L'intervista

«Sono il solito Noè: la piscina è una salita, ma io mi diverto sempre»

Il nuotatore ticinese, 24 anni appena compiuti, si è raccontato a margine dell'evento che lo ha visto protagonista ieri sera al Teatro Sociale di Bellinzona, dove è stato invitato dagli organizzatori della Claro-Pizzo
© KEYSTONE/PATRICK B. KRAEMER
Fernando Lavezzo
03.06.2025 06:00

Il nuoto incontra la corsa in montagna. Invitato dagli organizzatori della Claro-Pizzo, ieri sera Noè Ponti si è raccontato al pubblico del Teatro Sociale di Bellinzona. Lo abbiamo avvicinato poco prima.

Noè, partiamo da qui: qual è il tuo rapporto con corse e salite?
«Correre non è mai stato il mio forte e in montagna cerco funghi. L’anno scorso, durante le vacanze, sono andato a farmi una corsetta: dopo 6 km ero distrutto e per una settimana non mi sono più mosso. Sono una persona molto allenata, ma nel mio sport uso i muscoli in modo diverso. La corsa e il nuoto sono agli opposti. Terra e acqua. Nella prima hai un appoggio, un impatto con il suolo. Nella seconda sei immerso in un elemento che non è il tuo e devi lottare contro le resistenze. Ecco, ora che ci penso, la piscina è una salita».

Lo scorso dicembre, dopo i tre ori ai Mondiali in vasca corta di Budapest e i due record del mondo, ti è stato chiesto come avresti gestito questo nuovo status. Tu avevi risposto: «Vedremo». Sei mesi dopo, qual è il tuo bilancio?
«Sono sempre lo stesso Noè di prima. Tranquillo e sereno. Sto bene e mi diverto. I titoli e i record non mi hanno cambiato e non hanno influito sulle mie abitudini. Capita che mi venga chiesta qualche foto in più dai tifosi e forse la gente ha più aspettative nei miei confronti. Fa parte del gioco. Per i rivali, invece, ero un osservato speciale già prima. Forse ora mi temono un po’ di più, non lo so. Dopo Budapest non ho più disputato gare così importanti. Tra dieci giorni, al Trofeo Settecolli di Roma, capirò se mi guardano in modo diverso».

Tutto ciò che non avviene in vasca, ma che fa comunque parte della vita di un nuotatore di successo – interviste, autografi, eventi promozionali – è la componente più faticosa del lavoro?
«Dipende. A volte mi diverto, altre meno, ma cerco sempre di vivere queste situazioni il più serenamente possibile. Se non lo facessi, mi porterei un peso anche in acqua. Onorare gli impegni con uno sponsor o posare per una sessione fotografica può essere difficile nei periodi di allenamento più intensi, quando sono già stanco. Ma fa parte del mestiere ed è giusto dare qualcosa indietro. Fin che ci sono dentro, cerco di godermi il contorno della mia vita da atleta. Tra qualche anno non sarà più così».

In una recente intervista alla RTS, la velocista Ajla Del Ponte ha parlato della depressione che le è stata diagnosticata nell’agosto del 2023. Ha raccontato che, essendo una persona solare, non avrebbe mai pensato che potesse succedere a lei. Come sportivo, ti senti mai in equilibrio su un filo sottile?
«Sì, certo, fa parte del percorso. Tantissimi campioni ci sono passati. Magari dopo la miglior gara della vita, quando meno te lo aspetti: tocchi il cielo con un dito e di colpo finisce tutto. Le Olimpiadi di un nuotatore durano nove giorni. E per nove giorni vivi sulle stelle. Ma una settimana dopo tutto sfuma. Oppure ti trovi a gestire un’improvvisa popolarità. Io non ho conosciuto la depressione, ma ci sono stati momenti in cui mi sono sentito davvero giù. Tutti gli atleti vivono di alti e bassi. E spesso si tocca il fondo dopo essere arrivati in cima. Dopo un trionfo, dopo un grande evento come i Giochi, è normale avere un down. La sfida è rialzarsi e ci sono sempre riuscito, ma volte non è facile. Ne sono consapevole e lo metto in conto. È importante parlare con chi ti sta vicino. O magari essere seguiti da qualcuno».

