Calcio

«Solo con la giusta alchimia nello spogliatoio si possono fare grandi cose»

Un Mondiale ricco di sorprese, tra cui l'eliminazione del Belgio: abbiamo parlato dei Diavoli Rossi con l’ex portiere Jean-Marie Pfaff
Maradona insacca il primo gol ai danni del Belgio, e del portiere Jean-Marie Pfaff, durante la semifinale di Coppa del Mondo in Messico nel 1986. © (AP Photo/Str/Giaco)
Maddalena Buila
02.12.2022 14:15

Signor Pfaff, come ha vissuto l’eliminazione del Belgio a questa Coppa del Mondo?

«Ovviamente venire eleminati fa sempre rima con una grande delusione. Soprattutto perché questo Belgio era davvero una bella squadra. Ci è mancato solo un gol, una vittoria sulla Croazia per i Diavoli Rossi avrebbe significato il passaggio del turno. Un traguardo raggiungibile. Nel secondo tempo abbiamo avuto chiaramente le occasioni migliori e avremmo dovuto chiudere la partita. Al di là di tutto, non è stata però la Croazia a decretare la nostra eliminazione, bensì la sconfitta che ci ha rifilato il Marocco. Non ci si può permettere una prestazione del genere ad un Mondiale».

Come ha vissuto l’eliminazione, invece, tutto il popolo belga?

«Come detto, l’eliminazione è sempre una grande delusione e lo è stata anche per tutto il Paese. L’intera Nazione e i tifosi credevano molto nella squadra. Il problema di fondo è stato l’incapacità nel trovare un rendimento costante. Il Belgio era, ancora una volta, una delle favorite, ma purtroppo non è stato in grado di dimostrarsi tale sul campo. È stato fortunato a vincere contro il Canada, che ha giocato molto bene contro di noi. Mentre contro il Marocco, ha vissuto davvero una giornataccia. Contro la Croazia, poi, i Diavoli Rossi hanno cercato tutte le soluzioni possibili, ma la fortuna, evidentemente, era impegnata altrove. Non si può però pensare di affidarsi completamente solo alla dea bendata, la verità è che il Belgio non è proprio riuscito a ingranare in questo torneo».

Non si può pensare di affidarsi solo alla dea bendata, il Belgio non è proprio riuscito a ingranare in questo torneo
Jean-Marie Pfaff, ex portiere nazionale belga

L’allenatore Roberto Martínez si è già dimesso, possiamo aspettarci che questa squadra venga dunque rivoluzionata con lo scopo di tornare ad alti livelli nel prossimo futuro?

«Martínez ha fatto un buon lavoro, con lui il Belgio è arrivato terzo ai Mondiali in Russia e ha raggiunto i quarti di finale agli Europei del 2021. Ritengo sia un peccato che si sia dimesso, ma questa è la sua decisione e come tale bisogna accettarla e rispettarla. Ora abbiamo l’opportunità di ricostruire la squadra con un nuovo allenatore, di ringiovanirla in alcuni settori e di creare le giuste alchimie con calma in vista degli Europei del 2024. Sono sicuro che per allora il nuovo gruppo sarà pronto per riscattarsi».

Qual è stata, secondo lei, la più grande lacuna mostrata dal Belgio ai Mondiali in Qatar?

«Non sono riusciti a lavorare da gruppo unito e coeso. Sia in campo sia fuori. Come probabilmente tutti sanno, dopo la partita con il Marocco la squadra si è riunita per discutere della clamorosa sconfitta subita dai nordafricani. Questo dimostra che le cose all’interno dello spogliatoio non funzionavano bene. Il Belgio che ha disputato la Coppa del Mondo del 1982 in Spagna, dove io ero presente, era composto in maggioranza da giocatori dilettanti. Io stesso avevo dovuto prendere un mese di pausa non retribuita per poter partecipare al torneo. Eravamo una delle grandi sfavorite, ma eravamo una squadra. Un gruppo estremamente unito, capace di batture i campioni del mondo in carica dell'Argentina per 1-0 nella partita inaugurale. Questo dimostra che se i giocatori hanno un bel legame tra loro possono fare grandi cose. Il Belgio in Qatar non era come il nostro gruppo di quarant’anni fa».  

Una chimica davvero particolare quella che si respirava nello spogliatoio belga qualche decennio fa…

«Assolutamente. D’altronde non avremmo mai raggiunto le semifinali di Messico 1986 se non avessimo avuto una buona atmosfera in squadra. Anche in quell'occasione perdemmo la partita d’esordio contro il Messico, ma poi riuscimmo comunque ad accedere alla fase a eliminazione diretta e a battere l’Unione Sovietica per 4-3 in una partita sensazionale, e poi anche la Spagna ai calci di rigore. In semifinale incontrammo Diego Maradona, che era in piena forma, e solo lui fece la differenza. Quando tornammo dal Messico, centinaia di migliaia di persone ci festeggiarono all’aeroporto di Bruxelles e in città come veri campioni del mondo. I tifosi si resero conto che avevamo scosso il mondo del calcio con il nostro spirito. Il piccolo Belgio tra le prime quattro del calcio mondiale… Abbiamo reso tutti orgogliosi».

Quando tornammo dal Messico, centinaia di migliaia di persone ci festeggiarono all’aeroporto di Bruxelles e in città come veri campioni del mondo
Jean-Marie Pfaff, ex portiere Belgio

Qual è il ricordo più bello e prezioso che serba del suo periodo con la maglia della nazionale belga?

«Sicuramente la partita inaugurale del Mondiale del 1982, quando, come dicevo poc’anzi, abbiamo battuto l'Argentina per 1-0. E poi anche l’edizione del 1986, quando il piccolo Belgio raggiunse le semifinali».

E il momento più simbolico della sua carriera?

«Ce ne sono molti. Il rigore di Manfred Kaltz che sono riuscito a parare al minuto 98 contro l'Hamburger SV, oppure anche il tiro dal dischetto messo a segno nel 1983 contro il PAOK Salonicco, quando giocavo nel Bayern Monaco. Eravamo 0-0 dopo 120 minuti, era il match di ritorno. I rigori sarebbero stati decisivi. Ne ho parati due e poi ho trasformato l’ultimo e decisivo (la partita finì 9-8, ndr). Ma potrei citare anche la semifinale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid del 1987. Durante quell’incontro riuscii a parare quasi tutto, probabilmente la mia migliore partita disputata con la maglia del club tedesco (il match finì 4-2, ndr). Approdammo in finale, ma poi perdemmo al cospetto del Porto».