 7 nel terzo. Due consecutivi - di cui uno addirittura con la seconda - si sono rivelati cruciali, perché giunti sul punteggio di 4-3 per Alcaraz e 30 pari. Una volta vinto il terzo parziale, nel quarto Sinner è riuscito ad allungare prontamente e - nell’unico momento di difficoltà - ha fatto ancora affidamento al servizio. Sul 4-3 in suo favore, ma con due palle del potenziale contro-break, ha sfoderato una seconda pesantissima. Mentre l’altra chance - che rappresentava per Alcaraz l’ultima chiamata - è stata vanificata dallo spagnolo con un dritto fuori misura.
Il momento della svolta
La finale dei Championships, per Sinner, è diventata dunque la più dolce delle rivincite dopo quell’epilogo, tanto amaro quanto storico, verificatosi al Roland Garros. Un k.o. dolorosissimo ma che - per sua stessa ammissione - gli è servito. «È stata dura accettare l’esito di Parigi, ma non importa come vinci o come perdi. Soprattutto nei tornei importanti, bisogna capire ciò che non ha funzionato e lavorare su quegli aspetti. Le sconfitte - ha detto al termine del match - vanno utilizzate per continuare a lavorare e questo è uno dei motivi per i quali sono qui con questo trofeo».
Un titolo che, per la verità, sembrava essergli scappato di mano già agli ottavi di finale, quando Grigor Dimitrov conduceva le danze per due set a zero. Ebbene, in quel momento - con l’infortunio al pettorale del bulgaro sul 2-2 della terza frazione - si sono decise le sorti del torneo. Già, perché tolte le difficoltà, invero inaspettate, patite nel quarto turno, il percorso di Sinner è stato pressoché immacolato.
Straordinariamente normale
Dall’altro lato della rete, Carlos Alcaraz ha dovuto cedere il passo e assaporare, per la prima volta, il gusto della sconfitta nel contesto di una finale Slam. «Perdere è difficile - ha affermato - però, prima di tutto, voglio fare le congratulazioni a Jannik. Continuiamo a coltivare la nostra amicizia fuori dal campo e una bella rivalità sul terreno da gioco. Te lo sei meritato: hai giocato un grande tennis in queste due settimane». Nel complesso, va detto, è apparso un po’ sottotono, il murciano. I suoi canonici momenti di pura estasi tennistica in finale sono stati assenti. O quasi, se non fosse per quei già citati quattro game che gli hanno permesso di girare il primo set, vinto tra l’altro con il punto più bello della sua partita. Troppo poco, però, per pensare di battere un mostro di costanza come lo è Sinner.
E lo stesso Alcaraz lo ha realizzato nel terzo set, quando - in maniera abbastanza disperata - si è rivolto al suo angolo perché conscio del fatto che il suo avversario lo stava sopraffacendo negli scambi da fondo campo. Più il confronto andava avanti e meno lui appariva in grado di comandare il gioco.
Un punto di svolta?
Questa volta, dunque – a differenza di quanto accaduto soprattutto a Parigi, ma pure in svariate altre circostanze – l’iberico non è riuscito a invertire miracolosamente la rotta. E chissà, allora, che questa partita - per via anche della sua importanza - non possa segnare un punto di svolta nella loro rivalità.
D’altronde, in futuro ci si potrà attendere parecchie altre sfide tra Sinner e Alcaraz. Tanto più sulla lunga distanza – cioè nei Major – la loro superiorità, quella di Sinner in primis, è ormai palese rispetto al resto della concorrenza. E considerando quanto l’altoatesino sia andato vicino a vincere il Roland Garros – gli mancava appena un punto – viene perfino da pensare che ai prossimi US Open avrebbe potuto puntare al completamento del Grande Slam. Il rischio, per Alcaraz, è stato scongiurato. Almeno per quest’anno. Resta da capire, infine, se prima o poi arriverà pure un terzo incomodo. Un po’ come lo fu Djokovic nella leggendaria rivalità tra Federer e Nadal.