La tua popolarità è iniziata nel 2021 ai Giochi di Tokyo e sin da subito, nelle interviste, ti sei fatto notare per la tua spontaneità e per il tuo atteggiamento stralunato. Come un alieno atterrato a bordo vasca. Ormai, ogni volta che ti presenti al microfono della collega Ellade Ossola, ci si aspetta una tua battuta, una tua frase buffa. Sei consapevole di questo «effetto comico»?
«Sì, perché me lo dicono in tanti. Il fatto è che non ho mai vissuto le interviste come un peso. Parlo al microfono come farei con un amico. So che con alcuni media bisogna stare più attenti, filtrare le parole, ma amo scherzare e metterla sul ridere. Ovviamente so anche essere serio. Il problema è che spesso la gente non si accorge quando lo sono (ride, ndr.)».

La popolarità del nuoto sembra spesso confinata ai grandi eventi. L’atletica, grazie alla Diamond League, offre più vetrine. E davvero così? O è più una questione culturale?
«Il nuoto, a livello globale, sta migliorando anche sotto questo aspetto. Ho però l’impressione che in Svizzera non ci sia lo stesso interesse che osservo altrove. Penso all’Italia, dove i campionati nazionali sono in diretta sulla Rai, così come il Trofeo Settecolli. In Ticino, grazie alla mia presenza, le gare sono trasmesse e seguite. Ma oltre Gottardo l’atletica ha sicuramente più visibilità. E questo porta maggiori sponsor. Sono però fiducioso: i passi in avanti ci sono già stati e se io e i miei compagni di nazionale continueremo ad ottenere buoni risultati tutto il movimento ne trarrà beneficio».

Con la grande popolarità che hai raggiunto in Ticino, puoi permetterti di dire «no» a proposte di sponsor, eventi, collaborazioni? Oppure, detto un po’ brutalmente, devi sfruttare il momento per monetizzare al massimo?
«Saper dire di no è importante e mi è già capitato qualche volta. Se ritengo che un contesto non sia adatto a me, o che il momento non sia giusto, rinuncio senza problemi. Se uno sponsor non combacia con il mio modo di essere, con il mio stile, rifiuto l’offerta. Ho un’immagine e ci tengo a proteggerla. Oggi vivo di nuoto e i soldi sono importanti, ma solo fino a un certo punto. Io voglio stare bene e divertirmi nel fare quello che faccio. Il denaro è soltanto una conseguenza dei buoni risultati che ottengo».

Dopo i trionfi ai Mondiali in vasca corta, tra poco meno di due mesi ti aspettano quelli in vasca lunga. Considerarli più prestigiosi è una stupidaggine?
«La vasca lunga ha una reputazione migliore e un po’ più di prestigio solo perché le Olimpiadi – ovvero la competizione più importante che ci sia – si svolgono in piscine di 50 metri e non di 25. Ci sta. Ma la vasca corta sta prendendo sempre più piede. Agli Europei e ai Mondiali ci sono quasi tutti i migliori. Inoltre, a livello di puro spettacolo, considero la vasca corta molto più divertente. È più dinamica, più veloce».

Quali sono le tue sensazioni in vista dei Mondiali di Singapore?
«Sono in salute e fiducioso, in questo 2025 ho ottenuto dei buoni tempi e la stagione sta andando bene. Ora inizierò a spingere davvero forte in acqua. Il Trofeo Settecolli sarà l’ultimo test prima dei Mondiali e in base a quello capirò come sono messo e cosa dovrò sistemare nell’ultimo mese di preparazione. Sbilanciandomi, penso che a Singapore si possano fare cose carine».

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