Tokyo 2020

Skateboard, uno stile di vita alla conquista dei Giochi

Dalla scena alternativa all’esordio olimpico: ne parliamo con Yari Copt, punto di riferimento per gli skater luganesi: «Nel nostro ambiente convivono due correnti: quella a cui non importa nulla delle gare e quella che ha sempre cercato la competizione»
Sky Brown, stella tredicenne alle Olimpiadi. © AP/Charlie Neibergall
Fernando Lavezzo
20.07.2021 06:00

Arte, stile di vita, sport. Lo skateboard è tutto questo. Lo disse il californiano Tony Hawk, una leggenda della tavola con le ruote. Lo ribadisce Yari Copt, punto di riferimento per la scena luganese. Nelle prossime settimane, però, lo skateboard sarà soprattutto sport. Colpa, o merito, dei Giochi di Tokyo, che per la prima volta lo hanno inserito nel programma olimpico. Un riconoscimento o uno snaturamento? «Forse entrambe le cose», ci dice Copt, che commenterà alcune gare alla RSI. «Rispetto ad altri sport, lo skate è una disciplina giovane, nata tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. È ancora in evoluzione e i cambiamenti vanno sempre messi in conto. Anche l’ingresso alle Olimpiadi».

La libertà prima di tutto
La competizione non è di certo una novità per questo ambiente: «Nello skateboard ci sono sempre state due correnti di pensiero», spiega Yari. «C’è chi lo considera uno sport e chi invece lo vede come un’arte o uno stile di vita. Ad una parte di skater originali, il cosiddetto ‘‘core’’, non importa proprio nulla delle gare, dei soldi e della fama. Vanno sulla tavola soltanto per divertirsi ed essere felici. Ci sono anche dei professionisti che si guadagnano da vivere senza competere, grazie ai servizi fotografici e alle interviste delle riviste specializzate. O grazie ai video delle loro performance. Già negli anni Ottanta, però, si è fatta largo una stirpe di skater che amava le gare e campava con quelle. Basti pensare allo stesso Tony Hawk. Lui era rispettato, sì, ma anche malvisto da alcuni skater più punk per il fatto di gareggiare e di fare soldi in quel modo».

Insomma, l’anima competitiva dello skateboard non nasce con le Olimpiadi e non va per forza contro natura: «La cosa più bella dello skate, riconosciuta da tutti, è proprio la libertà», prosegue Yari. «Uno può decidere di passare tutta la vita a perfezionare i suoi trick sul marciapiede di casa, senza spettatori, oppure di andare alle Olimpiadi per vincere la medaglia d’oro in mondovisione. In ogni caso, sarà sempre uno skater. Ed è questa la cosa più importante. Gli skater, tra di loro, si rispettano. E nessuno intende snaturare del tutto lo spirito originale».

Yari Copt, una vita per lo skate.
Yari Copt, una vita per lo skate.

Come il rock a Sanremo
Gli appassionati non avevano bisogno delle Olimpiadi per nutrire la loro voglia di skateboard. Toyko 2020, però, potrebbe rivelarsi un’opportunità per avvicinare nuovi proseliti: «Assolutamente», dice Yari Copt. «Ci sono stati diversi eventi, nella storia dello skate, che hanno portato tanta gente a saltare su una tavola per la prima volta. Penso ad esempio all’uscita del videogioco ‘‘Tony Hawk’s Pro Skater’’ alla fine degli anni Novanta. Molti skater originali hanno storto il naso, ma quel videogame ha portato opportunità e denaro anche a tanti di loro. Soprattutto, però, ha avvicinato parecchi giovani. Sono sicuro che anche le Olimpiadi possano avere dei risvolti positivi in questo senso. Qualcuno continuerà a pensare che i due mondi, quello dello skate e quello dei Giochi, cozzino un po’ tra di loro, ma in fondo succede lo stesso con la musica di nicchia. Quando la tua band preferita firma con una major discografica, ti senti un po’ tradito. La band fa ancora la musica che ti piace, ma non è più tua. E questo non è sempre facile da accettare».

Lo skate alle Olimpiadi è un po’ come il rock al Festival di Sanremo? «Sì, in un certo senso è così», conferma Copt. «Lo ascolti comunque e ti piace ancora, ma allo stesso tempo ti fa storcere il naso».

Skater in azione di fronte al villaggio olimpico di Tokyo. © EPA/Franck Robichon
Skater in azione di fronte al villaggio olimpico di Tokyo. © EPA/Franck Robichon

Tra riviste e videocassette
Insieme allo skateboard, alle imminenti Olimpiadi giapponesi debutterà anche il surf. Lo snowboard, invece, fa già parte dei Giochi invernali da Nagano 1998. «Come mondo e come business, lo snowboard è sempre stato più commerciale dello skateboard», afferma Copt, abile anche sulla neve. «Lo skate nasce da un movimento alternativo, punk-rock, e l’attaccamento alle origini è sempre stato molto forte. Lo snowboard, invece, è un po’ figlio dello sci, ha sempre avuto una maggiore apertura ai grossi sponsor e alle gare. Lo skate ha un’unicità importante, è una cosa che può cambiarti la vita completamente».

Yari Copt sa di cosa parla. Considerato il «padre» dello skatepark di Lugano, il 42.enne ticinese si è avvicinato alla tavola sin da ragazzino, alla fine degli anni Ottanta. All’epoca, per nutrire la propria passione, non c’era Internet. «Ci affidavamo soprattutto ai magazine, dall’americano ‘‘Thrasher’’, il più famoso ancora oggi, a qualche rivista italiana abbastanza carina. Poi c’erano le famose ‘‘411’’, delle videocassette a cui ci si abbonava. Una volta al mese ti arrivava a casa una nuova VHS direttamente dagli Stati Uniti. Era un tripudio: schiacciavi il tasto play e partivano i dieci migliori trick del mese, da tutto il mondo, anche al rallentatore. I filmati duravano un’oretta, erano momenti magici. Oggi vai su YouTube e trovi tutto ciò che vuoi. Ai tempi c’era una lunga attesa, ma poi la goduria era totale».

© CdT/Archivio
© CdT/Archivio

La tredicenne e il veterano
Oggi il fenomeno dello skateboard mondiale è una ragazza di nome Sky Brown, 13 anni appena compiuti, padre inglese e mamma giapponese. Sarà tra le principali stelle di Tokyo 2020, dove rappresenterà la Gran Bretagna. «Quello che lo skate sta per fare alle Olimpiadi è fantastico», afferma Yari Copt. «In gara c’è Sky, la più giovane, ma c’è anche un danese, Rune Glifberg, che di anni ne ha 46. Una cosa che lo skate potrebbe insegnare dal palco dei Giochi è proprio questa: il piacere di godersi lo sport senza limiti. C’è la bambina prodigio, sì, ma anche il veterano che va ancora fortissimo. È uno sport inclusivo, trasversale e multigenerazionale. Io spero vivamente che le Olimpiadi non mettano paletti allo skateboard. Anzi, spero che sia lo skateboard a diffondere il suo verbo di libertà attraverso le Olimpiadi».

Gli unici inevitabili paletti saranno i voti della giuria, imprescindibili per assegnare le medaglie. «Come ho detto - conclude Copt - le competizioni di skateboard ci sono sempre state. E con esse i giudizi. Il problema delle Olimpiadi, semmai, è quello di fondo. Dei tanti miliardi che entrano, solo una piccola fetta finisce in tasca agli atleti. C’è poi il rischio di strumentalizzare gli sport per inseguire obiettivi commerciali. Io mi auguro che lo skate continui a vivere soprattutto di passione e arte».

Esordio anche per surf, karate e arrampicata

Sono ben cinque i nuovi sport inseriti alle Olimpiadi di Tokyo, in programma da venerdì prossimo, 23 luglio. Oltre allo skateboard, ci sono anche il surf, il baseball (softball per le donne), il karate e l’arrampicata. A questi si aggiungono nuove discipline o versioni di sport tradizionali. Una su tutte, il basket 3 contro 3. Per il baseball, in realtà, si tratta di un ritorno. Popolare in Giappone, è stato presente tra Barcellona 1992 e Pechino 2008. L’oro è andato tre volte a Cuba, una agli USA e una alla Corea del Sud. Il softball non è mai mancato tra il 1996 e il 2008: tre titoli agli USA, uno al Giappone. È già certo che nel 2024 a Parigi non ci saranno, ma potrebbero tornare ai Giochi di Los Angeles nel 2028.

Neppure il karate sarà presente nelle prossime edizioni. A Tokyo la competizione sarà divisa in due discipline - kata e kumite - e avrà un totale di otto eventi. In gara anche la svizzera Elena Quirici.

Torniamo allo skateboard. Ci saranno due gare maschili e due femminili, denominate «street» e «park». Ogni gara sarà decisa dal giudizio di una giuria. Le gare «street» propongono un ambiente urbano (scale, ringhiere, rampe e ostacoli vari). Le gare «park» si svolgeranno invece in un classico skatepark concavo.

Il surf proporrà una gara maschile e una femminile e anche qui faranno testo i voti della giuria. Più atleti (al massimo 5) gareggeranno contemporaneamente per circa 30 minuti potendo scegliere le onde da sfruttare. In ogni sessione un surfista potrà cavalcare fino a 25 onde. Le gare si svolgeranno al largo di Tsurigasaki, a circa 100 chilometri da Tokyo. Alle Olimpiadi di Parigi del 2024 si terranno a Tahiti, ad oltre 15 mila chilometri dalla capitale francese.

Infine c’è pure l’arrampicata sportiva, maschile e femminile. Ogni gara - ma questo avviene soltanto alle Olimpiadi - sarà composta da tre discipline assai diverse tra loro, «speed», «bouldering» e «lead». Nell’ambiente, non tutti hanno apprezzato questa decisione. Tra le favorite per il podio c’è anche la rossocrociata Petra Klinger.